Svendo.
Mi svendo.
Scaffali pieni di dischi che
prendono polvere.
Meglio sfoltire un po’.
E’ bastato mettere tutto su
e-Bay a 5 euro - prezzo di partenza - che i Famelici del risparmio a 33 giri, gli Straccioni del prezzo stracciato (come me, intendiamoci) si sono fatti
sotto sbavando.
Piazza (quasi) pulita.
Devo solo gettare fuori bordo
un Blue Oyster Cult (bello, il primo LP, stampa USA, fatevi sotto…) un Byrds,
qualche cosa dei Quicksilver, forse. E
ancora quel maledetto CD di Little
Walter che allo scorso giro nessuno di voi ha avuto l’ardire di vincere…
Ma le vendite alla fine, sono
andate discretamente. Si sono perfino azzuffati per un Threshold Of A Dream (Deeram SML 1035) dei Moody Blues: bello eh,
con booklet ben tenuto, tutto quanto… E pure un orrido e graffiato Fragile di stampa USA (Atlantic SD 7211) è volato via. Potere di Roger
Dean, forse. Perché South Side Of The Sky
gracchiava alquanto. Ma sapete com’è:
quelle belle illustrazioni Art Nouveau tirano più di un Chris Squire qualunque.
La
confezione, al giorno d’oggi, significa molto.
Mi volto, ed ho ancora gli
scaffali peni, in realtà.
E’ incredibile la discontinuità che esiste tra
i supporti analogici.
Disco ->
busta interna -> copertina -> busta trasparente – busta trasparente <-
copertina <- busta interna <- disco
La musica è sempre separata da
ben 6 membrane impermeabili. Sembra tutta ben impilata, ordinata e sequenziale.
Non lo è.
6 membrane
di separazione.
Per non parlare della distanza
dalla la nostra mano, dal giradischi (o il lettore CD), dal pulsante on/off.
Dalle
nostre orecchie.
Al contrario, la scorrevolezza
dello stream di musica fluida, quella direttamente
sgorgante via web (o hard disk) fa addirittura paura. Liscia, financo olesa;
lascia le sue belle tracce di unto. Ma per il resto, è immacolata.
Un disco unico,
continuo, senza interruzioni, cuciture, sospensioni, discontinuità evidenti, secondi
tempi, tempi supplementari.
Un disco unico:
discronico,distonico,anonimo (poiché incatalogabile all’anagrafe, visti i suoi
infiniti autori); casuale perfino. Niente lato A o B, niente limiti. Il sogno
di Borges - in musica - fatto realtà. O
magari virtualità.
Il disco
unico.
Eppure l’ascolto non è mai
realmente nudo.
Perché c'è sempre sottesa questa
intrinseca passività del “sentire”,
che nulla ha a che vedere con lo stimolo necessario della lettura, l’impegno
dello studio, del lavoro; e nemmeno con quella pur minima direzionalità che richiede il “guardare” del cinema e perfino della
televisione.
La direzionalità dello sguardo
che giustifica l’immobilità di tutto resto, cervello compreso chiaramente.
Non
si può dire lo stesso dell’orecchio.
Chi, ormai, ascolta e basta?
Ascolto mentre guido
Ascolto mentre
lavoro al PC
Ascolto mentre
preparo la cena
Ascolto mentre
messaggio col telefono
Ascolto mentre
pulisco casa (raramente)
Ascolto
mentre.
E allora: è poi più importante
l’ascolto
o il mentre?
“Cosa fai?”
“Ascolto.”
“..e poi?”
“Basta”
“Aaaah”, con tono di sorpresa.
Ascolto
nudo
Un’utopia pensarlo? O forse la
sua vera natura è la superficialità.
E allora cerchiamo la strada
per valorizzarlo. Togliendo di mezzo la passività.
Perché è poi questa passività
che aiuta e nutre la lievitazione e la crescita del disco unico. Lui si ingigantisce mentre noi facciamo
altro e non prestiamo in realtà la minima attenzione a quelle che succede
nelle nostre orecchie.
Così, mentre mi spuntano
questi pensieri di spicciola filosofia sonora, cerco di destreggiarmi - senza
passività - tra “nuovi vecchi” LP del profondo sud.
Sud di che?
Sud e basta.
Perché a Sud c’è sempre una risposta.
Una curiosa accoppiata: Petra,
rock cristiano primigenio e Devil’s
Elbow, un bel country
luciferino che piacerebbe ad Altman.
Quella del rock cristiano è
una curiosa “parabola”.
In netta minoranza, così
fagocitato da autostrade per l’inferno
e paganissime scale per il paradiso,
solo qualche irriducibile classificatore ne ha comprovato, alla fine,
l’esistenza. E parlare di cristianesimo in minoranza ad oggi evoca sabbiosi
scenari sudanesi o umidi arcipelaghi sub asiatici. No, è il rock.
L’album dei Petra
(MST 6527) uscì nel 1974 per la mitica Myrrh, label di proprietà della Word
Records, praticamente le Edizioni Paoline in musica. E questi quattro
bravissimi ragazzi di Fort Wayne (Indiana) cantano roba come Get Back to the Bible o Walkin’ in the Light, con ritornelli
stile “Jesus is the answer…” Album di discreto successo, e loro, da buoni
praticanti erano di certo moooolto meno famosi di Gesù.
C’è uno strano sentore di
zolfo pure lì, per contrasto.
Come nelle visioni papali
distorte di Rosemary's Baby. Eppure qualcosa non torna; ed è il rock stesso qui
ad essere nudo, non i simpatici chierichetti di Fort Wayne. Te li vedi lì a
servir messa, confessare i propri peccatucci e andarsene, chitarra in spalla,
al prossimo raduno dei catechisti.
Il rock nudo e disarmato.
E allora? Cosa è qui per dirci
questo benedetto rock?
Non sarà più schietto il folk,
il liscio di Secondo Casadei, la bossa nova? Non saranno più sinceri loro,
sorridenti? Non sarà meglio Il tuo popolo
è in cammino?
I Petra non avevano un dubbio
al mondo a riguardo. Beati loro!
Si metta dunque sul piatto Devil's Elbow di Doug
Kershaw (Warner Bros – BS
2649).
Personaggio intrigante, questo
Doug. Depresso, eroe, mistico, disperso tra le mangrovie. È un album bello. E’ ben fatto, prodotto,
suonato, ci sono delle belle canzoni.
Canzoni
Tirate un sospiro di sollievo,
dunque.
Canzoni, non jam
interminabili, rumori, effetti elettronici, diavolerie cosmiche,
intellettualità britanniche.
Non c’è nessun Chris
Squire…
Canzoni. L’arte di una strofa
e di un ritornello, inseriti in arrangiamento esatto. Basta così.
Una Nashville trapiantata nelle
più selvatiche swamp tropicali, in cui personaggi in fuga cercano riparo dalla
legge intransigente di qualche governatore omofobo in completo bianco e
cappellone a tesa larga.
Non so se questi due LP siano
già stati inglobati dal disco unico. Non credo.
E mentre sto qui a pensarci
su, mi capita per le mani un altro acquisto recente, Foolish Pleasure (Mercury SRM-1-1034) di tali Heartsfield, un super rock-country-southern da Festa dei Trattori di Naperville
(ma Magic Mood e i 10 minuti di Another Man Down si fanno veramente dare
del lei… e tu chiedi chi erano gli Eagles??).
E meraviglia delle meraviglie,
sulla inner sleeve, una pagina fanzinesca del Buyers Bulletin da titolo
“TAPE
PIRACY… EVERYONE’S PROBLEM”
Una disamina acidissima su
quanto le cassette pirata danneggino l’angelico mercato musicale e di come l’eroica
RIAA si batta per sconfiggere la
piaga. Anno 1975.
E noi, digitalizzati, che ci
crediamo moderni nelle nostre battaglie…
Capitan Vinile alza la
puntina.
Di Atlanta Rhythm Section e Brownsville
Station magari parleremo la
prossima volta.
A presto.
Capitan Vinile
2 commenti:
I Petra, cazzo, i Petra... Ti consiglio di procurarti i seguenti titoli: "This Means War", "On Fire" e "Beyond Belief". Sotterrano in toto il debut, fidati :D
Petra, si...non li conosco, se non per questo disco, non mi esaltano...ma se mi dici così mi fido alla grande.
Poi questo 'fenomeno' di rock cristiano oltranzista è interessante, tutto americano e anche un po'... 'sommerso', no?
Ciaoo
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