Aprite
le orecchie miei prodi, perchè oggi si parla di spirale.
Badate!
Non dell'ultimo baluardo del contraccettivismo maschilista retrò, ma dell'unica
spirale che conta per uno che si chiama Capitan Vinile: la “Vertigo Swirl”.
Molti
di voi già sapranno che l'etichetta Vertigo rappresenta la Mecca
definitiva del collezionismo di materiale musicale britannico. Il punto d’arrivo
per ogni feticista della plastica solcata; il lasciapassare per un drappello
aureo di pochi eletti.
Ma
perchè questa casa discografica è assurta a tali mistici vertici di venerazione
vinilica?
Tre
risposte, in ordine sparso:
1) Il
design della label: perfetto. Op-Art
pura, applicata al cerchio, fatta per ruotare, escogitata per girare su sé
stessa come un derviscio in estasi. Fattore determinante. E non venitemi a
raccontare che comunque il logo della Harvest era firmato da Roger Dean… Chi se
ne frega di Roger Dean?!
2) Alcuni
album precoci che al tempo stabilirono le coordinate per generi interi: Black Sabbath e Valentyne
Suite tra gli altri.
3) Una
buona dose di sopravalutazione di molto materiale prodotto nell’ epoca eroica
tra 1970 e l 1971. Ci fu un momento in cui la Vertigo fu addirittura avvezza
alle charts. Tanto che oggi è difficile capire se l'etichetta è mitica per
avere prodotto reliquie come Space Hymns (6360 046) o se questi stessi dischi
sono oggi mitici per essere stati all’epoca prodotti dalla Vertigo. Un effetto
rimbalzo che a volte genera veri mostri. Come Space Hymns.
La
Vertigo nasce nel 1969 da una costola della Philips. Era il periodo delle
emanazioni sottoboscose di giganti vegliardi come EMI e Decca, messi in crisi
dal proliferare di piccole label autonome che sparavano rock pazzoide e
trasgressivo: Immediate, Island, Reaction…
La
spiralona arrivò purtroppo con ritardo clamoroso sull’epoca dell’acido e anche
su qualche diretta concorrente come la Deram (di casa Decca), eppure si stabilì
immediatamente sul trono del Bosco Sacro come la divinità dei Greenslade.
La
sua mission: essere hip. All'epoca era tutto. Hip nella singola proposta,
hip nell’intero catalogo, hip nei titoli dei dischi, nelle illustrazioni di
copertina: praticamente tutte le stampe
inglesi sono in formato gatefold, apribili come un libro. Quelle che non lo
sono, sono clamorosi cartonati
scomponibili in pannelli ad apertura multipla che, piega dopo piega,
occuperanno tutta la stanza come una vela di trinchetto ammainata. Una di
quelle trovate che danno fama leggendaria al prodotto. Roba che manda in
visibilio il collezionista emotivo.
Oggi
i suoi giorni gloriosi sono genericamente associati al “rock progressivo” ma è
una semplificazione addirittura fastidiosa.
Quando
il un singolo dei Juicy Lucy, Who Do You
Love? (V1), formalmente il primo per la casa discografica, arrivò nella top
20, ci si chiedeva se non fosse la nuova Vanguard, con quella sfilza di cliché
blues-rock da pub di Newcastle.
La
realtà è che la Vertigo non aveva
affatto uno specifico genere di riferimento: si andava dall'hard rock
(Status Quo, May Blitz), all'heavy metal (Black Sabbath), al jazz rock (Nucleus),
al prog (Colosseum, Cressida, Graciuos) passando per blues, folk (Magna Carta) e
pop sofisticato (Manfred Mann).
L'unico
comune denominatore era l'underground, un valore trasversale, impalpabile all’atto
pratico, ma indispensabile.
Cosa
significa underground? Non so rispondervi; accontentatevi di “indipendenza
artistica”, ecletticità e bizzarria manifesta.
E
di quell’underground, oggi, i dischi Vertigo sono tutti, eccetto pochissime
eccezioni, mastodontici pezzi da collezione.
Di
produzione britannica ne esistono circa
un centinaio, 84 secondo i
bene informati. Una settantina a numerazione progressiva (da 6360 0001 a
6360 083), più i primi “magnifici 7” con sigla VO, che in realtà sono sei (ma anche Horst Buchholz non faceva parte
del gruppo, no?), più qualche numero irregolare.
Ottantaquattro.
Fine.
Numeri
tutto sommato abbordabili. Tanto che nel tempo si è plasmata una figura arcana,
spettrale: il “completista Vertigo”.
Questi
individui conducono l'esistenza appartata del killer seriale. Spendono cifre
mostruose per From Home To Home dei
Fairfield Parlour (6360 001), lasciando la famiglia sul lastrico ad ogni
acquisto. Le loro mogli sono comunemente in analisi, rose dalla depressione,
nei casi estremi addirittura alcolizzate; impegnate a crescere da sole figli
che raramente vedono il padre. Quella del completista Vertigo è una missione, o
meglio una vera vocazione dai caratteri di radicalismo mistico. Rientrano a
casa la sera, dopo gli straordinari. Lo sguardo perso. Si trastullano un po’
con la cover di Clear Blue Sky. Hanno sul volto tutta la vacuità di ha la
certezza che, comunque vada, mai sarà
in grado di entrare in possesso di Three Parts To My Soul (6360 048) di Dr. Z: vuole la
leggenda che all’epoca ne furono vendute non più di una decina di copie... 10
copie. Venderei di più io incidendo un album di rutti.
Ricordo
che da piccolo volevo essere uno di loro; tiravo la sottana della mamma, tutto
felice: "Mamma, sai, da grande sarò
un collezionista Vertigo!".
Fortunatamente
le mie scarsissime finanze mi hanno sempre tenuto al riparo dal gettarmi in questa
titanica impresa, e per ora ho conservato quel pizzico di lucidità che mi
impedisce di stringere debiti con finanziarie di strozzini legalizzati per
pagarmi qualche Gravy Train o Beggar's Opera.
Ma
non ho rinunciato del tutto al piacere di qualche boccone prelibato, caduto dal
piatto altrui, che spesso fa capolino nelle aste online (molto più raramente
nelle fiere in territorio italiano..).
Se
anche voi volete il vostro pizzico di vertiginosa gloria spiraliforme, i titoli
di stampa britannica più reperibili sono quasi obbligati. Uno su tutti: Piledriver degli Status
Quo (6360 082 penultimo delle serie “ufficiale”), che è forse l'unico LP che si
può trovare in condizioni accettabili sotto
i 20 euro. Se invece cercate un bell'album degli Status Quo… allora niente
da fare. No anzi, ripiegate sul periodo Pye, Ma Kelly's Greasy Spoon o magari Dog With Two
Head un bel titolo con una gatefold estremamente arancione ed un hard folk estremamente
interessante dentro. Ma non dimenticatevi nemmeno dell’oleografia psichedelica
di Picturesque Matchstickable Messages
from the Status Quo se volete fare un salto al patchouli nel mercatino dei
fricchettoni del sabato mattina.
Vi
confesso che ho sempre pensato che furono gli Status Quo ad ispirare This is
Spinal Tap!
Per
altre spirali britanniche a buon mercato ci sono un paio di uscite di un
derelitto Rod Stewart, e tutto sommato anche gli album dei Colosseum sono roba
popolare, con il surplus che Valentyne Suite (VO 1) è il primissimo prodotto della casa
discografica e forse anche il primo risultato nobile del progressive rock. Un
bel disco, maturo, complicato ma fluido; iper-tecnico ma appassionato. Mal che
vada scaricatelo, masterizzatelo e appiccicate sul CD il logo, ritagliandolo attentamente lungo i bordi.
Manovra questa che da risultati ancora migliori con pesi massimi come Freedom o
Ben.
Oppure
se proprio siete spilorci, ascoltatevelo in streaming da qualche parte, Spotify
dovrebbe averlo a gratis in una mega edizione espansa e rimasterizzata in
formato doppio CD. Basta disegnare a penna la spirale sullo schermo del computer…
Perché
dall'altra parte dello spettro stanno appunto quelle messianiche reliquie intrise
di mistero, timor di Dio e silenzio contemplativo. Stanno esposte in ostensione
come enormi pani sacri sugli altari dei più folli e tenaci. Alcune valutazioni
di partenza, così a braccio: Catapilla, 500 euro (che il mese scorso su E-Bay sono
diventati 2.319, oggetto poi misteriosamente “ritirato dalla vendita”…) ; Clear
Blue Sky, 200; Tudor Lodge, 500; Gravy Train 300; Ben, 500.
Chi,
in questa epoca di crisi, non spenderebbe un paio di migliaia di euro per 4 o 5
vinili?!
Nel
mezzo stanno tanti titoli, tanti gruppi, anche piuttosto celebri, dalle valutazioni
oscillanti ma spesso al rialzo ma magari non del tutto ipossibili. Mi
soffermerò solo su un paio di loro.
Dopo
l'avvento dell’mp3, del CD, di tutti i remaster, le “expanded” e le “gold” editions possibili, che i Black Sabbath incidessero
per la Vertigo pare oggi un segreto ben custodito. La loro parte la fanno anche
tutti quelli che contrabbandano le nerastre ristampe Nems di metà '70 come edizioni
britanniche originali; o le valanghe di LP smerciati dalla Warner negli Stati Uniti
come le prime espressioni discografiche di Iommi e Ozzy.
Bene,
sappiate che è falso.
Le uscite primigenie dei Black Sabbath furono
su Vertigo, label con spirale. I primi quattro dischi neanche sono
male; quattro tetri Vangeli per i credenti del Dio Metallo. Monotoni, noiosi
quel tanto che basta ad indurre ipnosi. A tratti anche bigotti e perfino
bacchettoni. Ma comunque potenti. Sono tra i vinili più scambiati e concupiti.
Discorso
analogo vale per gli Uriah Heep, un gruppo a tratti insipiente di cui ormai è
difficile perfino procurarsi qualche misera ristampa Bronze, quelle con etichetta
darwiniana. Anche per loro, tra il 1970 e il 1971, fu la spirale.
Ebbene,
ho dovuto frugare tra le rimanenze di un negozio belga per una stampa inglese
di Very 'eavy...Very 'umble (6360
006), un disco dalla fragilità musicale strabiliante, che ispira quasi un senso
di compassionevole pietà; ciò non di meno sottilmente affascinante. Non ho
vergogna di ammettere che, ad oggi, è il mio pezzo Vertigo più pregiato… il che
la dice lunga.
Non
che abbia smesso di cercare; anzi: è semplice costruire ricerche personalizzate
molto efficaci. Ogni tanto buttate un occhio anche voi! Potreste trovare la
copertina di Legend (rigorosamente senza il disco) o una copia di Asylum, dei Cressida, che dal settimo
minuto del lato A salta come una ranocchia d’estate.
O
magari qualche May Blitz a una ventina
di euro. Com'è possibile, dite? Facile: edizione tedesca.
La
Philips in effetti fu abile nel diffondere la spirale in mezza Europa libera al
di qua del Muro. Nonché in ampie parti di America Latina e Commonwealth oceanico.
In
Germania fu, seppur assai marginalmente, protagonista dell’ultima fase della
parabola “kraut” con derivati un po’degeneri (ma oggi ricercatissimi) come
Frumpy, Atlantiz, Odin e Lucifer’s Friends; ironia, l’ultima uscita
swirl britannica fu proprio un doppio che raccoglieva i primi due LP dei Kraftwerk, l’unico vero gruppo crauto
nel catalogo.
In
Italia il design rimase invariato fino alla metà degli anni '70, inglobando
uscite assai AOR di gruppi impronosticabili per gli aficionados del dark-hard-prog-undergound.
Per anni ho avuto una bella copia di Hair Of the Dog, il
capolavoro FM dei Nazareth, con spirale in bell’evidenza.
La
presenza della Vertigo sul mercato USA è un po’ come l’esistenza di tigri
siberiane nell’alto corso dell’Amur. Roba che va oltre il WWF. Furono
presumibilmente distribuiti una decina di titoli, tra cui i più ambiti sono gli
Lp dei Patto, che pur fregiandosi del noto logo, costano meno di un quinto
dell’equivalente britannico. Un buon ripiego. E un paio di bei dischi di power-blues
tostissimo.
Nel
Regno Unito la spirale scomparve dal centro degli LP assai presto, già
all'inizio del 1973. E' leggenda urbana piuttosto diffusa che fu il governo ad
obbligare la casa discografica a ritirare il suo simbolo dopo che alcuni
invasati avevano dato in escandescenza in seguito ad un’ osservazione
prolungata ed ossessiva del disegno in rotazione. Se volete sperimentare di
persona questa diceria, accomodatevi. E sappiatemi dire, mi raccomando!
Fu
la fine di un mito. E nessuno ne era a conoscenza…
Nonostante
il nuovo design fosse esplicitamente progressivo, con tanto di fluidi dischi
volanti acidi su sfondo verde, l'appeal misterico dell' Op-Art originale era
del tutto perduto.
E
in effetti anche la musica mica era più la stessa.
Anni
di metà decennio, trascorsi tra noie e apatie alla polvere bianca; e certo il
retaggio Vertigo non la favoriva come label d’elezione per il punk. In Inghilterra
finì per diventare l'etichetta preferita dell'Hard Rock più melodico e
radiofonico dell'isola, fino ad elargire un grosso contributo alla causa della
NWOBHM: Def Leppard, Dio, i sempiterni e fedelissimi Black Sabbath.
A
questo punto era già stata abbandonata qualunque pretesa di design “hip”: la
scritta VERTIGO era stampigliata su uno sfondo arancione, come
il numero sulla schiena di un calciatore stanco.
Siete
rimasti con l’amaro in bocca? Certo che un bel suicidio di massa nel 1972 di
impiegati, musicisti e tecnici persuasi di reincarnarsi come Ent sull’Isola di
Mu sarebbe stato più figo, eh?
Ma
la vita continua, e se a nome Velvet Underground è stato prodotto Sqeeze, lasciamo che anche la Vertigo
possa sguazzare nel mainstream più limpido e sterile.
Non
vi basta? Volete ancora di più? Cercate tutti i numeri di matrice esistenti di Acquiring The Taste dei Gentle Giant?
Bene, sappiate che esiste anche una pubblicazione monografica sull’avventura
della spirale: The Vertigo Swirl Label
di Ulrich Klatte. Peccato che anch’essa sia oggetto raro e dal costo importante.
Effetto
di prossimità?
Allora
tanto vale appiccicare loghi Vertigo su tutto quel vecchio scaffale in garage
di cui volete sbarazzarvi: potreste farne una bella plusvalenza!
Capitan
Vinile alza la puntina e vi saluta!
Capitan Vinile
PS: e a chi indovina da che album è tratto il
logo nella foto che apre il post, gli regalo la MIA copia di Piledriver! E’ una minaccia!
6 commenti:
C'è solo un capitano... un capitaaanooo...
Non avevo mai accomunato tutti questi dischi e, guardando bene, mi sa che diventerò ben presto anche io un completista vertigo.
Tra le altre cose la Vertigo ha pubblicato il disco più sottovalutato della storia della musica di sempre che è Seasons dei Magna Carta.
Un capolavoro assoluto.
NO!"Completista Vertigo" no!
La vita è così bella...))
io no
:)
Ho cercato di risolvere l'indovinello di Capitan Vinile usando lo "scan approfondito" di SHRC ma non credo di esserci riuscito.
In compenso ho fatto un viaggio in mondi che non osavo nemmeno lontanamente immaginare che esistessero.
Ti dico i 3 più probabili, anche se non coincidono completamente:
The Baker Gurvitz Army - same
Virgo - same
Magma - Köhntarkösz
Ahimè...niente da fare...
Però ottimo tentativo!
La risposta comunque arriverà via blog tra qualche giorno...
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