sabato 10 novembre 2012

Frammento #8 - Isola di Taiwan, Camp Reagan - 26-09-2034



Isola di Taiwan, Camp Reagan - 26-09-2034


Siamo confinati nella sala comune della caserma. Un garage umido per involucri vuoti e larve in mutazione. Un ragazzino della Virginia sta ciondolando addormentato su un divano viola, davanti ad un maxischermo sintonizzato su un gioco a quiz giapponese. Caporali con l’aria tronfia entrano ed escono vociferando ordini a caso, per ribadire una minuscola e ovvia microautorità sui corridoi e le aree ricreative. Garner ha preparato un intruglio locale: un thè al sapore salmastro di alghe marinate. Uno schifo.
“Come fai a scordarlo… Quando esplode un’ atomica, o crollano i grattacieli, quello che provi è una tremenda, fottuta paura istantanea, scioccante; velocissima. Ma se ne va presto, non appena ti accorgi che tu sei ancora vivo. Alla fine, chi se frega degli altri… L’Avvento fu del tutto diverso. Non ci furono scariche di adrenalina; ma sudori freddi, crescenti, giorno dopo giorno; angoscia, crescente, giorno dopo giorno.“
Il 23 marzo dell’anno scorso, 2033, era solo una notizia di cronaca nelle pagine interne: focolaio di aviaria o febbre suina. La solita merda orientale. La settimana prima un terremoto micidiale aveva quasi raso al suolo Teheran e l’America era affannata a portare i primi aiuti al nuovo alleato. Nei giorni seguenti i giornali non si occuparono della Cina. Poi la questione si complicò. Intere città erano contagiate; sintomi strani, febbri, piaghe; delirio e fragilità ossea. La stampa cominciò ad interessarsene quando un paio di casi arrivarono fino a Portland, a bordo del volo Air Canada AC030 da Pechino. Le autorità cinesi minimizzavano, come sempre.
30 marzo. La situazione degenera. I pazienti sono in fuga dagli ospedali; atti di cannibalismo. Alcuni poliziotti sparano sulla folla. E’ il caos in tutta le regione di Hebei. Cominciano ad accumularsi le ipotesi fantasiose: un attacco batteriologico del regime di Kim Jung-Woon III, Corea del Nord. Il Dittatore, a caldo, smentisce. Una fuga di sostanze chimiche sperimentali dall’immenso stabilimento di proprietà Unilever a Zhengzhou: una specie di Bhopal all’ennesima potenza. Dietrologie, teorie del complotto.
3 aprile. Le comunicazioni interne con Jinan, Quingdao e molte altre grandi città si interrompono; casi analoghi sono segnalati anche al sud, da Suzhou a Chongqing. Il regime cinese ancora nega che si tratti di una epidemia incontrollabile; e minimizza.
“Il tre di aprile ero in licenza; finì la giornata pieno di birra a Reno. Cazzo. Chi poteva pensare…”
Dopo l’intruglio di Garner, il tabacco aromatico indonesiano è quasi un sollievo; le parole si intrecciano violacee alle volute di fumo che avvolgono l’aria umida. La caserma, attorno, è un formicaio spoglio con operaie stanche e agonizzanti sulle brande, in attesa dei fogli orari di guardia e di ronda. Fa molto caldo.
Il 14 aprile, questo riportarono i giornali, arriva sul tavolo del Ministro della Sanità un dettagliato fascicolo che proverebbe l’ingerenza americana nell’epidemia: un attacco premeditato e definitivo alla prima economia del mondo. Mancano le prove; il Presidente si dice sdegnato. Ma intanto lo stato più popoloso del globo, sta collassando: la malattia è arrivata sulla costa, sono a rischio le megalopoli di Suzhou e Shanghai: decine di milioni di persone accatastate in caseggiati chilometrici, strette in stanze di tre metri per tre. La densità umana più elevata della storia; stanno come tanti pesci senz’acqua e nello stesso barile. In compagnia della malattia. Chi può scappa, ma il governo chiude porti e aeroporti; non vuole che il panico dilaghi; non vuole l’esodo. Non vuole rimediare figuracce davanti alla comunità internazionale; i caccia J-20 pattugliano i cieli per impedire fughe di massa. Hanno ordine di sparare dopo il secondo avviso.
16 Aprile. Free Press riporta che un migliaio di persone in fuga verso ovest sarebbero state trucidate da militari regolari dell’esercito e sepolti in un’ enorme fossa comune presso Wuwei. Ma le comunicazioni con l’entroterra ormai sono difficili.
21 Aprile. Molti giornali europei sferrano un duro attacco a Kim Jung-Woon dopo l’intercettazione di lanci di missili da Pyongyang.
“E sempre colpa sua…”
Pare riaprirsi la pista Nord Coreana. Il Dittatorissimo vuole sfruttare la situazione per dimostrare il suo potere; tutto un bluff. Ma per noi dell’ esercito sono giorni tremendi. Si accavallano le consegne al silenzio e alla riservatezza. Ci fanno corsi di ore sugli interventi di primo soccorso, ci riempiono le teste con cazzate di genetica e farmacologia; pare imminente che un contingente di truppe speciali parta alla volta di Shenyang, Cina settentrionale. Non se ne fa nulla. Immobilismo.

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