lunedì 26 dicembre 2011

Eddie Hazel - I once had a life…n° 2


A oltre sessant’anni dalla sua nascita, la storia dell’unico solista afroamericano che poteva rivaleggiare con Hendrix; Eddie Hazel, figura mitologica della chitarra elettrica, è oggi un eroe dimenticato di un tempo eroico per la Black-Music.


Hazel è ancora più protagonista con il ritorno sul versante Funkadelic: il free rock lisergico di “Free Your Mind…” raccoglie il testimone di MC5 e Stooges ed è trascinato in orbita dagli scontri esplosivi tra le tastiere di Worrel e la Stratocaster di Eddie, che marchiano a fuoco brani come “Funky Dollar Bill” e “I Wanna Know If It's Good to You?”. Alla lezione psichedelica di Kaukonen e Arthur Lee, a quella dell’hard inglese, Hazel aggiunge una devozione che diventa quasi studio per il sound di Hendrix, mirabolante negli effetti ma appassionato e coerente nella melodia.
Il 1971 si chiude in gloria con l’opus magnum “Maggot Brain”, testimonianza dell’ormai matura concezione del funk-rock di Clinton. L’album passa alla storia per la traccia d’apertura: 10 minuti di commemorazione elettrica dai toni trasognati e drammatici; “Maggot Brain” è un soliloquio improvvisato di lucida dipendenza da stupefacente; dolente e introspettiva, sta al Rock come la disperata “Lover Man” di Charlie Parker stava al bebop. Ad un anno esatto dalla morte di Hendrix, Hazel sembra qualcosa più di un erede designato: il suo plettro continua sulla strada tracciata dal maestro di Seattle, lo fa in modo personale, travolgente; una reincarnazione fulminante. Cappello floscio a falde larghe, colli di pelliccia, vestiti variopinti: in piena “blaxploitation”, Hazel entra nel personaggio e il prepotente assolo finale di “Super Stupid” rimbomba come una raffica del mitra di Shaft. Come John Gilmore per Sun Ra nell’ Astro Infinity Arkestra, Eddie è per Clinton una colonna sonora di fantasia cosmica e spiraliforme genialità. “Maggot Brain” entra nella charts R&B  e i Funkadelic, con Sly Stone e Isaac Hayes, sono i campioni rock del nuovo black-power.
Quale fosse la potenza del gruppo dal vivo in questo momento, lo dimostra un live pubblicato nel 2005 dalla Westbound: “Live-Meadowbrook, Rochester, Michigan 12th September 1971”. La performance di Hazel è stellare e “Maggot Brain” suona ancora più devastante che in studio. Stupefacente.

Ma a proposito di stupefacenti, il gruppo non faceva certo mistero di usare dosi massicce di allucinogeni d’ogni tipo per sperimentare nuovi confini per musica e mente. Il primo a farne le spese fu Tawl Ross, che quasi morì d’overdose nell’estate del 1971; poi anche il batterista Tiki Fulwood gettò la spugna, seguito a ruota da Hazel e Nelson che ruppero con Clinton per problemi contrattuali derivati dal loro costante stato di alterazione da LSD. A “Maggot Brain” seguono anni difficili, in cui Eddie è sempre più emarginato in una band ormai estesa a oltre dieci elementi; la sua presenza sui crediti degli album successivi è puramente formale: il chitarrista, di fatto, è fuori dal gruppo.

Bisognerà aspettare il 1974 e “Standing on the Verge of Getting It On”  per ritrovare l’artista lucido e ispirato di qualche anno prima; l’album è una bomba, Hazel è co-autore di tutti i pezzi (sotto lo pseudonimo Grace Cook, nome della madre) e recupera l’ispirazione tanto nell’armonia quanto nell’assolo; in coppia con il nuovo collega Ron Brylowski, il doppio assalto chitarristico è da manuale (vedi “Alice in My Fantasies”). Il disco è una sorta di summa di 4 anni di Funkadelic e non manca un nuovo esteso soliloquio di Eddie: “Good Thoughts, Bad Thoughts” è una pioggia leggera sulle corde acute, una primavera in ritardo che introduce il meditabondo sermone di Clinton.
Purtroppo, sarà un fuoco di paglia: quello stesso anno Hazel è arrestato per possesso di droga e per avere aggredito un’hostess. C’è il carcere. Clinton non può aspettare ed entrano stabilmente in formazione Michael Hampton, Gary Shider e Ron Brylowski.
Eddie Hazel è di nuovo solo un nero, tossico, senza lavoro e, soprattutto, ancore sconosciuto al grande pubblico; surclassato dalla teatralità del live-act di Clinton & soci, rimane affogato nei meandri di un gruppo che può avere un solo leader. Passa qualche anno nell’anonimato a incidere per i Temptations. Come il protagonista del vecchio blues di Howlin’ Wolf, è solo un “povero ragazzo molto lontano da casa”, la musica, la sua bambina, sembra “morta e sepolta”.

1 commento:

Blackswan ha detto...

Bellissmo post,letto d'un fiato.Il paragone fra Maggot Brain e Lover Man è un'intuizione geniale :)

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