“Categorie calviniane” applicate alla Popular Music - La
Rapidità - Pt. 2
La vita è una corsa a due contro la Morte,
che va condotta rapidamente a gas spalancato; questo apparente non-senso ha
però radici profonde nella tradizione popolare. Di nuovo Robert Johnson, già
cantore della vecchia Terraplane, che con Me
and the Devil Blues si augura che il suo corpo possa essere sepolto sul
ciglio dell’autostrada per da modo al suo spirito di prenedere un Greyhound bus
and ride:
You may bury my body
down by the highway side
So my old evil spirit
can catch a Greyhound bus and ride
Come la Maybellene di Barry che rilegge
la vecchia Terraplane, anche Me and the Devil,
trapiantata negli anni 50 da Gene Vincent,
diventa una vera e propria corsa contro il Demonio, laddove invece Johnson e il
maligno camminavano tranquillamente fianco a fianco:
Well I've led an evil life, so they say
But I'll hide from the devil on judgement day, I said
Move, hot-rod, move man!
Move, hot-rod, move man!
Move hot-rod, move me on down the the line.
(Gene
Vincent – Me and The
Devil)
Tutto questo lessico che già nei
primissimi anni ’60 è terreno comune di molto Rock n’ Roll, si trasforma da
essere solo un orizzonte letterario ad un vero e proprio comandamento di vita.
In molti casi carriere inaspettatamente lunghe riducono lo slogan a clichè:
curioso sentire Daltrey cantare My
Generation ancora oggi a 60 suonati... Ma in altri casi la vita e la
carriera dell’artista coincidono a perfezione con un immaginario a tutta
velocità.
Parabole artistiche di vertiginosa
pendenza, che passano come sulle montagne russe: giovanissimi, presto famosi,
prestissimo idolatrati, ma presto poi dimenticati, a volte anche rapidamente
morti. Ciò non toglie che pur nella rapidità delle loro vicende umane, alcuni di
questi personaggi abbiano lasciato tracce indelebili e contributi culturali
anche rilevanti pur in tempi molto stretti. Il Punk più di tutti ha elevato
questo stile a vera filosofia di vita.
Antesignano a volte misconosciuto di
certi campioni di velocità fu Eddie Cochran,
rocker di mezzo tra due generazioni, buon amico di Gene Vincent e apparentemente destinato a clamorosi
successi. Dopo una gavetta nel circuito hillibilly con il fratello, arriva alla
notorietà nel Settembre del ‘58 con Summertime
Blues un hit “generazionale” imponente; il successo è replicato a pochi
mesi di distanza da C’mon Everybody e Something Else: in appena un anno è,
assieme a Buddy Holly, il giovane più promettente della scena. Ma, ahimè, Eddie
condivide con Buddy un altro aspetto ben più drammatico: entrambi morirono
giovanissimi in tragiche circostanze, Holly in un incidente aereo (assieme a
Richie Valens e Big Bopper) Cochran in auto mentre era in tour in Inghilterra, occasione
in cui rimase gravemente ferito anche l’amico Vincent. Sono le prime grandi
tragedie pubbliche del Rock’n’Roll; eppure, se quella di Holly apparve come una
tragica fatalità, l’incidente automobilistico del ribelle Cochran fu la prima
vera e tangibile trasposizione nell’immaginario Rock del mito di James Dean. Il
bello-dannato che muore viaggiando a folle velocità nel buio.
Son you gotta make some money
If you want to use the car to go ridin' next Sunday
(Eddie
Cochran – Summertime Blues)
Hey, look a-there, across the street
there's a car made just for me
to own that car would be a luxery
(Eddie Cochran – Something Else)
Lo stile chitarristico puramente
ritmico, percussivo, le canzone brevi, prive di virtuosismi ma arricchite da un
clapping continuo e incalzante furono una fonte di ispirazione costante negli
anni seguenti per svariati gruppi come Johnny Kidd and the Pirates, gli Who e i
Sex Pistols. Proprio gli headliner del punk britannico, nello specifico il sedicente
bassista Sid Vicious, avevano in repertorio ben due delle hit di Cochran, Something
Else e C’mon Everybody, non un caso.
In effetti il punk era per buona parte
il risultato di schitarrate monocordi condensate in brani di due minuti,
cantate a squarciagola da un gruppo che doveva apparire il più trasgressivo
possibile; questa apparente banalità (non era altro che la regola del primitivo
rock’n’roll degli anni ‘50) arrivò come un fulmine nella languente scena
britannica di metà ’70s quando il brano medio era una suite in più parti di
circa 30 minuti. I Pistols, nello stesso tempo, salivano sul palco, eseguivano
4-5 pezzi e poi si tuffavano nella rissa che immancabilmente scoppiava nel
locale; 23 minuti esatti… Ma c’è di più: l’intero arco dell’esistenza
“discografica” del gruppo si misura in circa 12 mesi, dalla pubblicazione di Anarchy in the U.K. a quella di Never Mind The Bollock, dopo la quale,
con un disastroso tour americano alle spalle e l’abbandono di Johnny Rotten, il
gruppo di fatto cessò di esistere. Sid
Vicius, lo spiantato tossicomane unitosi alla band in un secondo momento
prendendo il posto di Glen Matlock, è oggi venerato come un’icona del punk ma
restò sulla breccia per non più di 18 mesi dall’ingresso in gruppo al fattaccio
dell’Ottobre 1978 quando fu accusato dell’omicidio della compagna di siringa Nancy
Spungen: tutta una carriera condensata in un anno e mezzo e senza farsi mancare
nulla: sesso, droga, Rock n’ Roll. Se oggi è noto che Sid fu solo un eroinomane
irrecuperabile, un disadattato con gravi turbe mentali, nonché un violento, un
attaccabrighe, un essere facilmente manipolabile, è anche vero che qualche apparizione
mediatica azzeccata lo rese una celebrità internazionale. Nick Kent, il celebre
critico del New Musical Express che, a suo modo, ebbe parte nell’origine dei
Pistols è lapidario nel giudizio su Sid & Nancy:
“Sid poteva forse avere un certo fascino da
imbranato quando era presente a se stesso, ma non prendiamoci in giro: erano
due persone assolutamente sgradevoli che guastavano qualunque cosa su cui
mettevano le mani. Avevano vent’anni appena e già potevi sentire su di loro il
tanfo della morte. Non è qualcosa su cui vale la pena di fare del romanticismo
trent’anni dopo”
(Nick
Kent – Apathy for the Devil)
Non da meno il giudizio di Gary Herman
in “Rock Babilonia”:
“Essere
eroinomane (o apparire tale), secondo questa concezione, equivale ad acquisire
credenziali artistiche. Questa ipotesi ha fatto morire John Simon Ritchie
quando arrivò a credere di essere Sid Vicious, la stella, e non semplicemente
un ragazzotto illuso che aveva fatto fortuna con la satira del rock’n'roll più
freddamente architettata che sia mai esistita: nessun divo ha mai seguito una
carriera così insulsa, né incontrato una morte così violenta e allo stesso
tempo cosi poco sorprendente, ed è probabile che nessuno mai vi riuscirà in
futuro.
Reclutato
nei Sex Pistols per la sua immagine di punk violento e scatenato, Sid Vicious,
si lasciò imbambolare dalle esagerazioni della pubblicità. («Credeva nella sua
pubblicità», disse di lui Johnny Rotten. «Si faceva chiamare Vicious — cattivo
— perché era un perfetto coglione.») Quando i Pistols si divisero, Sid era
soltanto una celebrità con nient’altro da offrire tranne il mito del suo vacuo
successo. Trovandosi a Londra alla deriva, senza nessuno scopo nella vita, Sid
venne agganciato da una groupie americana, Nancy Spungen."
IMMAGINI
Edward
Hopper - Gas - 1940
Greyhound Bus Lines - Locandina – 1972
Robert Johnson – Me and the Devil
Blues
Giacomo Balla - Velocità d'automobile (Velocità n. 1) 1913
Sid Vicious
e Nancy
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