Il prog sommerso statunitense è un curioso ponte incerto ed
ondeggiante, gettato dagli ultimi spasimi acidi alle grandeur AOR, passando per
mille tentazioni hard, folk, jazz. Più caotico e disorganizzato della
controparte britannica, vanta però una carica, perfino una violenza, tutta
americana e mascolina ignota alle prelibatezze europee. Non mancano i
barocchismi esasperati, gli stucchi rococò, le inutili sperimentazioni e le
pietose auto indulgenze, ma c’è sempre qualcosa di divertente e piacevole, pur
nelle suite più esasperanti.
Un viaggio coloratissimo, da oceano ad oceano, lungo le solite
traiettorie (da New York a Detroit, passando per l’Ohio) con l’apparente
defezione della California e un buon contributo dalle province più remote.
Dragonwyck
Dragonwyck (1970)
Chapter 2
Fun (1974)
Sul primo LP, un heavy psych tendente al prog precoce, sonnolento e
rallentato alla Iron Butterfly, con la complessa opener e la lunga Fire Climb; sound tetro, con tastiere
spesso in evidenza (God's Dream).
Chapter 2 è riedizione del precedente, con più cura e meno sciatteria.
Soft prog misurato con Fire Climbs
rivisitata al mellotron che resta il pezzo dominante. Poi il girotondo di Lady e chitarre ben spianate ovunque.
Fun (1974), copertina distorta e teatrale, con pianoforte e onde di
synth nemmeno tanto in sottofondo (vedi la coda di One More Goodbye o Relics),
centra bene la missione proto prog, sulla scia di certi Spirit. Addirittura
un'intro di violino per I Shall Stay,
brano di romantica melodia quasi medioevaleggiante e teatralissima vocalità, secondo
solo agli spazialismi galattici di Forever.
Westfauster
In a King's Dream
(1971)
Where Are You 3:26
Everyday 8:55
Blind Man 3:16
Blind Man's Epitaph 2:54
In A King's Dream 10:08
A Sunny Day 3:18
Low Sun 2:53
Did It Or Didn't It
(Take Us High) 5:09
Nome teutonico e di una certa nobiltà, per l'ennesimo gruppo uscito
dall'Ohio. Si fa notare Everyday, 9
minuti di pigro vagabondare tra tastiere, flauti cori onirici. Ma certa
patinata orchestrazione romantica da King Crimson dispersi tra sit-com di bassa
lega è ubiqua. Ambiziosi i 10 minuti smooth prog di In a King's Dream, come CS&N incastonati in arrangiamenti da
Colosseum.
Stark Naked
Stark Naked (1971)
All Of Them Witches 8:50
Done 5:47
Sins 4:43
Look Again 11:00
Wasted Time 4:44
Iceberg 5:08
Da Long Island, competentissimo prog con striature di pensieroso decadentismo
affatto U.S.A. (All Of Them Witches).
Intrecci vocali con qualche sirena fascinosa, pianoforte classico ben
accarezzato, suadente e intersecato ad una chitarra velocissima ed impeccabile.
Look Again sono 11 minuti di serrato
rock con un soffuso interludio tastieristico a gettare ombre remote sulla
combattività da Volunteers, culminando in piena zona Happy Trails. Notevole
anche l'hard finale di Iceberg, una
Heartbreaker in versione epica e senza alcun freno.
Interessante copertina tra Arcimboldo e Bosch.
Polyphony
Without Introduction (1971)
Juggernaut 14:04
40 Second Thing In 39
Seconds 1:07
Ariels Flight 15:15
Gorgons Of The Glade
The Oneirocritic Man
The Frog Prince
Crimson Dagger 7:05
Dalla Virginia, compagni d'etichetta dell'eclettico power trio Mason,
questi Polyphony, in tempi non sospetti, dispiegano un bell'assalto sinceramente
progressivo, edificato attorno a due debordanti multistrutture sonore di un
quarto d'ora l'una, Juggernaut e la
suite in tre parti Ariels Flight.
Spaziale e corazzata la prima, con policrome e cupe tastiere da Quatermass
degli altipiani; la seconda complicatissima, con movimenti differenti che si
susseguono come sul palcoscenico di una drammatizzazione delle favole di Andersen.
Inquietante, spesso ridondante, difficile, ma non senza qualità. Da manuale
progressivo la scrittura di Crimson
Dagger, anche se eseguita con un po' di confusione.
Fantastica copertina da atlante zodiacale.
Facedancers
The Facedancers
(1972)
Little Waterfall 7:20
Dreamer's Lullabye 5:40
Nightmare 3:10
Jewels 3:55
Let The Music Set You
Free 5:20
Children 8:20
Beta 6:00
Bucolico girotondo tra prati assolati con brani digressivi di
interessante folk prog narrativo ed ingegnoso, non poi tanto lontano dai più
distesi Jefferson Airplane, seppur più complicato dai frequenti cambi di ritmo
e devoto a certa tendenza flautistica britannica. Vocalità androgine e qualche
tentazione jazzy latineggiante. Dopo l'ipertrofico blues di Let The Music Set You Free, gli 8 minuti
free form di Children e la piagata guerra spaziale di Beta.
Ram
Where? (In
Conclusion) (1972)
The Want In You 4:20
Stoned Silence 5:26
Odyssey 3:41
The Mother's Day Song 6:15
Aza 20:57
Spiral Paths
Bound
Peril And Fearer
Where? (In Conclusion)
Quintetto newyorchese sotto il segno dell'ariete, che da alle stampe
un LP dal sound importante, potente, ma pieno zeppo di swing e di ritmi mai
banali.
Un lato A che scorre tra blues costruttivisti alla Edgar Winter (The Want In You, scatenata), strumentali
per flauto e incubi da Black Widow (Stoned
Silence, The Mother's Day Song). Sul lato B, l'ennesimo Moloch
misconosciuto, che qui prende la forma di Aza,
una suite in 4 movimenti di cosmica esplorazione a destinazione ignota. I
Chicago che si prestano a Master of The
Universe, con bagliori giallastri di certi sottoboschi mitteleuropei e
nessuna reiterata lungaggine blues o rock n' roll. L’atterraggio finale è su
uno sconclusionato assolo minimale di tastiera: semplificazione delle teorie
pan-cosmiche di Sun Ra?
Mica male.
Viola Krayola
Viola Krayola (1974)
Mr. Leroy, Pepe' Is
Lost 4:15
The Bus To New York 4:47
I Know You Don't Have
A Car, But What Color Is It? 5:14
2+1 2:38
The Nurds At My
School 2:57
You're Drivin' Me
Crazy With Relief 2:44
The Last One On Earth 3:22
What Is The Meaning
Of Love? 1:57
“Art trio” texano, che con naturalezza imbarazzante trova una liaison
plausibile tra power e prog in un LP costruito di sintetici brani interamente
strumentali (se si eccettua lo sketch finale alla Monty Python di What Is The Meaning Of Love?),
intagliati su strambi tempi dispari e progressioni ultra costruttive per cui Frank
Marino avrebbe ucciso all’arma bianca.
Il tutto grazie alla mano benedetta di un chitarrista, Antony Viola,
veramente strampalato, capace di cavare fuori dal nulla una tavolozza di
colori, sfumature, abbellimenti, trucchi sonori e agilità sorprendenti. E pure
capace di infilare, nel mezzo di I Know
You Don't Have A Car, But What Color Is It? un riffone mesozoico seguito da
un assolissimo che può fare arrossire qualunque Jimmy Page. Un Tom Morello
dell'evo antico, vero e definitivo milite ignoto della sei corde anni '70
(assieme a Terry Swope, forse..), deceduto, ahimè, nel 1974, in un incidente
stradale a San Antonio, vittima di qualche divinità infame nemica della Musica.
Non inganni una cover che potrebbe essere estrapolata dal catalogo dei
Popol Vuh, perchè nel complesso questo album, pur non circoscrivibile con
esattezza, si incarna in una fusion, tra End of the Game e il Jeff beck di
mezzo, troppo sofisticato e troppo di classe per sfondare in questo mondo di
ladri, felicemente in grado di coniugare morbidezze appena jazzate, minuta
elettronica e la terrificante visione apocalittica di The Last One On Earth, che ancora fa tremare i polsi e i timpani.
Formidabile!
Yezda Urfa
Boris (1975)
Boris And His 3
Verses. Including Flow Guides Aren't My Bag 10:51
Texas Armadillo 1:51
3, Almost 4,6 Yea 8:49
Tuta In The Moya 10:56
Three Tons Of Fresh
Thyroid Glands 10:21
Dalle periferie dell'Indiana, con una copertina cremisi su fondo
bianco, uno dei più enormi pezzi da collezione del Rock Romantico nascosto
d'America. Cinque brani di cui quattro monumentali suite dai titoli
improponibili e dalla tavolozza timbrica multiforme.
Sentori di ELP diluiti nelle grandiosi visioni dei classici Yes; pochi
ritornelli, cambi di umore repentini, complesse strutture ritmiche. 3, Almost 4,6 Yea apre come fosse il
Rondò Veneziano che suona Musorgskij prima di spianare in una sarabanda per
flauto che a sua volta tramuta in un delicato saltarello. Campane spiegate e
movenze pantagrueliche in Tuta In The
Moya, enorme intro strumentale nella deviante favola conclusiva.
Le stampe originali del vinile (di fatto, un promo) sforano
agevolmente i 1500 $.
Un seguito, Sacred Baboon, fu inciso nel 1976 e pubblicato solo a
distanza di vent'anni.
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