Artista: Hillow Hammet
Titolo: Hammer
Anno: 1969
Label: House Of Fox (HOF LP 2)
Ronnie Barcley - guitar
Chuck Bennett - vocals,
bass, keyboards
G.C. Coleman - drums
Mike Previty - percussion
Jack Register - bass
Steve Spencer - organ,
piano, electric piano
Pete Williams - guitar
1 Slip Away 5:34
2 Trouble 5:45
3 Fever 3:46
4 Home 4:11
5 Brown Eyed Woman 4:32
6 Nobody But You 2:39
7 Come With Me 3:36
8 We Want To Be Free 5:24
9 Oh Happy Day 7:06
Quella copertina che potrebbe essere stata disegnata da un Peter Hammil
in estasi da Edda Minore, raffigurante una valle florida su cui troneggia un
martello argentato, non potrebbe sviare maggiormente. E passi che il titolo
dell’album sia appunto “Hammer". Dalle parti di Memphis non è il tempo delle
fate; non lo è mai stato.
Allora prendetevi il vostro pick-up, la lattina di Bud, pulite appena il parabrezza dalla polvere
della strada, e alzate il volume, perchè caterve del più diseducato rock degli
USA profondi vi sta per ricoprire di vapori alcolici e saturnini assoli rotti solo
da sermoni tradotti da un esaltato gospel da pub.
Con un vocione da Bob Seeger isterico in trasferta (Nobody But You) e chitarre onnipresenti
che menano fendenti a caso nel mucchio senza badare troppo all’estetica (Slip Away), gli Hillow Hammet si mantengo
sul sottile filo di una deriva anarcoide apprezzabile, dando fondo a prepotenze
ritmiche e singulti funky di Hammond che disegnano un blues rock intriso di
whiskey e polvere pirica. Home
manderebbe in visibilio qualunque discepolo Southern, mentre Brown Eyed Woman scatena segugi hendrixiani
sulle tracce dei Funkadelic meno in acido.
Sbruffoni come certe sparate dei Cactus o dei Leaf Hound (Come with Me, un riffissimo di splendida
cafonaggine, ma anche la cowbell di We
Want To Be Free mica scherza…), incoscienti come circensi senza una solida
rete sotto, si fanno apprezzare per la velocità dei tempi e la strapotenza di
uno schieramento sonoro che allinea due chitarre, due tastiere e due batterie:
lasciano poco al silenzio e all’immaginazione, ma il loro bombardamento è
veramente a tappeto.
Tanto che le bizzarrie ultra pompate di una cover dark di Fever e una addirittura di Oh Happy Day (sì, quella delle
pubblicità del panettone a Natale…) sembrano quasi al loro posto naturale, in
questo regno di anabolizzati rockettari con capelli che arrivano alle ginocchia
e le Harley rombanti sotto il culo.
Un buon album per i fan del genere; una cover originale seppur
maldestramente illustrata, una label quantomeno remota: scambi ridotto all’osso
ma a prezzi non da vero capogiro. Oltre i 100 euro, sì, ma non più di 200.
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