Siamo spaventati da una delle invenzioni più insulse mai
fatte: il giudizio degli altri.
Natalino Balasso
Ha mai pensato seriamente a delle reali forme di libertà?
La libertà dall'opinione degli altri… persino dalla propria
opinione.
Colonnello Kurtz
Confesso che e da parecchio tempo che lavoro per
svincolarmi dal giudizio degli altri.
Per pervenire ad un reale pensiero autonomo, che tenga
conto solamente del mio sentire e del mio vedere, e che anzi sempre di più
rinunci al giudizio e al verdetto morale, in favore di una comprensione che
derivi dalla descrizione e dalla conoscenza.
Non è facile.
Anche perchè bisogna poi ammettere che ci sono persone i
cui giudizi sono istruttivi, ponderati, formativi.
Ecco la difficoltà non è tanto fregarsene delle altrui
opinioni (che è solo aggirare il problema, in maniera un po' massimalista, come
non comprare nessun quotidiano o buttare la tv giù dal terrazzo). La difficoltà
sta nella selezione.
Perchè in epoca di comunicabilità di massa, sono mille le
voci che ci circondano, che (ci) danno voti, che stilano classifiche, che
trascrivono giudizi, stabilendo promossi e bocciati, disegnando pollici versi o
faccine arrabbiate, fornendo consigli per gli acquisti... degli altri.
“Mio caro Sig. Evil Monkey, lei dimentica sempre
che questa è la grande rivoluzione dei nostri tempi: che finalmente ognuno può
contare uno, e che finalmente è dal basso che possiamo fare sentire la nostra
voce.
Per esempio, io sul mio blog
Recensionigeniali.it ho sparato a zero sull' ultimo album dei Pink Floyd e
domani me ne esco con un post di fuoco sugli AC/DC, perchè la gente deve capire
che non si può passare la vita ad ascoltare musica di merda e vecchi dinosauri
che non sono altro che residuati bellici.
Grazie per lo spazio concessomi, un saluto.”
La più subdola arma di un sistema consolidato, è far
credere alle persone che stanno facendo la rivoluzione.
Quando quella rivoluzione non esiste.
Noi che cerchiamo di esprimerci sui blog, sui social, sui
gruppi WhatsApp, ai tavolini del bar, abbiamo un difetto di fondo difficile da
estirpare.
Rispondiamo a domande che nessuno ci ha fatto
Che è poi la sindrome di Lisa Simpson, così come fu
analizzata da Ned Flanders.
“Eh, andiamo però Sig. Evil, smettiamola di
farci la morale facendoci credere di fare tutt’altro. Parliamo solo di musica
che è meglio. Siamo qui per questo, no?
Un caro saluto”
Rispondiamo a domande che nessuno ci ha fatto
Ma chi ci ha mai chiesto il nostro parere su nulla?
E addirittura ci sbattiamo a destra e manca per attribuire
giudizi.
Ma c'è, nelle parole di Kurz, qualcosa di ancora più
profondo.
Ha mai pensato seriamente a delle reali forme di libertà?
La libertà dall'opinione degli altri… persino dalla propria
opinione.
Ma come si fa ed essere svincolati dalle proprie idee?
Occorre una patologia psichiatrica dissociativa o basta un po' di travestitismo
politico zelighiano?
No.
Il discorso non è mica di forma.
Bisognerebbe avere l'onestà, ma soprattutto il coraggio, di
rivedere costantemente i propri riferimenti, di ricalibrare il proprio metro,
di aggiornare in continuo la propria scala di valori. Alla luce dell'attualità,
delle nuove letture, dei nuovi ascolti (perchè ascoltiamo anche cose nuove, no?
O preferiamo ancora i Velvet Underground?). Della prova dei fatti. Non avere
paura di rinnegare eroi dell'adolescenza, nè di abbracciare ciò che prima ci
appariva il vuoto assoluto; il nemico
“Eh, però lei caro Evil Monkey mette proprio la
coerenza sotto le suole. Il compito della critica matura è quello di essere
obbiettivo e di avere un metro di giudizio chiaro, altrimenti siamo sempre
esposti ad ogni cambio di vento!
Un carissimo saluto”
È errore comune pensare che essere sempre e comunque
“contro” garantisca autonomia di giudizio. Garantisce solo smarcamento dalla
maggioranza. E la facile inclusione in un altro gruppo, magari minoritario,
addirittura intimo, ma pur sempre un gruppo. Solo questo è ciò che ci rende
forti: il senso di appartenenza. È anche ciò che ci limita, perchè ogni
appartenenza ha le sue regole. Bastano due persone, per farsi forti di un
gruppo.
Nell'ultimo periodo mi sono trovato ad ascoltare - per
forza, per gioco o per caso - parecchia musica che NON appartiene al gruppo in
cui mi sento inserito (da me, e dall'altrui giudizio): Venditti, Jovanotti,
883…
E il senso di repulsione (che è una di quelle famose regole
di appartenenza) ha subito fatto il suo lavoro.
Quanto è difficile prendersi libertà dalle proprie
opinioni!
Ora non voglio dire che il mio gusto si sia così
radicalmente trasformato. Eppure mi sembra sempre più un misero gioco scrivere
giudizi, fare classifiche, attribuire voti. Soprattutto fare confronti.
Un gioco facile, fatto per lenire una certa frustrazione
latente e spesso votata alla decostruzione, alla critica gratuita, alla facile
ironia, allo scherno proprio di quel gruppo che ha testardamente insistito per
anni su una presunta superiorità intellettuale.
Colonialismo della cultura.
Serve una strada nuova.
Strade nuove.
Oppure il silenzio...?
“Caro Sig. Monkey, in definitiva devo purtroppo
dire che questo post mi ha fatto schifo! Congetture sconclusionate,
paternalismo, moralismi… e niente rock, niente dischi. Io confidavo di
discutere sulla prospettiva storica in cui si inserisce lo slow-core nei primi
anni ’90 e di quale sia la sua eredità.
Sono molto deluso.
Un caro saluto.”
7 commenti:
E' una schiavitù psicologica, terribile.Io ne soffro parecchio e sto facendo molto training autogeno per cercare di guarire...
Basta col pensiero debole!
Ullalà Evil, credo tu abbia toccato IL tema e non escludo di proseguire la discussione su Detriti... :-)
E allora magari IL tema continuerà...
Intanto, Vlad ha ragione, però un pensiero anche intrinsecamente forte, anche "contenutisticamente" forte, se non riesce ad essere aggregante, se non riesce ad essere coesivo...allora finisce per disperdersi nel mare magnum. E rimane debole. Questa almeno è la mia paura. Come nell'ultimo post di Vlad (guarda un po')...anche in questo caso c'è necessità della legittimazione da parte di un gruppo...anche per convincerci che ciò che ci circonda sia veramente reale. È lo scherza che la corte di Polonia gioca al povero Sigismondo, prigioniero nella torre, no? Lui è solo, nessuno lefittima il suo pensiero e la sua realtà.
Altre strade? Irrilevanza o assimilazione? Questo per citare un articolo del messaggero proposto da Ged sul suo blog.
ce n'è da parlare...
Bisogna stare attenti, perché a svincolarsi dal giudizio degli altri si rischia di legittimare sciocchezze. Inoltre: come fai a svincolarti del tutto? Per il semplice fatto di essere stato gettato qui e ora ... L'unica via d'uscita è conoscere il più possibile. Chi conosce solo cento dischi si rifugerà nel suo mondo particolare (a chi il prog a chi il metal) ... chi ne conosce diecimila assomiglia un po' a chi ne conosce diecimila ... il giudizio tende a farsi comune, pur nella diversità di indoli e intelletto ... a certe altezze si diviene oggettivi ... a volo bassi proliferano 'è bello ciò che mi piace' (come no ... Bach e Mengoni stanno lì)
la "prospettiva storica in cui si inserisce lo slow-core nei primi anni ’90"... spero che te lo sia inventato... :)
No, no deriva da attenta riflessione!)
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