Nel 1972 Italo Clavino, scrivendo Le Città Invisibili, immaginava “una
serie di relazioni di viaggio che Marco polo fa a Kublai Kan imperatore dei
tartari”. Un imperatore melanconico, avendo compreso che il suo vastissimo
impero ed il suo sterminato potere contano poco in un mondo in rovina; un
imperatore a cui l’ardito viaggiatore espone con minuzia e precisione racconti incredibili
di città impossibili, ciò non di meno plausibili e piene di significati.
Allo stesso modo mi immagino la grande redazione di un vecchio e
stanco giornale musicale cartaceo; quasi la sala di un museo nell’epoca del
dominio di Internet. Qui, un ultimo redattore cerca materiale per un articolo
che presenti il Rock in maniera nuova, descrivendo album sconosciuti ed
illuminanti, rivedendo categorie e graduatorie, scoprendo nuovi nomi e titoli
diversi.
Missione impossibile nei tempi di Google, in cui ogni appassionato conosce
già la musica prima di ascoltare il disco, o di accendere lo smartphone visto che ormai i dischi non
esistono nemmeno più.
Per svolgere tale incarico, dà mandato al suo migliore recensore di
andare in giro per negozi e concerti e riportagli indietro una lista di novità
e riscoperte che avrebbero composto l’ennesimo nuovo numero della rivista.
Se il giornalista non fosse riuscito nell’intento, avrebbe perso il
posto di lavoro e, con tutta probabilità, la redazione avrebbe chiuso i
battenti.
Dopo settimane di indagini e di ascolti, l’impavido recensore si rende
conto che nulla di nuovo c’è da aggiungere, che tutti i grandi dischi sono già
stati sezionati, ascoltati, giudicati ed archiviati; che la musica Rock (ed i
suoi agiografi…) non fa che ripetere sé stessa all’infinto, nella fondata
speranza di estorcere qualche saldo ai gonzi appassionati.
Rientra in redazione, pronto a subire le conseguenze del suo
fallimento.
Ma in un estremo moto di orgoglio ed inventiva, presenta al redattore
una dottissima serie di resoconti di meravigliosi e sconosciuti album, prodotti
da band altrettanto ignote.
Tutto frutto della sua fantasia.
Originato da un collage di ascolti noti, smontati e rimontati un pezzo
alla volta a formare ibridi improbabili come nel Bestiario di Borges.
Sarà sufficiente a salvare il posto di lavoro?
Ecco allora i 25 dischi fondamentali del Rock invisibile.
Ordinati non cronologicamente, né tanto meno per tipologia, non
tenendo minimamente conto dei “generi tradizionali” (punk, progressive, grunge…),
ma piuttosto organizzati per categorie che cercano una mediazione tra musica e
orecchio. Tra musicista ed ascoltatore. Una nuova classificazione (album
e orecchie, album
e memoria…) che mette al centro l’esperienza di ascolto e non pretende
di essere descrizione dell’esteriorità, quanto introspezione soggettiva e
relativissima.
Kublai Khan non salvò il suo impero, né forse il redattore la sua
rivista.
Ma riuscire ad abbandonarsi alla fantasia rende la fine molto più
dolce.
2 commenti:
Stuzzicante, "wit" e divertente. Ma i 25 dischi? Già scritti? Da scrivere? ;-)
Alcuni già scritti, oltre 1 anno fa, non tutti le categorie già scritte, come pure la prima introduzione. Questa appunto la II.
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