venerdì 24 febbraio 2012

Buffy Sainte-Marie - Hansel e Gretel nel bosco dei Beatnik


Buffy Sainte-Marie, la piccola nativa Cree che scese dal Canada con la chitarra in mano, sembrò una bizzarra proiezione dello spirito più anticonformista del Village di metà anni ’60. Troppo colorata per il rigore acustico di Dave Van Ronk, troppo sopra le righe per la lotta politica continua, troppo “indiana” per diventare manifesto della gioventù democratica che affollava le coffe houses.
Eppure, con un fascino mediano tra la Fata Morgana e l’antica sciamana indigena, Buffy si fece portatrice di uno stile originalissimo e colto come pochi. Un canto estroverso costruito su esagerazioni vocaliche e aperture lunghissime anche sulle consonanti, tenute, sospese, blandite, che rendono il canto espressionista e quasi grottesco, inserito per contrasto su una figura minuta e naif come la sua. Una vocalità unica al tempo che declina in folk gli esperimenti magnetici di Berio e Cathy Berberian, prodromo dei tentativi di estremisti quali Tim Buckley o Demetrio Stratos.



Sempre attenta ai fiori che si metteva nei capelli, raccontava tra le altre la favola “Cod’ine” dissertando sul famigerato alcaloide con la stessa acuta doppiezza con cui le fiabe descrivono la casa di Marzapane della dolce Strega di Hansel e Gretel: una squisitissima, irresistibile trappola. Una canzone che mette in guardia dalla codeina esponendone però con dovizia quasi farmaceutica gli strabilianti effetti: lo stordimento, la perdita di memoria, la perdita di sé. Irresistibile, appunto. Soprattutto se sottoposto alla continua lente deformante di una vocalità che piega e modella la materia attorno e sé e se ne infischia del “beat” che rallenta, accelera si ferma di nuovo a piacimento della cantante.
Per ironia, il brano diventerà un “Nugget” pregiato per decine di band californiane più o meno acide che declineranno a piacimento le allusioni sottili del testo, distorcendo quello che in origine pare un intento educativo eppure fin troppo esplicito.
E se alla fine tanto stordimento sonoro sembra impossibile con la sola voce e chitarra acustica, se il roteare, il cadere sotto l’effetto della codeina sembra il ricordo di un sogno recente, quei versi, ripetuti, insistenti -  it’s rrreeeaaalll, it’s reaallllllll – risuonano ancora come un monito sacrosanto, ma a cui è impossibile obbedire.



Buffy Sainte-Marie, the lil’ Cree native from Canada, who came down with a guitar in her hand, seemed a bizarre projection of the most unconventional Village’s spirit of mid 60s. Too colorful for the acoustic severity of Dave Van Ronk, too over the top for the perpetual political struggle, too "Indian" to become a manifesto of With Democratic Youth, which crowded the coffee houses.
Yet, with a median charm, between Fata Morgana and ancient indigenous shaman, Buffy became the bearer of an original style, literate how few. A singing built on hype outgoing long vowels, held, suspended, soothed, making the song expressionist and almost grotesque, inserted for contrast on a petite and naïve figure as her. A unique vocal style that declines in folk some magnetic experiments by Berio and Cathy Berberian, forerunner of the attempts of extremists such as Tim Buckley and Demetrio Stratos.
Always attentive to the flowers she wore in her hair, Buffy told, among others, the tale "Cod'ine" discoursing on the infamous alkaloid with the same acute duplicity with which the tales describe the “sweet-home” of the “Hansel and Gretel” Witch of: an exquisite, irresistible trap. A song that warns of codeine, exposing, however, with almost pharmaceutical accuracy the astonishing effects: the dizziness, memory loss, loss of self. Irresistible, in fact. Especially when subjected to the distorting lens of a “still voice” that bends both shapes and matter around her and does not care about the "beat" that slow, fast, stops again at will of the singer.
Ironically, the song will become a precious "Nugget" for dozens of Californian band more or less acid, which will decline at will the subtle allusions of the text, distorting what originally seems an attempt to educate, yet too explicit.
And if in the end so much stunning sound seems impossible with just voice and acoustic guitar, if the spinning, the fall under the effect of codeine seems the memory of a recent dream, the repeated, insistent verses - it's rrreeeaaalll, it's reaallllllll - still resonate as a warning sacrosanct, but still impossible to obey.





Buffy Sainte-Marie  - It's My Way! - Vanguard VSD-79142 US 1964








IMMAGINI

Odilon Redon – Ophélie dans les fleurs - circa 1905-8





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