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Mi succede sempre più spesso.
I dischi più remoti, sconosciuti, lontani, sono spesso fraintesi dai
database aggiornati.
Così capita che mentre credi di avere acquistato Katmandu, album di
tetro progressive tastieristico, direttamente dai profondi anni ’70, hai invece comperato Katmandü, con tanto di
onnivoro umlaut in extremis, così tanto per darsi un’aria da super-macho su una
decappottabile in sosta vietata.
E se la copertina, sul fronte, potrebbe anche ispirare fiducia
sessantottina, tra le fiamme di una simil-divinità hawaiana, ecco che la foto
sul retro non lascia spazio per dubbi: ragazzini sbarbati, pettinati, treccine,
visi rotondi, ottima alimentazione, borghesia media, discreta istruzione. Los
Angeles tutta la vita, ci metterei la mano sul fuoco. L’espressione corrucciata
di chi non ha certo quella rabbia viscerale dentro, piuttosto il broncio del
surfista che si aspettava il sole e invece si ritrova la pioggia. Sarà per il
prossimo week-end Billy!
Anno 1991, Epic, CD. Non certo il vinile del 1971 della Mainstream
Records.
Ma ormai il danno è fatto. E allora tanto vale capire di che roba si
tratta.
Ma è ovvio, al primo accordo.
“Da grande sarò Slash!!” “Io Axl!” O alla peggio Steven Tyler…
Piena apoteosi hair metal, riffoni che scrosciano come i bei boccoloni
biondi di qualche reduce da culle NWOBHM; vocine in falsetto che nemmeno Geddy
Lee. Produzione levigata, cerchi in lega e portiere cromate.
Titoli come The Way You Make Me
Feel o addirittura Heart & Soul
e Love Hurts! Nessun ritegno, eh?
Tutti messi a memoria da cento ascolti di Def Leppard, Diamond Head,
Saxon fino ai “colleghi” Poison, Ratt, W.A.S.P. e gli ultimi gloriosi, eroici
Cinderella di Don't Know What You Got.
Ritornelli assai gradevoli, testi come “I believe in loveeee!!” e vacuità simili.
Ma che bravi ‘sti ragazzi. Anzi, bisogna poi essere onesti, il disco è
niente male, ci sono un paio di pezzi addirittura belli; tutto fila via liscio,
si ascolta volentieri. Buonumore.
Eppure, è veramente il disco
sbagliato.
I ragazzi sono arrivati lunghi.
Ma davvero qualcuno aveva ancora bisogno di patinature metal nel 1991?
La Guerra del Golfo ha appena lasciato la sua lunga coda di sangue e
profughi; uno scamiciato Neil Young, su Weld, davanti al solito muro di
Marshall, suona una Blowin’ in the wind
che rimbomba come un requiem al decennio del benessere. Cobain pubblica
Nevermind. E Stardlin, ragazzi, è appena uscito dal gruppo. Fuori! Decretando,
di fatto, la fine di ogni revival positivista-sessista-yuppie nel rock Made on Pacific Coast.
Per non parlare del fatto che i Led Zeppelin sono un ricordo
lontanissimo, perfino in pezzi melensi come Sometimes
Again.
Eppure c’è tutto il piccolo fascino di una reliquia nuovissima. Appena
trascorsa, eppure già dimenticata sotto caterve di lugubri distorsioni grunge e
stoner. E sì che se uno va a vedere la carta di identità dei musicisti… mica
erano degli sprovveduti, questi. Dave King, cantante, aveva passato una vita
coi Fastway dell’ex mothorhead "Fast" Eddie Clarke. Il chitarrista Mandy
Meyer era già imbarcato in Asia (Asia!) e Krokus, mentre la sezione ritmica era
veterana di tante battaglie west-cost.
Puri capelloni (pettinatissimi) losangeliani. Belli fuori, belli
dentro. Poveri tutt’attorno.
Vacui, inutili; sorrisi da copertina, look da ganzi fintamente
mistici. Plastica californiana. Di ottima qualità. Ma sempre ultra siliconata,
quando la vedi da vicino.
Il loro debutto fu un fallimento, talmente impegnati a citare i
maestri da non rendersi conto di frammentarsi in mille plagi senz’anima.
Talmente fieri della loro sfavillante post-produzione da non accorgersi che il
mondo stava rapidamente cambiando.
E ora tanta eccellente inutilità sta qui accanto al mio computer,
sulla cima di una pila che comprende Rollins Band, Dust, Poobah, Blue Oyster
Cult, Amon Duul II.
Si sentirà fuori posto?
Un frammento isolato di ottimismo fuori luogo già allora; ora un
reperto che sembra di un mondo che nulla ha a che fare con questi strazianti
anni ’10 del nuovo millennio.
Un bellissimo album. Clamorosamente sbagliato.
Katmandü – Epic - EK 46064 – US – 1991
The Way You Make Me
Feel
God Part II
Love Hurts
Sometime Again
When The Rain Comes
Heart & Soul
Ready For The Common
Man
Only The Good Die
Young
Let The Heartache
Begin
Medicine Man
Pull Together
Warzone
P.S. E "quell’altro" Katmandu?
Chi lo sa, magari un giorno
pescherò il pesce giusto. Per ora resta il gusto di pensare che sarà certamente
il miglior album sconosciuto del 1971. Fino alla prossima smentita.
3 commenti:
Hai compiuto il "giusto sbaglio", Evil! Non è un disco irresistibile, ma al suo interno sono presenti una manciata di buone canzoni. Tra l'altro Dave King da anni è il leader di Flogging Molly, combriccola di caciarone irish-folk-punk!
Infatti! Ms pensa x altro che ho comprato i 2 dischi assieme ( questo e drunken lullabies) senza saperne nulla... katmandu non è male, i Flogging Molly per quanto non poi originalissimi direi anche meglio. Questo King però è un bel personaggio!
I Molly li ho visti un paio di volte dal vivo e sono divertenti, magari te li godi di più con un paio di birre in corpo. Dei Fastway ti consiglio il primo - bello ruvido e pesante -, "Waiting For The Roar" - in quel caso King aveva preso in mano le redini del gruppo ed ha sformato un buon disco AOR - e "Trick Or Treat" - colonna sonora del filmaccio "Morte A 33 Giri", nella quale sono presenti almeno tre brani di fighissimo party metal!
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