Come inventare il punk senza dirlo a nessuno
Sul
versante più strettamente musicale, le caratteristiche del gruppo sono
esplicite se si pensa ai “padri spirituali” scelti dalla band: sul lato “ritmico”
e stilistico, i vecchi divi del rock n’roll: Berry, Lee Lewis e soprattutto la
voce di Little Richards (uno degli eroi di Roslie); i Wailers, e la scena del
Nord-Ovest tutta, per quanto riguarda il “sound”, l’atteggiamento e la
produzione; poi i Kinks di Ray Davies (per cui i Sonics apriranno qualche
concerto), ultima novità del 1964 e insospettabilmente i più scalmanati alfieri
della “British Invasion” in USA, autori di alcuni brani che li identificheranno
negli anni - loro malgrado? - con un certo tipo di musica “alternativa” (Come On Now e All the day and All the night nonché la celebre You really got me). Da tali nomi risulta
evidente come quella dei Sonics sia stata un’avventura puramente musicale, o
meglio “sonora”. Mancano del tutto: la contestazione politica, il nichilismo,
l’alienazione umana e la provocazione attribuiti al punk inglese del 1977 (ma
già in parte negati ai Ramones); sbaglia chi cerca nel gruppo di Tacoma queste
caratteristiche, le quali necessitavano di un contesto sociale ben diverso, che
covava in Gran Bretagna già dall’inizio dei ’70 e che puntualmente ha trovato
eco nella musica (rimossa) dell’underground del periodo (Deviants – Pink
Fairies – Third World War).
I
primi due album Here are the sonics
(1965) e Boom (1966), sono un unico,
continuo assalto musicale diviso in due tempi; sul secondo si aggiungono anche
i decibel dell’organo di Roslie che sembra quasi fare il verso agli intrecci
blues degli Animals di Burdon e Price: come intagliare statuette in legno massello
con la motosega, salvo che quest’ultima farebbe meno rumore dei 5 di Tacoma. I
brani sono facilmente riconducibili ad alcuni “tipi” ben precisi: le cover dei
vecchi successi dei “Padri del rock n’ roll” (Good Golly Miss Molly, Roll Over
Beethoven, Jenny, Jenny), resi con deferente passione; la
trasfigurazione di più recenti hits del Rn’B (da Do You Love me dei Conturnes a Let
the Good Time Rolls, da Money a Walkin' the
Dog di Rufus Thomas) di cui resta la carica interpretativa, privata
però dello swing in favore dell’approccio quasi punk di cui già si è detto; ma
soprattutto gli originali del gruppo, a firma Roslie, protagonisti dei primi
singoli e ormai brani mitici sin dai titoli: The Witch, Boss Hoss, Psycho,
Cinderella, The Hustler … Eccetto Since I Fell for You, su
Boom, nessuna traccia dura più di 3 minuti, la maggior parte non arriva ai 2 e
mezzo; brevissimi, incisivi e stonati gli sporadici assoli di Parypa alla
Epiphone e di Lind al sax tenore. Nessun tipo di intromissione acustica o
tantomeno elettronica, va da sé.
Completarono
il 1965 alcuni brani “natalizi”, come era in voga all’epoca, tra cui spiccano: Don't
believe in Christmas (bel titolo per una canzone di Natale) e
soprattutto The village idiot, una
balorda parodia di Jingle Bells, biascicata da un coretto di ubriachi, che se
non fosse il parto di teenager devianti potrebbe essere solo una tirata
antimusicale di Frank Zappa; questi brani comparvero su Merry christmas with the Wailers, The Sonics, The Galaxies (ETALB
025), compilation natalizia della Etiquette Records.
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