Per chi temesse che il Capitano parli di cinema: non temete!
E’ la solita tirata su dischi impolverati.
Buona lettura
Viviamo in tempi complessi; tempi comici.
I famosi "tempi
comici" che sono così rari da trovare negli umoristi e non solo.
I
Grandi Ottimisti pretendono
di governare con un tweet.
Tempi frammentati.
Anche musica frammentata. Dal
basso.
Da sotto. Come in un bicchiere
di acqua minerale che sprigiona bollicine, sono decine, decine le "piccole
band indipendenti", i "domestici artisti alternativi" che
sfruttando le potenzialità di questa tecnologia pratica. Si autoproducono, si autodistribuiscono, si autopromuovono,
si autoincidono.
Bene!
Più difficile avere uno
sguardo d'assieme, forse. Più difficile per lo storico o il memorialista; ma
tutto sommato meglio per l'ascoltatore, no?
Una frammentazione dal basso;
e d'altronde in questi tempi complessi pure la democrazia, la votazione, la
scelta, si pretende debba venire sempre dal basso.
Nelle remote epoche del vinile
vigeva al contrario una tacita oligarchia di placidi controllori che fu per un
momento intaccata da una morbidissima e reazionaria rivoluzione che veniva dai vertici stessi di quelle torri d'avorio.
E' successo quando i grandi
gruppi rock hanno scoperto di non essere solo leader d'opinione, di moda, di costume (anche di musica, magari) ma vere e
proprie macchine-da-soldi.
Macchine-da-soldi con una
contabilità talmente spropositata che la contingenza forniva loro l'occasione
di "mettersi in proprio".
Mi
costruirò un Luna Park tutto mio con black jack e squillo di lusso!
Anzi, senza black jack.
E anche senza Luna Park!
Bender B. Rodriguez
Gruppi che si autoproducono?
Possibile?
Etichette discografiche non
più nelle mani di qualche scafato/astuto/avveduto/conscio manager o talent
scout. Ma direttamente dipendenti dalle firme
di tre o quattro capelloni decisi a gettarsi nell'agone musicale a tutto
tondo.
Ma perchè fare questo balzo -
in realtà molto più tutelato e paraculistico di quanto si possa credere,
intendiamoci?
Varie risposte; molte assai
nobili...
Per avere controllo TOTALE sulle proprie produzioni. Praticamente una forma
di TOTALITARISMO artistico.
Per potersi occupare direttamente del design delle
copertine, della distribuzione e promozione, della gestione della propria
immagine e dei propri prodotti (roba in cui i rockettari sono noti
cervelloni...)
Per dare la possibilità a
giovani artisti di avere contratti facili e lancio garantito su vaste piazze;
sempre sotto l'ala protettrice dei Grandi Numi Rock. Altruismo mirabile, si direbbe.
Per curare progetti individuali, pur sotto un
ombrello comune e condiviso.
Per autocompiacimento.
Per AUTOCOMPIACIMENTO.
Poi anche per autocompiacimento.
Sia chiaro:
nessuna “Grande
Rockstar” ha veramente voglia di trovare la “Nuova Grande Rockstar”.
Anzi, fosse per lei si
mangerebbe i figli come faceva Saturno.
Quindi inutile sperare in atti
eccessivi di altruismo, finanziamento, scouting... Almeno ai livelli altissimi.
Ma ora basta coi giudizi
tout-court.
Lasciamo che qualche fatto
parli da solo; vediamo un po' queste “Etichette
delle Star” come hanno funzionato/funzionano. Vi meravigliereste di quante
ce ne sono!
Io mi limiterò a quelle dell’ Epoca
Eroica della “Vanity Press”, le
prime, le mitiche.
Apple - The Beatles (distribuzione
EMI – Parlophone)
Oggi è la seconda mela più
famosa del mondo. E questo dopo aspre battaglie legali con i guru di
Cupertino...
I Fab Four fondarano la casa discografica
nel 1968. Musicalmente erano avviati ad diventare morti deambulanti. Ma fecero in tempo a pubblicare l'album bianco,
almeno. La distribuzione rimase a carico di EMI e Parlophone, ma col tempo la
mela si garantì diritti su ristampe, compilation, clip...
Si giovò di una pletora di
progetti di John-e-Yoko, di Harrison e perfino di Ringo. Ebbe il merito di
pubblicare i Bandfinger da Magic Christian Music (SAPCOR 12) ad Ass (SAPCOR 27) – tutti bei pezzi da
collezione - ma anche la colpa di dare
voce ai Wings...
Bello il logo stile Magritte,
o Beck Olà se preferite.
Resta comunque una delle poche
"vanity label" ad alto contenuto collezionabile...
The Rolling Stones
Record - indovinate un po'... (distribuzione
Atlantic)
Nome originale.
Logo con lingua e labbroni;
cool!
Gli Stones la misero su nel
1970 alla scadenza del contratto con la Decca. Due grandi album: Sticky Fingers
ed Exile, poi parecchia routine. Qualche puntata nel reggae di Peter Tosh quando Jagger andò in fissa
per la Giamaica.
Non fece a tempo a conoscere
l'epoca d'oro delle ristampe in CD chiudendo i battenti nel 1984. Scarsi applausi.
Manticore
(brrrr..) - Emerson, Lake & Palmer
(brrrrr...) (distribuzione Island)
La manticora era una
leggendaria fiera indiana descritta dai naturalisti classici: testa umana,
corpo leonino, coda da scorpione. Una
bestiaccia.
Bestiaccia che si ritaglia un
ruolo nel linearissimo Lato A di Tarkus
degli ELP. dal 1973 ha curato le ultime uscite di ELP (per esempio Brain Salad
Surgery K 53501) e una valanga di ristampe. Fu una manna per la PFM
per cui pubblicò un paio di album e diversi singoli a metà '70, garantendo al
gruppo di Di Cioccio e Mussida lo status di band italiana più famosa in terre
anglosassoni. Beati loro!
Swan
Song - Led Zeppelin
(distribuzione Atlantic...comoda eh?!)
“Perchè il canto del cigno
morente è il suono puù dolce in natura.”
Più che una casa discografica,
la curatrice fallimentare di quello che fu enorme gruppo, e che almeno centrò
il doppio di Physical Graffiti (SSK 89400).
Logo mistico, icareggiante. E
tutto sommato un bell'impegno nel cercare di mettere sotto contratto altri
gruppi: i vecchi Pretty Things con Silk Torpedo e Savage Eye non fecero furore
(non erano poi malissimo…), ma i nuovi Bad
Company esplosero in maniera clamorosa...
Fiuto per il vil denaro del
buon Peter Grant? I successi furono comunque prettamente commerciali, giova ricordarlo.
Peggio andò sul tanto agognato
versante blues e folk con Maggie Bell e Roy Harper, ma in quell'ambito Jimmy
Page aveva già copiato tutto il copiabile.
Purple
record - Deep Purple (distribuzione
EMI)
Come abbia fatto una squadra
così litigiosa a gestire una propria azienda resta un mistero. Però i Purple
potevano contare su un ottimo produttore come Roger Glover... che presto
infatti fu estromesso dal gruppo. La label potè però gestire gli innumerevoli pruriti
solisti dei membri della band, oltre che dare voce a due interessanti gruppi
dell'underground come Silverhead e Hard
Stuff (Bulletproof TPSA 7505,
oggi leggenda!).
Grunt
- Jefferson Airplane/Starship
(distribuzione RCA)
Sulla carta pareva una delle
operazioni più realistiche intraprese da un manipolo di capelloni: poteva
essere, più che l'etichetta di un singolo gruppo, quella di un'intera metropoli
e di tutte le sue innumerevoli famiglie rockettare.
Ma il decennio dell'IO aveva definitivamente preso il sopravvento sugli
ideali comunitari, e Hot Tuna a
parte, la Grunt fu il cortile della coppia Slick/Kantner.
I maligni potranno dire, a
torto o a ragione, che ha dato voce alla decadenza
della Baia.
Threshold - Moody
Blues (distribuzione Decca-London)
Dannatamente autoreferenziale,
ripiegata su sè stessa come un origami, l'etichetta dei soporiferi Moody Blues
vive della “Visione” unitaria del gruppo: post-psichedelia a tinte prog color
pastello.
Catalogo limitatissimo, che
pur si giova dei Trapeze di Medusa (THS 4), un pezzo addirittura da collezione.
Bizarre Records -
Frank Zappa (distribuzione Warner)
Bel progetto.
Si parte dopo alcuni problemi
di "inadempienza" della Verve, che consentono a Frank e Herb Cohen di
dare vita a questa label che si concentrerà sul catalogo zappiano.
Ma ancor meglio fece la
gemella (o opposta?) Straight, che si impegnò a diffondere artisti "indiffondibili" come l'ultimo Tim
Buckley e Captain Beefheart; oltre al prediletto Alice Cooper...
e poi, perchè no
Clan
Celentano - Adriano Celentano
(...perchè alla fine ne resterà uno solo)
Vicenda esaurita malamente
(chiedere a Don Backy) e cominciata in maniera un po' ribalda (chiedere alla
Jolly), ma decisamente "progressista" per la scena italiana dei primi
anni '60.
Perchè, bisogna ammetterlo,
all'inizio il Clan cercò veramente di far sfondare i suoi membri migliori. Che
purtroppo portavano i nomi di Pilade, Milena Cantù, Cerruti, Ricky Gianco.
Quello che veramente avrebbe potuto sfondare era proprio il buon Don…
Ma in effetti vale la vecchia
regola: nessuna grande star si impegnerà veramente per trovare la nuova grande
star.
Bene; questo era un elenco
parziale.
Per cui non scomodatevi a
telefonarmi o mandarmi e-mail elencando tutte le mie omissioni.
Lo
so.
Alla fine, qual è la morale?
Boh..
Potrei azzardare che forse certi limiti di competenze sarebbe
giusto rimanessero, qua e là. Certi settori, certi spazi delimitati, non
condivisi. Altrimenti diventa realmente tutto dannatamente liquido.
Una certa specializzazione,
una certa gerarchia. Perchè no, un certo rapporto
di fiducia che tra operatori di ambiti diversi è necessario, ed è un
collante che consente ad un prodotto di funzionare.
C'è chi suona, chi produce il
suono, chi sa come distribuirlo nei giusti canali.
Mica è facile essere editori di sè
stessi.
E forse è anche un po' presuntuoso.
Certo a volte la presunzione
produce capolavori.
Volendo cercare un comune denominatore,
sia pur generico e forse superficiale, a queste storie, emerge chiaramente che
la tendenza è di fondare la propria etichetta discografica nel momento economicamente più forte del gruppo (o
del singolo).
E' ovvio; lo stabilisce il
mercato. Si scende in borsa quando si è abbastanza solidi per reggere il colpo...
Peccato che raramente (mai?)
il momento di massimo potere economico di un gruppo rock corrisponda al suo
massimo valore artistico. C'è sempre una inevitabile
latenza tra questi due punti di picco.
E allora ecco label che
pubblicano 1, massimo 2 grandi album, e poi si accontentano di gestire
l'esistente, curando l'ennesima
ristampa, sfornando l'ennesimo remaster, ristampando gli inevitabili inediti.
Curatori
fallimentari.
Ma, ripeto, è un giudizio
generico e forse ingeneroso.
Lasciamo che chi ne ha la
possibilità si diverta come gli pare: sfasciando camere d'albergo, stuprando
ragazzine ingenue, sniffando talco e zucchero, collezionando aerei della II
Guerra Mondiale.
E producendo dischi in
proprio.
Noi
mica dobbiamo comprarli per forza.
Capitan Vinile alza la
puntina, vi ringrazia della pazienza e vi saluta!
Capitan Vinile
9 commenti:
Non ho niente da dire sull'interessante articolo, quanto sul blog in generale.
A vedere tutti questi vinili mi sono venuti i lacrimoni agli occhi *_*
Ed osservo la mia ben più misera collezione, invidiandoti.
Stupendo articolo...!
Una che funziona è la Simmons Record, la casa discografica di Gene Simmons il bassista dei Kiss
http://www.simmonsrecords.com/
Grazie! Girero' i complimenti a Capitan Vinile...
Sono contento per Simmons (grazie per il link) e spero possa andare bene anche ad altri!
Approvo il cappelletto iniziale sui comici.
Avevo letto, ma non commentato il post prima, con estremo interesse, affascinato dalle storie di soldi, di musica , di donne, di morte e di altro( anche in ordine diverso) che girano insieme a questi dischi neri e lucidi..
Grande, Capitan Vinile!
Che articolo stupendo! Complimenti e grazie!
Alla fine l'unico forse che ha tirato fuori qualcosa di buono dal proprio vivaio è stato Frank Zappa:
Alice Cooper, Steve Vai, lo stesso Captain Beefheart in definitiva deve la sua fama a lui.
Forse era l'unico che non temeva confronti.
@Roberto Paglia: Grazie! (da parte del Capitano, s'intende...)
@Saluzzi: tra questi probabilmente si. Ma ce ne sono tantissimi di artisti che hanno messo su la loro label; spero e credo che alcuni di loro (di cui evidentemente a C.V. non interesse parlare...) abbiani fatto buone cose!
ciao
complimenti ottimo articolo e fantastico blog, uno dei migliori visti in assoluto: opinioni, vinile e non solo link che ormai chiunque può trovare.
complimenti davvero.
per quanto riguarda le etichette delle star: A&M fondata da Herp Albert che non era una vera e propria star a livello di stones , beatles etc, ma era diciamo "almost Famous" e con la sua etichetta ha pubblicato dei veri e propri capolavori, cito solo i flying burrito brothers tra i miei preferitio gene clark.
comunque davvero complimenti.
@tonypop Thanksss!
Sono sicuro che tanti piccoli, medi..o anche grandi artisti hanno messo su "aziende musicali" funzionanti come Herp Albert, me lo auguro per loro e ti ringrazio per la testimonianza!
Certo che Capitan Vinile si diverte a fare le pulci ai grandissimi nomi!
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