Artista: Negative Space
Titolo: Hard, Heavy, Mean And Evil
Anno: 1969
Label: Castle (NS1001)
Rob Russen:
guitar, vocal
Jimmy Moy:
guitar, vocal
Bob Rittner:
bass, vocal
Lou Nunziatta:
drums
The Calm After The
Storm
You 're All I Need
The Living Dead
Forbidden Fruit
Isolated Ivory Tower
Summertime
Hey Wall
The Long Hair
Il fascino ambiguo e a tratti irritante di un bootleg registrato nel
seminterrato umido di qualche pub della East-Coast; la stonatura, la
saturazione, l’improvvisazione totalmente disarmonica, anche qualche chitarra
scordata. Una certa cattiveria lessicale ed un titolo fantastico. I Negative
Space hanno in effetti pochissime frecce al loro arco, ma la distorsione, la
totale mancanza tanto d’armonia quanto di uno straccio di tempo condiviso li colloca
(casualmente) quasi ai limiti del “noise-post-tutto”
più rigoroso, anticonformista, grezzo, alcolizzato e cocainomane.
Un caotico agglomerato di dilettanti a metà tra Sir lord Baltimore,
Morgen e agonizzanti aborti di assoli sanguinolenti nell’idea di un Santana
spastico e autistico in Isolated Ivory
Tower e Hey Wall, mentre la
storpiatura per psichedelia snaturata di Summertime
(proprio quella!) si colloca direttamente in una pregevole estetica del brutto,
alla sezione physica curiosa:
Gershwin dilaniato nel backstage del più scalcagnato palco del New Jersey.
Il gruppo però sfugge al fascino degli opposti quando allenta la
pressione sugli amplificatori e si addormenta su pezzi lenti dalla melassa
sconfortante; in The Long Hair fa
capolino addirittura un abominevole flauto dolce, mentre il buon tentativo di
power-ballad sul riff di Purple Haze
in The Living Dead è zavorrato da un
canto allucinante.
The Calm After The Storm almeno
è violenta, ignorante, rumorosissima, perfettamente maschilista e con un verso
che potrebbe riassumere tutto il mondo di US Hard Rock Underground: Head for the horizon baby, follow the moon /
Today’s an endless highway, tonight a long long trail. E c’è pure l’assolo di batteria! Risolleva le
fortune dell’album anche l’isterismo marcio di Forbidden Fruit, un’amputazione stoner-punk devota al chunk-chunk-chunk chitarristico più
bieco e insipiente dai tempi del garage dei Sonics.
Fosse stato il ’77 avrebbero anche avuto qualche minima chance.
Album poverissimo dal punto di vista tecnico e melodico, vanta qualche
bel sound vintage ed un titolo ben migliore dei contenuti, che gli ha garantito
una pur minima fama tra i cultori.
La storia discografica è intricata e comincia con un’ uscita in vinile
in puro stile “do it yourself” del
1969, con due copertine alternative, una interamente bianca e l’altra nera
(pezzo raro, prezzi indicativamente oltre i 200$, ma scambi inesistenti…). A
questa uscita originaria dovrebbe seguire una ristampa in vinile sempre della
Castle nel 1984, questa volta con una bella cover ipnotica e op-art, bianca e
viola; 8 tracce, label nera. Venduta attorno ai 50 euro, che possono variare
assai in base allo stato del vinile.
Esistono anche edizioni in compact disc a cui ha messo ordine nel 2009
un’esagerata uscita Rockadrome (Rockoio V2) - di fatto riedizione di un vecchio
CD Monster a titolo The Living Dead Years - con tanto di 10 bonus comprendenti
inediti e b-side, per la maggior parte cover di hit dell’epoca da Light My Fire a The Pusher, e incisioni degli Snow, la futura band del chitarrista Rob
Russen: west coast non amplificata e affatto male. Completo ma esagerato.
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