martedì 16 dicembre 2014

Capitan Vinile e la scelta di Angus


“Scava porca troia, Angus! Scava.”

Credo ci sia una cosa buona, in questo ennesimo, luccicante e consumistico periodo d'Avvento: ascoltare una quindicina di volte al giorno il refrain del piano di Nicky Hopkins in She's a Rainbow nella perenne pubblicità della Vodafone.
Certo, mi direte, che devo anche sorbirmi il faccione di Fabio Volo, ma bisogna pur acquistare in tolleranza e quindi ritengo la presenza di questo “popolare scrittore” come un danno collaterale sopportabile.
Capisco anche che i più alternativi tra voi mi diranno che avrebbero preferito She Comes in Colors dei Love, ma non si può mica sempre issare la bandiera delle minoranze, o no?
Vi dirò che c'è un altro pezzo tra Stones e arcobaleno che non mi dispiacerebbe ascoltare. Una canzonetta assai minore, Blinded by Rainbows, che sta da qualche parte in quel di Voodoo Lounge (1994).
Magari qualcuno la ricorda in un filmetto sul rugby con Keanu Reeves e il grande Gene Hackman. Discreta, graziosa, modesta nel senso migliore del termine, quello che di solito si dimentica.
Ma gli spot mica fanno sconti, devono vendere il loro prodotto e non possono affidarsi ad outtakes.
E se qualcuno volesse sfuggire a questo marchingegno infernale?

Siamo ancora in tempo?



Una scelta è ritornare al neo-francescanesimo dell'argentino più famoso del mondo (dopo Maradona, forse): parsimonia, carità, focolare. Regali di riciclo, immagino.
Per gli integralisti rock invece c'è la scelta di Angus, e credo anche di averla accennata, tempo fa, in qualche altro mio sproloquio.
Con Angus MacLise andrei volentieri in giro per cimiteri a scoperchiare tombe e bere birra.
Comincerei da quella di Tony Conrad, collega al “Teatro della Eterna Musica” (che è traduzione meno sacrale di “musica eterna”, no?)

“Scava porca troia, Angus! Scava.”

Per chi non lo sa, Tony Conrad non è mai realmente vissuto.
Lui è perennemente stato in mortem, come Johnny Deep in Dead Man. Anzi quella celebre - in ambienti di nicchia - colonna sonora, monumento alla chitarra di Neil Young, condivideva con Tony una certa distorta visione del flusso musicale.
È come se lo strumento suonasse il musicista, e non viceversa.

Lo strumento - suona - il musicista

Potere della frase transitiva e della lingua posizionale.
Ci sono passaggi, in Outside The Dream Syndacate, che sono inequivocabili, tanto nella viola di Conrad che nel tamburo (perchè mica sarà una batteria, quella…) di Zappi.
Ma tornando ad Angus, e tenendoci buona la parola "batteria", tanto per dare la dimensione del personaggio, ecco chi era veramente.
Immaginate il gruppo più archetipicamenete anticommerciale, alternativo ed indipendente.
A chi avete pensato?
Ai Velvet Underground, ovvio.
Ebbene Angus MacLise, che della prima blastocisti dei Velvet fu percussionista, abbandonò il gruppo ritenendolo <<troppo commerciale>> e svenduto al sistema capitalistico della musica pop, nel momento in cui cominciò ad esibirsi in concerti retribuiti.
Mica male, eh?
E VOI CHE VI CREDEVATE ALTERNATIVI
Detto, fatto.
I Velvet divengono gruppo di mastodontico Culto.
Lui se ne va a nascondersi in Nepal.
Suo figlio, Ossian Kennard, sarà riconosciuto dal 16° Karmapa tibetano, Rangjung Rigpe Dorje, come reincarnazione di una divinità himalaiana.

MICA POCO

Non esistono incisioni di Angus con i Velevt, o forse qualche feticista del bootleg potrebbe smentirmi.
Poco importa.

È già uno sfregio che esista musica incisa da Angus.

MA VISTO CHE ESISTE, TANTO VALE PARLARNE.

Registrazioni spurie, raccattate da vecchie valige, che parlano di un fricchettone coi bongo che bazzicava i salotti di La Monte Young e la sua setta di musicanti intellettualoidi.
Occorre sapere che la discografia di Angus è una delle più caotiche e disordinate matasse sonore che possiate immaginare.
Esistono solo compilation. Postume.
Un monumento al dilettantismo esasperato. All’improvvisazione ignorante.
Cominciamo da The Invasion Of Thunderbolt Pagoda (Siltbreeze - SB 78, 1999)
L'ho comprato addirittura sul Playstore di Google.

EMBÈ? SONO MODERNO, IO

Da cellulare (nemmeno il mio, per altro). Fa già abbastanza ribrezzo la piattaforma in sè, e devo dire che il non dovere nemmeno scaricare quei piccoli file mp3, ha definitivamente eroso anche l'ultimo barlume di possesso che potevamo pensare di avere.
Non ci è concesso.
Ma lasciamo da parte considerazioni che potranno, chissà, tornare utili in futuro.
The Invasion Of Thunderbolt Pagoda sta soprattutto nei 40 minuti della prima traccia, una specie di colonna sonora mal registrata per un happening cinematografico newyorkese di fine anni 60. Un free form stradaiolo per flauto spaziale, organetto e le percussioni da tribù punk di Angus.
Difficile definirlo rock. Difficile definirla musica.
Eppure ha quel fascino dell'eccesso e del lentissimo crescendo, quando ad un timbro se ne aggiunge un secondo, poi dopo minuti eterni, un terzo e così via. C'è almeno il senso del rituale, del sacro. E della droga.
Forse il piccolo capolavoro però è Humming In The Night Skull, nenia di campane tibetane che potrebbe essere realisticamente l’apocrifa versione new-age di Sunday Morning.
È quella musica che avrebbero fatto gli Hawkwind se fossero rimasti squatter spiantati e la Liberty non gli avesse dato soldi per incidere dischi.
Musica che sarebbe piaciuta anche al Brian Jones di Their Satanic Majesties Request e soprattutto a William Burroughs; con ascendenze evidenti nelle tribù del Marocco e nelle meditazioni himalayane.



The Cloud Doctrine (Sub Rosa - SR 182, 2003) è una raccolta in doppio CD di stampa belga di incisioni erranti. Quasi tre ore di “musica”.
Tre sono i Leviatani che si levano dalla schiuma del maroso.
Con Tony Conrad a fare da produttore e strumentista tuttofare.
The First Subtle Cabinet: 26 minuti sferraglianti in cui spettri di antichi samurai trascinano le loro catene per il tempio.
Thunder Cut: 32 minuti di terrore proto industriale, in cui al loop del tuono si sovrappone una grancassa che incessantemente batte 1 colpo su quattro.
BUM… BUM… BUM… BUM…
Cacofonie e rumore in sguazzeranno i Faust e tutti i loro figlioletti sparsi, che con troppa facilità fanno del caos estemporaneo arte astratta. Qui trovano una incarnazione informale e dilettantesca tutta naif. Per questo quasi inascoltabile; per questo realissima.
Electronic Mix for “Expanded Cinema” 27 minuti di pura elettronica concreta manipolata da un mistico inetto. Zang, tumb, tumb, tuuumb, tuuum…
The First Subtle Cabinet porta come data uno stupefacente 1963.
1963

L’anno in cui i Beatles incidevano She Loves You e i Beach Boys Surfin’ U.S.A.
Electronic Mix è del 1965
1965
L’anno in cui i Beatles incidevano Ticket To Ride e i Beach Boys California Girls.
Il resto dell’album sono frammenti incisi probabilmente nel sotterraneo di qualche miniera. Elettronica minima e polverosamente analogica. Ronzio, zang, clang, rrrrrrrrrrrrrr, bprrcr,trrmmmnrrrt.
Tunnel Music, appunto. E qualche cameo di John Cage.

“Scava porca troia, Angus! Scava.”

Ed ecco ahimè lo sfregio e lo spregio di trovare la sua musica ovunque su piattaforme digitali.
Uno schifo. A cui mi piego.
Ma se almeno esistessero dei dischi, da buon nazionalsocialista, potrei almeno cercare di comprarli tutti, accatastarli nella pubblica piazza e bruciarli. Così nessuno potrebbe averli, e preserverei l'autore da una massificazione che non gli appartiene.
Ci sono altri dischi, altre raccolte.
Non una discografia, ma un cimitero.
Figure sfocate in bianco e nero.
Anzi i dischi non esistono più, ed ogni moccioso con una carta prepagata può possedere la memoria di chiunque.

Fottuta democrazia digitale.

Ebbene, polemiche a parte, questo è stato Angus. Morto di tubercolosi a Katmandu, il 21 di giugno del 1979.
E ora me ne sto qui sulla sua tomba scoperchiata, a chiedermi se non siamo tutti profanatori, noi che cerchiamo le viscere in ogni ascolto di coloro che sono morti.
No, perchè la musica non sempre muore con loro.
I profanatori sono coloro che ne tradiscono la memoria, o rifiutano di tramandarla, magari solo per salvaguardare un profitto.
Ed ecco che Arthur Lee non finirà facilmente nello spot con Fabio Volo.
Dopo tutto, una bella fortuna per la sua memoria.

Visto che non sono certo di dare ulteriori dispacci prima di Natale, voglio qui approfittare per un piccolo augurio a tutti voi là fuori.
A voi in lettura, voi in ascolto compulsivo dell'ultimo residuato dei Brainticket o degli Electric Prunes (Stockholm 67 non vi è bastato?).
Ci vuole proprio coraggio, o solo testardaggine, a non rassegnarsi a smettere di cercare l'ascolto giusto.

Dunque: auguri!


Capitan Vinile

4 commenti:

mr.Hyde ha detto...

..se tutti i musicisti si lasciassero suonare dagli strumenti, magari verrebbe fuori della musica più interrssante..
Buone feste,Capitan.

mr.Hyde ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Gianluca Chiovelli ha detto...

Ho riascoltato anch'io MacLise sull'onda della tua suggestione: batterista dei Velvet. The cloud doctrine mi manca; Thunderbolt pagoda è il suo migliore. Gli altri: quasi inascoltabili. Non so come altro definirli. Naif, incompetenti, menefreghisti della qualità.

Unknown ha detto...

Si si, menefreghismo completo. Ma bisogna anche considerare che sono tutti album postumi, apocrifi, assemblati da altri, da gente che ha rovistato nelle cantine. A me un paio di pezzi di cloud doctrine impressionano abbastanza; il personaggio mi fa quasi tenerezza, in senso buono.

Ringrazio Hyde, per gli auguri.
Un saluto a tutti, non credo ci "risentiremo" (qui) prima delle feste. L'appuntamento è sui vostri blog.

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