“Categorie calviniane” applicate alla Popular Music - La Rapidità - Pt. 6
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Per concludere, ritornando in tema, due
ultimi riferimenti che da soli riassumono buona parte l’essenza della rapidità
nella musica commerciale; una canzone, It's
The End Of The World As We Know It (And I Feel Fine) dei R.E.M. e un intero
album, Highway 61 Revisited di Bob Dylan.
It's The End Of The World, da Document
(1987), è un tour de force di Micheal
Stipe che in quattro minuti galoppa tra immagini disparate, libere
associazioni, dissolvenze oniriche: la velocità del pensiero che arriva
rapidamente alla fine del mondo così come lo conosciamo; nessun trauma, è
un’Apocalisse morbida che si può anzi rilassare e distendere nell’immortale
chorus della canzone.
Six o'clock - TV hour. Don't get caught in foreign
towers.
Slash and burn, return, listen to yourself churn.
Locking in, uniforming, book burning, blood letting.
Every motive escalate. Automotive incinerate.
Light a candle, light a votive. Step down, step down.
Watch your heel crush, crushed. Uh-oh, this means no
fear cavalier.
Renegade steer clear! A tournament, a tournament, a
tournament of lies.
Offer me solutions, offer me alternatives and I decline.
Highway
61 Revisited rappresenta di per sé un’accelerazione
imponente rispetto alla maggior parte della musica pop del suo tempo:
rock-blues elettrico, aspro, brani anche lunghissimi, una forma-canzone che si
imbastardisce sempre di più con la poesia simbolista di Verlaine,
l’autobiografismo e il surrealismo: il primo vero Rock d’Autore. I testi ne
sono la testimonianza, a partire da quella Highway
61 Revisited con le sue scorribande autostradali a metà tra vecchio west,
blues d’epoca e poliziesco:
Sam said tell me quick man I got to run
Ol’ Howard just
pointed with his gun
And said that
way down on Highway 61
Su di un blues galoppante le domande si
susseguono ma la risposta è sempre quella: “sull’autostrada”, la nuova highway, elettrica, veloce dove si
rincorrono senza sosta i molteplici personaggi della canzone e differenti
esperienze di vita.
From
Buick 6 poi, in cui l’allegoria popolare di Robert Johnson
diventa simbolismo intellettualista.
Well, when the pipeline gets broken and I'm lost on the
river bridge
I'm all cracked up on the highway and in the water's
edge
Here she comes down the thruway ready to sew me up
with a thread
Well, if I go down dyin', you know she's bound to put
a blanket on my bed
Ancora grandi visioni stradali che sono
poi le stesse di Kerouac, aggiornate ad un tempo più modernista ed elettrico
che ha finalmente eletto la città ad unico habitat possibile per la razza
umana.
Tombstone
Blues infine, che è una sciarada continua e mozzafiato di
immagini che si susseguono per associazioni mentali o semantiche immediate,
realmente generate da un “automatismo psichico” come un corto di Luis Buñuel o
un collage di Ernst: 12 strofe, altrettante micro-storie ognuna ermeticamente coerente
in sé ma totalmente avulsa, rispetto ad
una comune esigenza di “verticalità”, dalle altre: ma la necessità di una trama
coerente e unitaria è solo una pigra abitudine dell’ascoltatore non certo una
regola per l’artista. La ritmica serratissima, la prima vera batteria consciamente
minimalista (Bobby Gregg non cambia MAI
il battito, né nella strofa, né nel ritornello nè nell’assolo) e le tirate di
Bloomfield che sembrano deragliare da un istante all’altro: tutto congiura per
riprodurre la stessa carica di un treno lanciato in corsa e senza freni. La
migliore rappresentazione in musica della velocità del pensiero, una quantità
evidentemente non misurabile.
Pare incredibile, e qui sta il fascino
del LP nel suo intero: che questo stesso album naufraghi alla fine nella
sonnolenta depressione di Desolation Row,
un moto perpetuo e immutabile in cui le chitarre acustiche e i personaggi della
canzone sono sospesi in frammento di Limbo in cui è il tempo ad essersi annullato,
lasciandoli vagare nell’angusto spazio di una strada senza uscita.
Per tentare un’evasione dallo strapotere
dell’orologio.
Wild sounds in the night
Angel siren voices.
The baying of great hounds.
Cars screaming thru gears
& shrieks
on the wild road
Where the tires skip & slide
into dangerous curves.
J. Morrison – Anatomy of Rock
NOTA:
Negli ultimi 60 anni, la musica popolare ha prodotto un’infinità di canzoni,
album, artisti e gruppi. Un oceano sterminato impossibile da censire in modo
esauriente. Quella qui proposta è una delle infinite rotte possibili in
quest’oceano, tracciata sulla base di una categoria, la rapidità, che sarà filo
conduttore all’articolo. Una delle migliaia di varianti possibili di questo
percorso che a sua volta è solo uno delle migliaia di percorsi possibili.
IMMAGINI
REM – Document (1987)
Bob Dylan - Positively 4th Street
(1965)
Salvator
Dalì - Orologio molle al momento della prima esplosione (1954)
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