Distretto di Kagoshima 24-09-2034
Il Colonnello mi ha mandato a chiamare. E’la solita storia. Eccolo
attorniato da quattro muti tirapiedi che lo guardano come fosse una subdivinità
cristiana, gli porgono documenti da firmare, gli mostrano grafici sullo schermo
di un tablet, gli servono un toast di pesce addobbandogli la tavola e
pulendogli la bocca. Le domande sono sempre le stesse.
“Dunque, soldato… Wayne Anderson. John Wayne Anderson. Le piace il
western?” Risate forzate.
“A mio padre, credo…”
“Ah...” stupori contenuti; silenzi umidi. Convenevoli militareschi imbarazzanti,
vorrei che una scimmia con la trombetta irrompesse nella stanza e facesse a
pezzi tutti con un machete.
“A quanto è dato sapere, soldato
Anderson, suo fratello era… aveva inclinazioni non regolari… lo può qui confermare?”
Aveva inclinazioni. Più sono
alti in grado meno riescono a pronunciare certe parole: omosessuale, frocio,
finocchio. Sì mio fratello se la faceva con i ragazzini di Riverband a
Yougstown, senza un partner fisso, e con aghi infilati un po’ ovunque. Era
fatto così. Non ho mai fatto nulla per cambiarlo. E non capisco cosa importi
all’esercito.
“Inoltre, da quanto sappiamo era un … faceva un importante uso di
sostanze...era…”
Drogato? Sì era sopratutto quello; poco prima di sparire pesava 47
chili, uno strano tipo di larva diafana che si nascondeva al buio se qualcuno
apriva una finestra nella stanza. Era osceno e inumano.
“Anche lei ha fatto uso di sostanze, signor Anderson?” Domanda
diretta.
Si interessano della famiglia e del passato di ogni soldato ma non gli
frega di quello che succede nella caserma. Ho visto decine di volte, coi miei
occhi, i Berretti Verdi più spavaldi farsi di Anadrol o Stenox fino ad averne
gli occhi iniettati come ghiandole velenifere; farsi infiltrazioni di Anaprox e
altri antidolorifici mischiati in un frullatore elettrico arrugginito; poi
giocare a spaccare vetri con la faccia o prendersi a mazzate sul petto, così,
tanto per fare a gara. Ma finchè questa deviazione riguarda la prestanza
fisica, il testosterone e lo sprezzo del dolore, lasciano correre. Dicono che
così si formano soldati migliori.
Ma quello che succede in famiglia, nelle case a Flint o Ann
Arbor, lontane migliaia di chilometri, su
quello si indaga; entrano nelle stanze, rovistano cassetti, fiutano tra la
biancheria sporca con quell’aria di saperla tanto lunga… sfiorano la polvere
sui mobili e sogghignano. Poi a qualcuno scivola una busta d’erba sotto il
materasso “Aaaah…e questo cos’è?” Sghignazzando.
La domanda finale è sempre la stessa, ogni volta che mi trasferiscono
in qualche angolo del Mondo occidentale; è sempre stata la stessa. E la
risposta già la sanno meglio di me, la conoscono bene ma vogliono solo vedere
come rispondo, vogliono il mio sguardo in quell’attimo.
“E’ vero che suo fratello è scomparso qualche settimana prima
dell’Avvento?”
Verissimo Signore, sissignore, proprio così. Ormai nemmeno ci faccio
caso, e anzi non ce ne ho mai fatto molto. Non pensavo che anche l’esercito
desse voce a certe dietrologie. Tanti gruppi di complottasti, i professionisti
democratici della cospirazione, se ne uscirono allora dicendo che centinaia di
tossici terminali erano spariti a pochi giorni dal Primo Contatto, un anno e
mezzo fa. Associarono l’uso di droga al virus, alla mutazione; pensavano che i
tossici fossero una specie di infiltrati nella società sana, pazienti zero, tentativi
abortiti di assimilazione.
Cazzate.
I tossici sono tossici, non sono esperimenti alieni per preparare
l’invasione.
Ad ogni modo era vero, anche mio fratello, come molto altri, era
scomparso nel mese che precedette il giorno dell’Avvento, 21 marzo 2033.
Il sergente mi viene a prendere nella camerata e insieme attraversiamo
il piazzale allagato dalla pioggia, verso la palazzina del Comando di Divisione.
C’è solo grigio attorno a noi; grigio nei muri, nel cemento.
The colors blind my eyes and my mind to all but
you.
Guardo in alto. Cerco la nuvola dei Jefferson Airplane, controllo se
il cielo è veramente verde, oggi.
Will the moon still hang in the sky when I die,
When I die, when I'm high, when I die?
Poi arriva la chitarra di Kaukonen che si impossessa del tutto della
mia testa. Mi rifugio un po’ nella mia storia di copertura. Guardo ancora in
alto, controllo se il cielo è veramente verde, oggi.
Oggi no. C’è solo grigio e continua a piovere.
Amardil-il-il-o-o-o!!!
Arriviamo nell’ufficio del colonnello; con lui tre inservienti
vagamente femminei, bianchi, forse polacchi,
dai capelli chiari, lisci. Uno sta davanti allo schermo, gli altri due
sono ai lati della scrivania con aria fintamente minacciosa. Il Colonnello è
senz’altro uno di quei vecchi militari cresciuti nelle basi mediorientali ai tempi
dell’Afghanistan; talmente retrogrado che non ha ancora imparato a sopportare i
negri nella sua caserma; deve conviverci, ma è più forte di lui. Fatica a guardarli
in faccia, non riesce quasi a parlarci; quando può gli assegna missioni
kamikaze, tanto per togliersene qualcuno dai piedi. Per fortuna che le donne
non fanno più parte dell’arma. Altrimenti per quelli come lui sarebbe stato
anche peggio: vecchi repressi senza famiglia al seguito, impazienti di
sperimentare il loro grado su soldatesse ispaniche che quasi non parlano
inglese. Quando arrivo sta sorseggiando un lungo caffè marrone da un bicchiere
di metallo portogli con deferenza dal suo attendente. Deglutisce a fatica,
emettendo piccoli singulti umidi.
Mi fissa per un poco, preferendo alla mio faccia le foto sulle mie
cartelle mediche e sul mio stato di servizio che ha sulla scrivania.
Ripasso le risposte sulla mia famiglia e mio fratello, mi preparo a
dire che “No, non sono gay; e no, non mi sono mai drogato”. Cerco di farlo
senza sghignazzare, mi succede spesso quando le domande sono così scontate.
“Dunque, soldato… Wayne Anderson…”
Ma questa volta sono io a sbagliarmi. Il copione è differente.
“Il suo nome è uscito per una proposta di incarico sotto copertura;
incarico di elevata importanza. E’ pronto ad accettare una missione?”
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