Un altro tassello della tortuosa introduzione a US Hard Rock Underground... Troverete sempre tutto "ordinato" in questa pagina...
A differenza di quanto era successo appena cinque anni prima, al tempo
della British Invasion, alla fine degli anni 60 il rock americano si fece
trovare pronto alla nuova accelerazione imposta dal Regno Unito. Anzi, forte di
precursori di successo, poteva pure rivendicare la paternità dei suoni pesanti,
e non senza ragioni.
In California, area Los Angeles, operava un gruppo di esuli canadesi,
gli Steppenwolf, che avevano fatto
un centro clamoroso con Born To Be Wild,
brano che a cui pare si debba addirittura la paternità dell’espressione “Heavy
Metal”.
I like smoke and lightnin'
Heavy metal thunder
Racing in the wind
And the feeling that I'm under
Sempre a L.A. risiedevano da tempo gli Iron Butterfly, che smerciavano psichedelica pesante a buon mercato
e riff monocordi e pulsanti: In-A Gadda
Da Vida, n° 30 tra i singoli del 1968, fu il prototipo del “brano monstrum”.
Sulla costa est le star tra il ‘67 e il ‘68 furono i Vanilla Fudge: un indecifrabile
guazzabuglio di pop, acido e musica classica, la cui specialità era produrre
cover ipertrofiche e metalliche di canzonette da classifica. Nel mezzo, o
meglio nel mid-west, Detroit, con la sua scena pazzoide capitanata dagli MC5
protetti del guru John Sinclair, in cui power-chord, assoli ipetrofici e volumi
esasperati erano l’unica risposta musicale possibile ai moti di violenta
contestazione che agitavano il Michigan.
Il rock and roll ha dato il calcio d'inizio
al XXI secolo con 50 anni di anticipo, in tre minuti ha fatto il salto dall'era
meccanica a quella elettronica, a 45 giri al minuto, cristallizzando tutte le
nuove energie generate dall'incontro tra queste due mostruose tecnologie,
comprimendole nella forma più compatta, la più esplicita (e implosiva!), per
poi far esplodere quell'energia attraverso la radio in ogni angolo dell'America
per ritribalizzare i suoi ragazzi e trasformarli in qualcosa di sostanzialmente
diverso da quella razza che li aveva messi al mondo.
John Sinclair - Guitar army - Il '68
americano tra gioia, rock e rivoluzione
Su questa solida base si inserì l’hard rock ufficiale “Made in Usa”,
che generò gruppi di fama mondiale, di fama locale e… relitti underground.
Tra i grandi nomi bisognerà ricordare i Mountain, nati dall’incontro del bassista-produttore di Weels of
Fire, Felix Pappalardi, e il mastodontico chitarrista dei Vargrants, Leslie
West. Dopo un album solista dall’indicativo titolo Mountain (1969), il
sodalizio prosegue e il titolo diventa nome della band. Due album fortunati Climbing!
(1970) e Nantucket Sleighride (1971) ed una celebre apparizione a Woodstock.
Cream metallici in formato blindato.
A New York, dove da anni languivano nei vicoli di estati dell’amore
passate ad inseguire chimere, emergono grazie al visionario produttore Sandy Perlman
i Blue Oyster Cult. Additati subito
come risposta USA ai Black Sabbath, coniarono un heavy urbano e paranoico, tra
il b-movie e un innovativo occultismo da pub. Una trilogia di spessore
artistico notevole, Blue Öyster Cult (’72), Tyranny And Mutation (‘73) e Secret
Treaties (’74) poi il successone FM di (Don't
Fear) The Reaper (da Agents Of Fortune, 1976), una liaison con Stephen King
ed una lunghissima carriera. Heavy
Metal con un cervello.
Riding the underground, swimming in sweat
A rumble above and below, hey cop don't you
know?
The heat's on alright
The hot summer day didn't quit for the night
1277 express to heaven, speeding along like
dynamite
1277 express to heaven, rumbles the steel like
a dogfight
You caught me in it's spell
Trying to leave but you know darn well
The heat from below can burn your eyes out
La seconda generazione della rabbia del Michigan fu incarnata dai Grand Funk Railroad, gruppo organizzato
da un dj e produttore tuttofare, Terry Knight che trasformò il suo “The Pack”,
nelle stesse orbite acidule di Amboy Dukes e Frijid Pink, in una macchina da
guerra rock. Fu il gruppo più popolare d’America alla metà degli anni ‘70, con
album come: We're An American Band (1973) o Shinin' On (1974). Mica poco…
Ma per trovare personaggi forse ancora più interessanti bisogna
scavare, magari indagando tra coloro che
son sospesi a metà tra la Celebrità con lettera maiuscola, che porta donne
e soldoni, e lo sbattimento di costruirsi una reputazione anche solida, ma solo
provinciale, salvo poi, anni dopo, essere additati come misconosciuti
progenitori.
Nel Texas profondo scorrazzavano i Bloodrock, gruppo solido con discografia importante ma scarsa fama.
Un combo di classicissimo sound ’70 con Gibson, Ludwig, Hammond e Marshall e
accordi martellanti soprattutto nell’album d’esordio (Bloodrock, 1970) dove Melvin Laid An Egg fa concorrenza ad Iron Man come riff più stentoreo del
secolo. Spuntarono nelle parti basse della classifica con un brano splatter, D.O.A. (da Bloodrock 2, 1971) che
proponeva una cinematografica soggettiva dal punto di vista del moribondo.
I Captain Beyond, che
incidevano per la Capricorn Records della Allman Brothers Band, parevano dovere
essere una gloria sudista. In realtà erano un supergruppo in piena regola con
un cantante inglese già coi Deep Purple, Rod Evans, un batterista - autore
dalla lunga militanza assieme a Johnny Winter ed una coppia di fuoriusciti
degli iron Butterfly, Lee Dorman e Larry "Rhino" Reinhardt con la sua
spettacolare Stratocaster. Il loro fu un hard dalle tentazioni cosmiche, ben
riuscito soprattutto sul primo LP (omonimo, del 1972).
Nella stessa Detroit degli MC5 prima, dei Grand Funk poi, si erano
stabiliti anche i Funkadelic, una
comune all-black proveniente dalla
costa est che si giocò alla grande la carta dell’acido per un pubblico di Balck
Panther dell’etichetta Westbound. Eddie Hazel, la cui chitarra solista poteva,
nei momenti ispirati, ben rivaleggiare con Hendrix, fu un valore aggiunto al
loro già straripante potenziale. Free Your Mind And Your Ass Will Follow (1970)
era l’estremismo acido e spigoloso, Maggot Brain il successo del primo periodo.
Ma anche col nome di Parliament
facevano scintilla e il riff di Red Hot Mama
(un singolo del 1971) poteva fare impallidire qualunque Jimmy Page.
La James Gang di un
giovanissimo Joe Walsh era un tipico power-trio che fagocitava intuizioni di
Cream ed Experience per poi rigurgitare visioni acide e assoloni da outlaw del
vecchio west sostenuti da un batterista che poteva essere Keith Moon nel corpo
di Bob "The Bear" Hite dei Caned Heat. I 12 minuti di Stop (su Yer' Album, 1969) e la macchina
da guerra di The Bomber (su Rides
Again, 1970) valgono il prezzo degli album. La loro è una discografia lunga
(una decina di album negli anni ’70) in cui spicca anche il contributo di Tommy
Bolin.
Se il cantante Sammy Hagar non avesse avuto una proficua carriera
solista culminata con l’approdo nei Van Halen nel 1985, forse in pochi si
ricorderebbero dei Montrose
dell’omonimo chitarrista Ronnie, che si presero sì una fettina di celebrità con
il primo album (e la Bad Motor Scooter di Sammy…), ma
scomparvero presto dal giro importante.
Questa schiera di semilavorati fu la vera cerniera tra i dominatori
delle classifiche e le masse di studenti sbandati che suonavano heavy metal nei
garage di mezza America, ambendo ad una fetta di quella Gloria che sembrava essere
sempre lì a portata di mano, ma che andava coltivata con tanta perseveranza,
tanta tenacia e soprattutto tanta fortuna.
Il treno passa una volta sola e all’epoca furono in tanti a perderlo.
Sono loro gli Eroi che
costituiscono la spina dorsale delle raccolte di US Hard Rock Underground:
glorie locali, sfortunati migranti o semplicemente ventenni con il Sogno nel
cassetto e la chitarra sempre al massimo volume.
Playlist
Mountain – Mississippi Queen
Climbing! (1970)
Blue Oyster Cult
– The Red & The Black
Tyranny And Mutation
(1973)
Grand Funk Railroad –
In Need
Grand Funk (1969)
Ted Nugent -
Stranglehold
Ted Nugent (1975)
Bloodrock - Timepiece
Bloodrock (1970)
Captain Beyond - Raging River Of Fear
Captain Beyond (1972)
Funkadelic – Friday
Night, August 14th
Free Your Mind And
Your Ass Will Follow (1970)
James Gang – The
Bomber
Rides Again (1970)
Montrose - Bad Motor
Scooter
Montrose (1973)
3 commenti:
Leslie West forever.
Yesss!
This was lovelly to read
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