Isola di Taiwan - Comando 4° MSIG,Divisione Guerra Psicologica - 27-09-2034
Vedete, tra gli Shilluk del Nilo Bianco, il Grande Sacerdote è la figura
più importante del regno; l’unico a sapere, l’unico che interpreta i segni del
cielo e conosce le stelle. Porta sempre una maschera di legno colorata di porpora;
nessuno conosce il suo vero volto. E’ lui che può decidere della successione al
trono: non appena il Re da i primi segni di cedimento fisico, ad un cenno del
suo braccio, è il popolo stesso ad incatenare il sovrano e farlo a pezzi
pubblicamente. Eppure, formalmente, non ha poteri. Nessuno è tenuto ad eseguire
il suo volere, ed anzi egli stesso parla assai di rado. Ma su di lui si basa il
fondamento più profondo del regno: la ciclicità del tempo; la trasmissione del
sapere”.
Neanche ce ne accorgiamo ma stiamo camminando lentamente lungo un arioso
corridoio di vetrate con scheletri d’acciaio a strapiombo su Shishang Road e tutto
il suo rombare di luci. Dietro, Miss Sun ci segue; discreta, silenziosa. In
un’altra occasione non le avrei staccato gli occhi da dosso; sangue misto,
tratti indefinibili; uno sguardo oltre il malizioso. Ora, semplicemente, non me
ne frega nulla.
“Così abbiamo ceduto quella meravigliosa Blue Lady ai gruppi di
separatisti Curdi e Azeri con cui eravamo in contatto da anni.” Si fermò,
girandosi di scatto verso di noi “Ma ci tengo a precisare signori che né io, né
il mio Ufficio e tantomeno il Governo del nostro beneamato Paese nulla, nulla
ci hanno guadagnato da questa, diciamo, transazione. Noi non siamo volgari
spacciatori, vero? E lei signor Anderson dovrebbe comprenderlo meglio di
altri…”.
“Fu un peccato non poter prevedere nel dettaglio gli effetti che
quella nuova sostanza ebbe sulle giovani generazioni iraniane; quella del 2010
in particolare, che di fatto fu la leva a cui ci attaccammo per tutte le azioni
più eclatanti. Ma dobbiamo pur ammettere che certe previsioni stanno tutte
quante nella sfera di un numero esponenziale di probabilità e variabili. Una
sfera di caos insondabile”. Crowley guardava in alto, come ripescando da una
memoria che trasudava dalla pelle.
“Certo, ci sono stati… eccessi. E chi pensava che la cellula di Shahreza
avrebbe distrutto la moschea di Ishfan a colpi di piccone? O che nel nord quel
gruppo di Ahwazi in piena crisi d’astinenza facesse esplodere a suon di
dinamite l’intero ospedale di Tabriz solo per raccattare qualche scatola di Dolophine?
Sono quelli che i miei colleghi in divisa si divertono a chiamare danni collaterali. In realtà sono azioni
che fanno parte di un piano più ampio”. Un lungo silenzio; immobile. Di nuovo Garner
cerca di intervenire; invano.
“Ma voglio che sappiate che l’esercito americano non ha fatto vittime
in tutta quella faccenda; tantomeno tra i civili; hanno fatto tutto da soli. I Navy
Seal sono intervenuti solo con compiti di rifinitura e di retroguardia. Nel
Kavir centrale hanno portato in salvo un gruppo di rarissimi ghepardi asiatici”.
“…ghepardi signore?”.
“Hanno portato in salvo molti altri animali; significa preservare la biodiversità. Ai senatori
piace di tanto in tanto varare qualche “Programma Arca” che culmina con le foto
degli interessati circondati da qualche strana razza di roditore tropicale in
via d’estinzione; dicono che attirano voti. Io non arrivo a comprenderli a
pieno… ma d’altronde ci sono tante cose che non comprendo a pieno
dell’esercito. E tante che l’esercito non comprende di me”.
Siamo in una grande stanza circolare che pare la torre di un castello
futurista destinata a non reggere ai colpi della prossima catapulta.
“Ed eccoci, divagando… Scusatemi, io parlo troppo. E’ come se non
avessi mai abbandonato la mia cattedra a Berkeley. Siamo nel cuore di tutta
questa operazione. Signor Anderson, signor Garner, signor Turner: questo è il
centro pulsante del traballante teatro che ci circonda.”
La stanza era vuota; tutte le pareti di vetro. Sottili. Membrane
impermeabili sulla città. Un grande tavolo lucido, qualche sedia. Lo sguardo
poteva spaziare da Sanzhong fino alla costa di Port Bali.
“Ma, come vi ho già detto, io non firmo ordini. Per quelli c’è una
pletora di colonnelli in uniforme che non vede l’ora di spedire ragazzi armati
fino ai denti a Shenyang; o a Fuzhou”.
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