“Scava porca troia, Angus! Scava.”
Credo ci sia una cosa buona, in questo
ennesimo, luccicante e consumistico periodo d'Avvento: ascoltare una quindicina
di volte al giorno il refrain del piano di Nicky Hopkins in She's a Rainbow nella perenne pubblicità della Vodafone.
Certo, mi direte, che devo anche sorbirmi il
faccione di Fabio Volo, ma bisogna pur acquistare in tolleranza e quindi
ritengo la presenza di questo “popolare scrittore” come un danno
collaterale sopportabile.
Capisco anche che i più alternativi tra voi
mi diranno che avrebbero preferito She Comes in Colors
dei Love, ma non si può mica sempre issare la bandiera delle minoranze, o no?
Vi dirò che c'è un altro pezzo tra Stones e
arcobaleno che non mi dispiacerebbe ascoltare. Una canzonetta assai minore, Blinded by Rainbows, che sta da qualche parte in quel di Voodoo
Lounge (1994).
Magari qualcuno la ricorda in un filmetto sul
rugby con Keanu Reeves e il grande Gene Hackman.
Discreta, graziosa, modesta nel senso migliore del termine, quello che di
solito si dimentica.
Ma gli spot mica fanno sconti, devono vendere
il loro prodotto e non possono affidarsi
ad outtakes.
E
se qualcuno volesse sfuggire a questo marchingegno infernale?
Una scelta è ritornare al neo-francescanesimo
dell'argentino più famoso del mondo (dopo Maradona, forse): parsimonia, carità,
focolare. Regali di riciclo, immagino.
Per gli integralisti rock invece c'è la scelta di Angus, e credo anche di averla accennata, tempo
fa, in qualche altro mio sproloquio.
Con Angus MacLise andrei volentieri in giro
per cimiteri a scoperchiare tombe e bere birra.
Comincerei da quella di Tony Conrad, collega
al “Teatro della Eterna Musica” (che è traduzione meno sacrale di “musica
eterna”, no?)
“Scava porca troia, Angus! Scava.”
Per chi non lo sa, Tony Conrad non è mai realmente vissuto.
Lui è perennemente stato in mortem, come Johnny Deep in Dead Man. Anzi quella celebre - in ambienti di nicchia - colonna sonora,
monumento alla chitarra di Neil Young, condivideva con Tony una certa distorta
visione del flusso musicale.
È come se lo strumento suonasse il musicista, e non viceversa.
Lo
strumento - suona - il musicista
Potere della frase transitiva e della lingua
posizionale.
Ci sono passaggi, in Outside The Dream Syndacate, che sono inequivocabili, tanto nella viola
di Conrad che nel tamburo (perchè mica sarà una batteria, quella…) di Zappi.
Ma tornando ad Angus, e tenendoci buona la
parola "batteria", tanto per dare la dimensione del personaggio, ecco
chi era veramente.
Immaginate il gruppo più archetipicamenete
anticommerciale, alternativo ed indipendente.
A chi avete pensato?
Ai Velvet Underground, ovvio.
Ebbene Angus MacLise, che della prima
blastocisti dei Velvet fu percussionista, abbandonò il gruppo ritenendolo <<troppo commerciale>> e svenduto al sistema capitalistico della
musica pop, nel momento in cui cominciò ad esibirsi in concerti retribuiti.
Mica male, eh?
E VOI CHE VI
CREDEVATE ALTERNATIVI
Detto, fatto.
I Velvet divengono gruppo di mastodontico
Culto.
Lui se ne va a nascondersi in Nepal.
Suo figlio, Ossian Kennard, sarà riconosciuto
dal 16° Karmapa tibetano, Rangjung Rigpe Dorje, come reincarnazione di una
divinità himalaiana.
MICA POCO
Non esistono incisioni di Angus con i Velevt,
o forse qualche feticista del bootleg potrebbe smentirmi.
Poco importa.
È già uno sfregio che esista
musica incisa da Angus.
MA
VISTO CHE ESISTE, TANTO VALE PARLARNE.
Registrazioni spurie, raccattate da vecchie
valige, che parlano di un fricchettone coi bongo che bazzicava i salotti di La
Monte Young e la sua setta di musicanti intellettualoidi.
Occorre sapere che la discografia di Angus è
una delle più caotiche e disordinate matasse sonore che possiate immaginare.
Esistono solo compilation. Postume.
Un monumento al dilettantismo
esasperato. All’improvvisazione ignorante.
Cominciamo da The Invasion Of Thunderbolt Pagoda (Siltbreeze - SB 78, 1999)
L'ho comprato addirittura sul Playstore di
Google.
EMBÈ? SONO MODERNO, IO
Da cellulare (nemmeno il mio, per altro). Fa
già abbastanza ribrezzo la piattaforma in sè, e devo dire che il non dovere
nemmeno scaricare quei piccoli file mp3, ha definitivamente eroso anche l'ultimo barlume
di possesso che potevamo pensare di avere.
Non ci è concesso.
Ma lasciamo da parte considerazioni che
potranno, chissà, tornare utili in futuro.
The Invasion Of Thunderbolt Pagoda sta soprattutto
nei 40 minuti della prima traccia, una specie di colonna
sonora mal registrata per un happening cinematografico newyorkese di fine anni
60. Un free form stradaiolo per flauto spaziale, organetto e le percussioni da
tribù punk di Angus.
Difficile definirlo rock. Difficile definirla
musica.
Eppure ha quel fascino dell'eccesso e del
lentissimo crescendo, quando ad un timbro se ne aggiunge un secondo, poi dopo
minuti eterni, un terzo e così via. C'è almeno il senso del rituale, del sacro.
E della droga.
Forse il piccolo capolavoro però è Humming In The Night Skull, nenia
di campane tibetane che potrebbe essere realisticamente l’apocrifa versione
new-age di Sunday Morning.
È quella musica che avrebbero fatto gli
Hawkwind se fossero rimasti squatter spiantati e la Liberty non gli avesse dato
soldi per incidere dischi.
Musica che sarebbe piaciuta anche al Brian
Jones di Their Satanic Majesties Request
e soprattutto a William Burroughs; con ascendenze evidenti nelle tribù del
Marocco e nelle meditazioni himalayane.
The Cloud Doctrine (Sub Rosa - SR 182, 2003) è una raccolta in
doppio CD di stampa belga di incisioni erranti. Quasi tre ore di “musica”.
Tre sono i Leviatani che si levano dalla
schiuma del maroso.
Con Tony Conrad a fare da produttore e
strumentista tuttofare.
The First Subtle Cabinet: 26 minuti sferraglianti in cui spettri di
antichi samurai trascinano le loro catene per il tempio.
Thunder Cut: 32 minuti di terrore proto industriale, in
cui al loop del tuono si sovrappone una grancassa che incessantemente batte 1
colpo su quattro.
BUM… BUM… BUM… BUM…
Cacofonie e rumore in sguazzeranno i Faust e
tutti i loro figlioletti sparsi, che con troppa facilità fanno del caos
estemporaneo arte astratta. Qui trovano una incarnazione informale e
dilettantesca tutta naif. Per questo quasi inascoltabile; per questo
realissima.
Electronic Mix for “Expanded
Cinema” 27 minuti di pura elettronica
concreta manipolata da un mistico inetto. Zang, tumb, tumb, tuuumb, tuuum…
The
First Subtle Cabinet porta
come data uno stupefacente 1963.
1963
L’anno in cui i Beatles
incidevano She Loves You e i Beach Boys Surfin’ U.S.A.
Electronic Mix è del 1965
1965
L’anno in cui i Beatles incidevano Ticket To
Ride e i Beach Boys California Girls.
Il resto dell’album sono frammenti incisi
probabilmente nel sotterraneo di qualche miniera. Elettronica minima e
polverosamente analogica. Ronzio, zang, clang, rrrrrrrrrrrrrr,
bprrcr,trrmmmnrrrt.
Tunnel Music, appunto. E qualche cameo di
John Cage.
“Scava porca troia, Angus! Scava.”
Ed ecco ahimè lo sfregio e lo spregio di
trovare la sua musica ovunque su piattaforme digitali.
Uno schifo. A cui mi piego.
Ma se almeno esistessero dei dischi, da buon nazionalsocialista, potrei almeno cercare di comprarli tutti,
accatastarli nella pubblica piazza e bruciarli. Così nessuno potrebbe averli, e
preserverei l'autore da una massificazione che non gli appartiene.
Ci sono altri dischi, altre raccolte.
Non una discografia,
ma un cimitero.
Figure sfocate in
bianco e nero.
Anzi i dischi non esistono più, ed ogni
moccioso con una carta prepagata può possedere la memoria di chiunque.
Fottuta democrazia
digitale.
Ebbene, polemiche a parte, questo è stato
Angus. Morto di tubercolosi a Katmandu, il 21 di giugno del 1979.
E ora me ne sto qui sulla sua tomba
scoperchiata, a chiedermi se non siamo tutti profanatori, noi che cerchiamo le viscere in ogni ascolto di coloro che
sono morti.
No, perchè la musica non sempre muore con loro.
I profanatori sono coloro che ne tradiscono la memoria, o rifiutano di tramandarla, magari solo
per salvaguardare un profitto.
Ed ecco che Arthur Lee non finirà facilmente
nello spot con Fabio Volo.
Dopo tutto, una bella fortuna per la sua
memoria.
Visto che non sono certo di dare ulteriori
dispacci prima di Natale, voglio qui approfittare per un piccolo augurio a
tutti voi là fuori.
A voi in lettura, voi in ascolto compulsivo
dell'ultimo residuato dei Brainticket o degli Electric Prunes (Stockholm 67 non vi è bastato?).
Ci vuole proprio coraggio, o solo
testardaggine, a non rassegnarsi a smettere di cercare l'ascolto giusto.
Dunque: auguri!
Capitan Vinile
4 commenti:
..se tutti i musicisti si lasciassero suonare dagli strumenti, magari verrebbe fuori della musica più interrssante..
Buone feste,Capitan.
Ho riascoltato anch'io MacLise sull'onda della tua suggestione: batterista dei Velvet. The cloud doctrine mi manca; Thunderbolt pagoda è il suo migliore. Gli altri: quasi inascoltabili. Non so come altro definirli. Naif, incompetenti, menefreghisti della qualità.
Si si, menefreghismo completo. Ma bisogna anche considerare che sono tutti album postumi, apocrifi, assemblati da altri, da gente che ha rovistato nelle cantine. A me un paio di pezzi di cloud doctrine impressionano abbastanza; il personaggio mi fa quasi tenerezza, in senso buono.
Ringrazio Hyde, per gli auguri.
Un saluto a tutti, non credo ci "risentiremo" (qui) prima delle feste. L'appuntamento è sui vostri blog.
Posta un commento