Lungo il confine tra eleganza e supponenza, tra Art-Rock e Rock Artificiale, gli Yes costruirono solide fondamenta tanto al Prog quanto a certo facile Jazz-Rock dei tardi anni ’70. Una musica per il cervello, non per la pancia né il cuore; sicuramente inadatta alla rivoluzione sessuale e alla controcultura di quegli anni. Costruite sulle fluide linee di basso di Chris Squire e sulle liquide tastiere di Wakeman, le loro canzoni, perse tra mondi di sogno, hanno sempre nascosto qualche sinistro collegamento (solo di concetto…) ai più generali principi della Destra: totale controllo sul disordine, pulizia nel suono e nella voce, negazione della rivolta giovanile, voce impassibile e lontana; una distanza apparentemente incolmabile con il mondo della strada. Una musica per conservatori? Forse; sicuramente una musica gelida, bella e pur sempre impeccabile, per ascoltatori razionali e “moderati”.
Un approccio Apollineo al Rock, per sua natura ben più vicino a Dioniso.
Down by border between elegance and vanity, between art rock and artificiality, the Yes built solid foundation for both progressive and certain mid ’70 jazz-rock. A music for brain and neurons, not for sexual revolution or primitive instincts. Built around sparkling Squire‘s bass line and Wakeman‘s liquid keyboards, their songs about lost world and magic kingdoms of heaven have some sinister, but only conceptual, links with Right thought: total control over chaos, sharp melodic lines, distant impassive voice. A seemingly unbridgeable distance with the world “On the Road”. A music for Right-wing? Actually, not; but for sure a really cold music, but always technically perfect, for rational people.
Apollonian way of Rock.
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