giovedì 31 luglio 2014

Cronache da un continente alla deriva



Album strumentale di mesozoica graniticità e geologica scossa tellurica, prodotto negli anfratti orfici in cui furono precipitati la Gerusalemme degli Sleep, le anfetamine degli Earth e i mantra degli Om.
Lunghi brani che coniano, rinnovano, resuscitano forse, un metal chitarristico progressivo ma schietto e ruvido, direttamente dalle sabbie rosse di Joshua Tree, senza l'alea e il free form totale di un Haino, o il rumorismo di un Brötzmann, ma con l'impatto deformante dei Boris prestati a monologhi che, se a prima vista appaiono flussi destrutturati, sono in realtà incastri meccanici di riff, armonie e ritmi colossali ma pur sempre riconoscibili, addirittura accattivanti; come quando il vento spazza le dune e lascia affiorare le ossa del titano sepolto.
Il dialogo finale di NightEndDay, chitarre che si danno le spalle, schiena contro schiena, parlandosi addosso; l'assalto maledetto dei carri armati in Drought, che avanzano tra popoli di pastori avvolti solo in bandiere verdi, rosse e nere. Una Reign in Blood per un emisfero davvero al buio, mai artatamente horror o fintamente violento, mai auto indulgente, nemmeno nell’enfasi di Angel Tears, inno per una nazione senza più parole. C'è la subdola pressione psicologica al prigioniero altre le linee nemiche, la contestazione all'ordine costituito che culmina con l'assalto caotico ai Wall-Mart di un popolo di consumatori zombie che si mangiano l'un l'altro con perverso compiacimento.
Come se le grandi jam della Baia o del southern - Gold and Silver, Whipping Post, Dark Star - fossero state ricoperte da colate di lava luminescente, solidificatasi nella schiuma dell’oceano, in cordoni di basalto nero che lasciano appena trasparire la melodia sotto un perenne drone sotteso a tutto il racconto, che diventa eco di abbandono nostalgico nell'ultimo capitolo dell'avventura.
Finchè la faglia non arriva talmente in profondità nella crosta continentale da esplorare tutti i colori del rosso, per riemergere su di un lembo di spiaggia al tramonto.
Pelican: notevole (e personale) riscoperta di inizio millennio.


Pelican - Australasia (2003)

domenica 27 luglio 2014

Critici e venditori di tecnigrafi


Alcuni giorni fa su Detriti di Passaggio è stato comprensibilmente stigmatizzato l’articolo che il giornalista di Repubblica Gianni Santoro ha dedicato all’ultimo lavoro di Morrisey, cantante paragonato dall’autore ora a Battiato, ora a Celentano, ora a Tenco.
Potete leggere l’intero post di Massimiliano qui:

e l’articolo originale di Repubblica qui:

La conclusione, o il postulato di partenza se preferite, di Massi, in bello stile antagonista, é stata: se questa è la critica italiana, io non sono italiano.
Rielaboro qui un commento scritto un po’ in fretta su G+ appena qualche giorno fa.

giovedì 24 luglio 2014

Classificatevi!

Pubblico questa “invettiva” in ossequio al Manifesto, già diffuso da questo blog e da Detriti di Passaggio. 

***

Sul web – ma non solo, basta incrociare ogni tanto Studio Aperto – le classifiche si fanno praticamente per qualunque cosa, prevalentemente a fine anno, o comunque ogni volta non si abbiano argomenti di cui discutere.
In musica le più abusate sono certamente quelle del miglior album e del miglior chitarrista.
Piacciono un sacco alle riviste, prendono sempre più piede nei blog, riempiono in maniera facile e veloce pagine, post e addirittura giornali interi.

Sono tutte uguali e ovviamente tutte inutili.
Non servono a nulla, se non ad essere criticate (e quindi ricondivise, diffuse, citate…)
IV legge di Rolling Stone Magazine, o postulato di John Twitter

non parlano di musica
non scoprono talenti
non insegnano nulla
sono opinabili
parziali
sempre incomplete

Solitamente si strutturano in questo modo, con alcune superficiali differenze.

Migliori album (in ordine casuale, ma neanche poi troppo…)

Sgt. Pepper…
Dark Side Of The Moon
Led Zeppelin IV
Born To Run
Anarchy In The UK

Se va bene c'è Exile In Main Street, se va male Nevermind


Miglior chitarrista (in ordine ancor meno casuale)

Jimi Hendrix
Jimmy Page
Eric Clapton
Keith Richards
Eddie Van Halen

Se va bene c'è Duane Allman, se va male Ritchie Blackmore

Bene.
Ora che lo sappiamo è tutta un'altra musica!

lunedì 21 luglio 2014

Un giornale per terroristi Rock


Ho delegato il “segno punk” ad altri. A Mr. Hyde per la precisione.
Ringraziate lui per l’immagine qui sopra.
L'impaginazione di Scarabocchi si sta muovendo, quasi da sola, verso uno stile da free press: colonne, titolo, occhiello, formattazione minimale. Mi piacerebbe ancora aggiungerci sopra il tratta a mano, lo sfregio, il nero. Vedremo.
In pratica è stampa libera di cronaca nera rock. Da distribuire agli angoli delle strade, come Piazza Grande a Bologna.
E quelle foto all'inizio di ogni capitolo.
Vorrei che fossero delle foto segnaletiche per terroristi rock. Con espressioni di sfida e sfiducia, occhiaie, mezze sigarette. Foto segnaletiche dal paese dell'acido: colorate, improbabili.
Pop.
Come la Marilyn di Andy Warhol.
Ma ora bando alle ciance!
Trovate qualche assaggio del "work in progress" qui sotto:


Nulla di segreto, nulla che Bart non abbia già pubblicato su Dustyroad. E poi è un aggiornamento già vecchio: c’è stato da lavorare sui numeri di pagina, sull’intestazione…
Il vero dubbio riguarda già la stampa: tutti quei complessi font come il “Trashed” o il “CF Anarchy” riusciremo a incorporarli nel PDF? Non credo che sulle comuni piattaforme di self-publishing sarà agevole stamparli correttamente. Anche qui, vedremo…
Rimane il lavorone di redigere una discografia accurata per ogni racconto; qualcosa che stacchi un po' dalle colonne scritte e sia un'agile scorciatoia alla musica.
Se qualcuno ha voglia di impegnarsi in un lavoro non retribuito…

Non preoccupatevi, tanto funziona così anche qui fuori, nella vita reale!

lunedì 7 luglio 2014

Sommersioni di U.S. Prog – Volume 3


Una nuova infornata di nomi, tra cui qualcuno di spicco e di merito. Un viaggio in orbita attorno al pianeta prog, visto da un’angolazione insolita.

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