lunedì 25 giugno 2012

PAGANESIMI ELETTRICI - Astaroth al funerale del Cavallo - Pt.4



La delegazione di dignitari britannici aveva parlottato tutta la notte con il consiglio degli anziani e alle prima luci dell’alba riemersero assieme da una pesante tenda ricoperta di frasche elegantemente intrecciate. Non avevano udito una sola nota, né presenziato al rito. Sir Brown camminava rigido avanti e indietro curvo sotto lo sguardo torvo del Governatore, mentre l’ingegner Brereton ancora sproloquiava di direttrici infrastrutturali e collegamenti rapidi di massa. Avevano tutti facce scure e l’accordo per la costruzione condivisa della nuova ferrovia sembrava lontano dal venire. Intanto gli anziani Maharanas erano scomparsi da tempo sotto la tagliente roccia liscia che proteggeva il villaggio.
Le foschie si erano dileguate veloci sotto ai raggi del primo sole, rivelando finalmente le più alte chiome degli alberi tropicali che si inerpicavano su tutti i versanti degli Aravalli che ora apparivano arcigni e inospitali.


Nessuna ferrovia sarebbe mai stata realizzata in quelle valli; nessun ponte di ferro, nessuna galleria. Il gruppo diplomatico inglese aveva già preso il sentiero sterrato verso Jodphur e il Forte Mehrangarh, impaziente di rientrare tra mura amiche e città trafficate e ricolme di fumi industriali.
I Black Widow si erano faticosamente stipati sul loro camion militare in marcia verso Jaipur; degli Horse più nessuna traccia.
Mentre gli ultimi roadies smontavano pigramente il drumkit di Challenger dal palco principale, il villaggio tornava alla paziente e tenace monotonia del lavoro nei campi.
Tè, cotone, ma anche riso e cereali, coltivati in terrazzamenti ordinati con raffinata e antiquata cura artigianale che sarebbero finiti con ogni probabilità nelle casse inglesi. Da qualche anno l’Impero aveva rivisto al rialzo un carico tributario che molti piccoli agricoltori già faticavano a sostenere. Il malcontento crescente, l’impoverimento coatto di una terra naturalmente ricca, lo stravolgimento del territorio. Forse, come cantavano gli Horse, era davvero “questione di tempo”? Un paese così ricco ed enorme stretto nella morsa politica e tecnologica di una minuscola e piovosa isola nord europea. Detto in questi termini sembrava un paradosso.

It’s only a question of time… before the whole country steps out of line…

Il Principe fissò a lungo i palchi che si fronteggiavano ai due lati della piazza dove il ricordo dell’ Asvhameda era solo una chiazza violacea di sangue e petali di rosa.
In ogni sacrificio c’è l’officiante, che conduce il rito con consumata fede e minima azione; e i credenti, quelli che si agitano, si esaltano, levano le mani urlanti al cielo. L’altare e i palchi su cui inginocchiarsi. Nel mezzo sta la vittima; l’agnello, il capro. Il cavallo. Il pane e il vino. Un po’ come nella Musica, in cui da una parte c’è l’artista e dall’altra il suo pubblico. Lei sta nel mezzo.
Ma il futuro è tutto del Pubblico e solo in misura minore dell’Artista. Al Principe fu chiaro ascoltando le pompose tirate dei Black Widow: in quella suadente e ambigua retorica c’era tutta la teatralità di una classe dominante in declino, ripiegata su mitologie che sfuggivano alla stretta e incombente morsa dell’attualità. Almeno gli Horse stavano dalla parte della gente, ci stavano addirittura in mezzo. Non che portassero ideologie né visioni politiche realmente costruttive, nè alternative valide oltre al volume degli amplificatori; eppure se il presento li disconosceva, il futuro sarebbe appartenuto a chi li avrebbe seguiti e sostenuti sulle proprie spalle.
Il tempo dei riti stava finendo. Cominciava quello degli uomini.

IMMAGINI

William Blake - Job's Sacrifice

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