Il Progressive, come lo insegnavano in Inghilterra, è un
genere rassicurante.
Parla di cose meravigliose e sgargianti: favole medievali,
allegorie e leggende, mondi sognati di troll e fate.
Rifugge l'attualità, la
vita di strada, il quotidiano e i suoi mille problemi. Preferisce il Silmarillion
a On the Road. Dungeons & Dragons al football.
E' certo un genere
colto; mica solo i soliti due accordi di Johnny Be Good, ma sinfonie in più movimenti. Cita Beethoven, Musorgskij,
Šostakovič, Grieg. I suoi interpreti sono raffinati
solisti e non ragazzotti scapestrati che suonano nei garage di Seattle.
Un album prog è un ascolto ponderoso, come un libro di
Tolkien. Quando compri Yessong sai che potrà occuparti giorni interi prima di
riuscire a possederlo del tutto. Non
come un disco dei Ramones che dura si e no mezz'ora, che non ha nulla da
spiegare e che alla fine ti lascia la voglia, l’esigenza di averne ancora,
ancora un altro. Come una dose...
Il Progressive è un genere rassicurante. Preferisce il controllo al caos; cura la forma, ama
l'eleganza e l'araldica. E' un genere idealista, crede nella possibilità di
mondi perfetti. Ama i grandi uomini; le grandi imprese e le grandi storie.
Un genere – giova comunque ricordarlo - che ha dato alla
storia della musica popolare capolavori assoluti: In the Court of the Crimson
King, Pawn Hearts, Closet o the Edge…
E' veramente Rock?
E il fan del prog ascolta anche i Clash o preferisce Rachmaninov?
Chi è il fan del
progressive? Chi è il musicista prog?
Un anarchico utopista che crede nella possibilità di una
società perfetta o un conservatore che ambisce al controllo e alla giustizia ad
ogni costo?
Un idealista che crede nella fantasia al potere, che si batte
per un mondo nuovo, o un elitario che ha mal digerito i moti del ‘68 e si
rintana in un mondo di sogno per fuggire da un’attualità, anche politica, che
non gli appartiene?
Chi è il fan del Progressive?
Non mi ritengo un grande appassionato, ma mi ci metterei
dentro comunque. Almeno credo.
Piersandro Pallavicini traccia l'identikit di questa bizzarra
tipologia rockettara attraverso le pagine del piccolo saggio Quei
bravi ragazzi del rock progressivo.
Quindi orecchie aperte: le prossime righe potrebbero parlare
anche di voi…
Alla fine degli anni ‘70, un
numero sorprendentemente grande di adolescenti fece una scelta a prima vista
incomprensibile: dopo l’esplosione punk, in piena new wave, alle soglie
dell’edonismo new romantic e di tutto il movimentismo pop anni ’8o, questi
ragazzi decisero di muoversi
controcorrente e concentrare le proprie passioni su quanto veniva ritenuto,
in quel momento, più fuorimoda e obsoleto.
Cioè il Rock Progressivo e tutto
l’annesso paraphernalia di fiabe crudeli, musicisti in costumi medievali,
concerti faraonici a base di eclatanti trucchi scenici, copertine fantasy
pluriapribili, supergruppi, super rarità discografiche, chitarre a doppio
manico, batteristi con doppia batteria, tripli album e cofanetti quadrupli.
Fu una vera «controrivoluzione», innescata dalla nostalgia per qualcosa di
grandioso e ormai passato che questi ragazzi, non avevano avuto il tempo di
vivere... o piuttosto la scelta un po’
codarda dei soliti adolescenti “timidi e introversi” che non avevano il
coraggio di uscire dal cocoon familiare e affrontare cambiamenti, movimenti e
scossoni epocali?
Qualunque sia il responso, è
arrivato il momento di portare finalmente allo scoperto le passioni, le manie e
perché no le gesta (tra il folle e il ridicolo) di questo vasto movimento
sotterraneo, di questo circuito di “ragazzi qualunque”, fedelissimi ai propri
idoli musicali ma cosi imbarazzati nel confessare ai propri coetanei che loro,
agli Style Council piuttosto che agli Smiths, preferivano qualcosa di piu’…
come dire... impegnato. Che preferivano i Genesis, magari, se non i Jethro
Tull. O, nei casi più disperati, i Gentle Giant e perfino i Van Der Graaf
Generator!
Formeranno, questi futuri maniaci
del rock progressivo, un gruppo di
ragazzi omogeneo ma assai anonimo. Autenticamente sotterraneo. Per anni non
si faranno sentire e ascolteranno musica nelle loro camere, disertando quei
veri e propri riti collettivi di passaggio dai ‘70 agli ’8o che sono concerti
epocali come quello di Patti Smith a Correggio piuttosto che dei Police a
Milano.
Non si vestiranno da new wavers
ma neanche, tantomeno, da fricchettoni seventies. Si attaccheranno al proprio buon rendimento scolastico, alla
solidità della propria famiglia, alla certezza del proprio intramontabile
abbigliamento (a base di camicie classiche e golfini) e, soprattutto, al
ripetuto, ossessivo ascolto del loro ultimo, fantastico acquisto di qualche
vecchia band progressiva…
...Forse perché non ne avrebbero voluto sapere del resto della loro generazione,
consapevoli che vivere, come gli altri, la propria vita come un “assoluto
avventuroso” avrebbe portato a un cupo orizzonte di disastri e morti premature.
Oppure, più semplicemente, perché troppo abitudinari o schivi per
buttarsi nella mischia, fosse quella del movimentismo di cui si è appena
scritto o quella della nascente massa godereccia dei “discotecari”.
Fatto sta che si infatueranno
proprio del genere musicale più astratto
e avulso dalla realtà che quarant’anni di storia del rock hanno saputo
produrre! Appassionandosi in particolare a quegli aspetti del rock
progressivo che prescindono dal background comunque
giovanilistico—ribellistico, cui era imparentata, bene o male, la musica degli
anni ’7o. Dunque poco interesse per il mito legato alla cultura della droga o
alla vita sulla strada e tanto invece per certe polverose abitudini cosi inglesi, tanto che il tè
durante le prove del pomeriggio diventerà un vero rito, per i gruppi new
progressive a venire.
Passeranno anni solitari, spesso compiacendosi nel sentirsi dei Don Chisciotte
della musica rock e altrettanto spesso ignorando l'esistenza delle
tantissime anime, italiane ed europee, progressive come la loro. Vivranno però
la loro passione con caparbietà e serietà tali da costruire quella rete di
rapporti prima solo interpersonale e poi pubblica (nella forma di fanzines,
club, raduni e concerti) che avrebbe portato alle nuova ondata progressiva
degli anni '80 e finalmente alla rinascita del genere. Con nuove band, nuovi
dischi e nuovi stili.
10 commenti:
lo rispetto ma non lo amo.
Interessante l'articolo. A me la corrente prog, soprattutto quella di fine '60 piace parecchio anche se non ne conosco tutti i gruppi, tutti i dischi e tutti i risvolti. Iniziai a interessarmene parecchi anni fa in seguito a un articolo molto ben sviluppato che lessi su qualche rivista specializzata, ne ricavai consigli che mi portarono a album fantastici. Giusto in questi giorni mi sono riascoltato diverse volte To our children's children's children scrivendoci sopra anche due parole.
Minch..Lo amo tantissimo!!! Come si puo' fare a meno dei King Crimson, I Genesis, gli Yes, i Gentle Giant, i Gong, E.L.P,e tanti altri? Eppure in questo momento alle cuffie ho Al Kooper e Bloomfield che mi stanno stordendo di blues. Penso che a volte che il tipo di musica che ascolti dipende dal momento che stai vivendo, non da una questione di appartenenza, o almeno,dovrebbe essere così.
A parte quello scrivo io, ben poco rispetto alle interessanti questioni che poni e sulle quali verrò a riflettere, sono convinto che anche il tuo post, come il prog, deve essere ben digerito e non si risolve nel giro di qualche commento...Ottimo, complimenti Evil.
Lo spunto è nato dall'articolo su Nipponjin e dai commenti connessi
http://theevilmonkeysrecords.blogspot.it/2013/03/far-east-family-band-nipponjin.html/
Poi il post di Vlad sugli Janus è stato ulteriore stimolo;
http://isle-of-noises.blogspot.it/2013/03/fascisti-ma-progressivi-janus-1976-1981.html/
la tentazione di farne una questione (anche) politica c'era...
Detto ciò, bisogna riconoscerlo, qui c'è grande musica In the Court... Pawn Hearts, Fragile, pur se qualcosa ancora sul prog non mi torna. Ma già a partire dalle confezioni dei dischi, è un genere esteticamente fantastico, magari freddino, ma fantastico, ti ci puoi buttare dentro del tutto. Da questo punto di vista credo che, psicologicamente, sociologicamente, l'eredità di questi album l'abbia raccolta il "Metal Classico".
Resta il fatto che se ascolto i primi album degli Stones... nulla da fare sono due mondi che non si parlano e non sto qui a fare gerarchie; rilevo solo che NON si parlano.
A proposito, perdonerete l'autopromozione, ma se vi piacciono gli Stones non perdete il prossimo bollettino di Capitan Vinile!
Ciao Ragazzi!
Evil, i link non funzionano..
pos...uno / di troppo!!
http://isle-of-noises.blogspot.it/2013/03/fascisti-ma-progressivi-janus-1976-1981.html
http://theevilmonkeysrecords.blogspot.it/2013/03/far-east-family-band-nipponjin.html
Thanks... e auguriii!!
Perfetto, ora funzionano.Il tuo post lo conoscevo, quello di Vlad, no.Non approvo l'equazione fruitori,esecutori prog= fascisti. Pero' voglio approfondire sia il suo che il tuo discorso che trovo molto interessanti...
Per ora cari auguri!
Negli anni Sessanta-Settanta il progressive si sviluppava dall'impegno militante di sinistra, socialista o anarchico, e, in minor misura, di destra, ma sempre "contro" (Henry Cow, Wyatt, Soft Machine, i gruppi riuniti in Rock in Opposition, molti giapponesi e nordici ..., i Gong, parecchio zeuhl francese ...). La derubricazione in escapismo (sino alle stucchevolezze prog-metal-fantasy) è avvenuta nella seconda metà dei Settanta e non è stata propria del progressive, ma della società tutta.
Si è passati dalla celebrazione dell'utopia alla celebrazione dell'irrealtà e al disimpegno registrando lo spirito del tempo.
Non ho nessun dubbio: io faccio parte dei bravi ragazzi del rock progressivo :)
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