Cronologicamente, se nella prima metà del decennio 70 il genere era un
morboso incesto di stordimenti acidi, suggestioni anglosassoni e fantasiose
tendenze folk jazz miscelate all’esigenza di fusion, è nel triennio 1975 – 1978
che il progressive americano arriva al suo apogeo, con qualche anno di latenza
rispetto alla controparte inglese. A maturazione, si presenta come un pomp rock
sinfonico da arena, ispirato tanto agli Zeppelin quanto, soprattutto agli Yes,
in effetti tra i pochissimi gruppi inglesi di reale prog ad avere più successo
in America che in patria. Per quanto riguarda il pubblico americano, esso
resterà sempre piuttosto freddo con quanto prodotto dai compatrioti epigoni del
flash rock di Howe e Wakeman. Ben diversamente andrà invece alla fine del
decennio, quanto, scesi a più miti e radiofonici consigli, i rocker “romantici”
americani escogiteranno una forma di AOR orchestrato che farà la fortuna di
Asia, Boston e compagnia bella.
Del periodo zenitale dello U.S. Prog restano testimonianze luminose,
dagli Starcastle ai Cathedral, dagli Happy the Man agli Ethos. Gruppi ed album
oggi in buona parte sommersi, che faticano ancora a trovare la strada del
digitale, rimanendo confinati in pregiatissimi vinili dal valore eterogeneo ma dal
fascino notevole.
Maelstrom
On the Gulf (1973)
Ceres 5:45
In Memory 4:43
The Balloonist 5:31
Alien 2:59
Opus None
Chronicles 4:16
Law And Crime 3:26
Nature Abounds 4:23
Below The Line 5:33
Genesis To Geneva 7:26
Raffinato jazz prog da Indianapolis, forte di atmosferiche nebbie
giallastre e foriere di misteriosi accordi in minore. Album assai raro,
fortunatamente riedito in CD in anni recentissimi, su cui il sestetto si
disimpegna tra vibrafoni, chitarre vellutate, duetti e momenti d'assieme ben
strutturati, che concedono ai solisti di alternarsi in monologhi senza copione.
Di classe.
Probe 10
There is a Universe (1975)
There Is A Universe
Invasion Of The
Malladroids
Invasions
Fields Of Malladroy
A Battle
Dirge
Will There Never Be An End?
Intergalactic
Crossfire
Solar Winds
To Improvise A Dream
Galaxy Five
Dalla Pennsylvania un album autoprodotto il cui valore, oggi, oscilla
tra i 500 e gli 800 dollari, per quello che più che un gruppo rock sembra un ensemble
barocco, con tanto di flauto, tromba e violino. Se a ciò si sovrappone una
vocalità androgina da doo-woop, ecco il sound particolarissimo dei Chicago
reincarnati nella Arkestra di Sun Ra che sondano il cosmo in cerca di segnali
di vita.
Su pattern tipicamente jazz-rock si dispiega There Is A Universe ma è l'epopea startrekkiana in cinque parti di Invasion Of The Malladroids l'epicentro
di un rock spaziale nell'ispirazione, ultraterreno nel sound, hard pop dei
solisti che si librano su solide basi ritmiche puramente rock; decostruzione,
cupezze cosmiche, assoli di batteria, respiri elettrici, inventiva un po'
sfrenata. Addirittura chiazze solari di distorsione nera alla Amon Duul (Solar Wings). Curioso.
Ethos
Ardour (1976)
Intrepid Traveller 6:20
Space Brothers 6:14
Everyman 5:00
Atlanteans 7:11
The Spirit Of Music 3:54
Longdancer 5:21
The Dimension Man 7:58
E'Mocean 4:35
Open Up (1977)
Pimp City 7:26
Start Anew 3:22
U.V. Melody 0:32
Memories 7:08
The Players (Of The
Game) 5:49
Marathon II 5:24
Sedona 4:07
Close Your Eyes 5:45
Con una delle copertine più smaccatamente prog d'America, addirittura
in linea con certe deteriorità tardo-kraut (Eloy?) il primo album di questo
sestetto dell'Indiana con doppio keyboards-hero è un intrepido viaggio
sinfonico che rotea tra le orbite oceaniche e ridondanti dei sintetizzatori e
la cristallina risonanza di chitarre acustiche da freak spaziali.
Da manuale la favola ultra-kitsch di Atlanteans, un soft prog per innamorati sulla spiaggia. Potrebbe
essere difficile prendere sul serio The
Spirit Of Music, ma Longdancer si
riscatta come uno dei pezzi meglio equilibrati. The Dimension Man, la seconda epopea, procede pompata al galoppo
attraverso antiche praterie.
Il secondo album, con un tastierista titolare in meno, registrato a
Los Angeles invece che New York (come Ardour), indugia su forme rock più
tradizionali e meno epiche (ma Close Your
Eyes resta niente male), concedendosi alcuni dubbi sketch rumoristici ed
imbastardendosi con certo AOR più sosfisticato della media, come dei Kansas
fuori fuoco.
Mirthrandir
Mirthrandir (1976)
For You The Old Women 8:13
Conversation With Personality Giver 5:36
Light Of The Candle 4:22
Number Six 5:04
For Four 14:45
Nome di difficoltosa trascrizione, album rarissimo, prog puro dal New Jersey ma in bello stile albionico senza sminuire una certa baldanzosa strafottenza yankee (For You The Old Women). Fa parte del combo pure una tromba, oltre alla obbligata sarabanda di tastiere assortite ed al flauto d'obbligo. Una vocalità hammiliana, a tratti spettacolare, al servizio di suite fantastiche non prive di fascino sonoro e di ermetiche riflessioni filosofiche.
Titoli non sempre plausibili (Conversation With Personality Giver) e un quarto d'ora conclusivo di For Four che riesce, in una solo strofa, a distillare una lunga catena di parole chiave del (neo) prog:
Your sitting high crown glows like lights in a carnival
Show me how to live, I'll show you how to be
A giant god hands down
Your tower flag broke, I fell in your joke, no longer
Un'epica militaresca a passo di marcia, ma disponibile al sogno, all'introspezione e a passaggi di acustica delicatezza sostenuti da tastiere acquerellate e chitarre ondulanti.
Non male, creativo, ben suonato e solo moderatamente tedioso.
Lift
Caverns Of Your Brain
(1977)
Simplicity 10:06
Caverns 9:20
Buttercup Boogie 6:13
Trippin' Over The
Rainbow 11:43
La Syn-Phonic, label specializzata nella riedizione di tardo Prog
U.S.A., ha scelto quest'album come primissima pubblicazione del catalogo... e
un motivo ci dev'essere.
Quattro soli brani, due per lato, progressioni strumentali con ritmica
agile, tastiere al galoppo e chitarra affidabile. Simplicity, una marcia serrata da Grand Funk Rick-Wakeman-izzati; Caverns, meditazioni destrutturate in
volo libero; lo scatenato positivismo emersoniano di Buttercup Boogie (pure meglio di qualsiasi cosa sta sul lato B di
Tarkus) e infine Trippin' Over The
Rainbow, l'epica ad incastro in più movimenti in rivoluzione astronomica
perenne.
Un classico del sottobosco.
Quill
Sorsum Corda (1977)
First Movement 19:58
1a Floating
1b Interlude
1c The
March Of Dreams
1d The
March Of Kings
1e Storming
The Mountain
1f Princess
Of The Mountain
1g Storming
The Mountain (Part II)
Second Movement 15:32
2a The
Call
2b Timedrift
2c Earthsplit
2d The
Black Wizard
2e Counterspell
2f The
White Wizard
2g The
Hunt
2h Rising
2i The
Spell
2j Sumnation
2k Finale
Strambo titolo in stile italian-prog, uscita remota edita come test
press nel 1977 per la Cotillon poi riemerso in CD grazie alla Syn-phonic.
Un trio di eclettici polistrumentisti californiani che costruisce
tutto l'album attorno a due megalitici "movimenti" in più parti, uno
per lato. Scimmiottando bellamente ELP, divagando al synth e anticando certi
passaggi favolistici, stanno in equilibrio precario tra l’enfatica
autoindulgenza e la megalitica visione da Terra di Mezzo. Esagerazioni
californiane...
Happy The Man
Happy The Man (1977)
Starborne 4:22
Stumpy Meets The
Firecracker In Stencil Forest 4:16
Upon The Rainbow
(Befrost) 4:42
Mr. Mirror's
Reflection On Dreams 8:54
Carousel 4:06
Knee Bitten Nymphs In
Limbo 5:22
On Time As A Helix Of
Precious Laughs 5:22
Hidden Moods 3:41
New York Dream's
Suite 8:32
Crafty Hands (1978)
Service With A Smile 2:42
Morning Sun 4:05
Ibby It Is 7:51
Steaming Pipes 5:42
Wind Up Doll Day Wind 7:10
Open Book 4:54
I Forgot To Push It 3:03
The Moon, I Sing
(Nossuri) 6:16
Longevo quintetto della Virginia che affonda le radici nei primi 70 e
capace di incidere 3 album in pochi anni a fine decennio. Il loro è un AOR
sofisticatissimo, che facilmente degenera in un pomp rock barocco, orchestrato,
cesellato in arrangiamenti ampi, sconfinanti in ambigue sonorità da Weather
Report incorporate a certe progressioni spaziali alla Rush e certo smooth rock
come una Mahavishnu Orchestra macerata nelle arene dei Foreigner.
Happy The Man, primo album, 50 minuti di digressioni e patinature con
le grandi parabole strumentali di Mr.
Mirror's Reflection On Dreams e Carousel o la sarabanda zawinuliana di New York Dream's Suite, che termina in
un tripudio di archi e carillon allo spuntare dell'alba sulla skyline.
Il secondo album, che apre su un pezzo più rockettaro della media,
continua e perfeziona la meccanica sonora del gruppo, insistendo su parti
totalmente strumentali, a tratti gelide, a tratti lunari, spesso di grande
potenza (Ibby It Is o la marziale Wind Up Doll Day Wind), ma dall'algido
fascino. Intrigante il notturno conclusivo di The Moon, I Sing.
Il terzo LP, 3rd Better Late... pur registrato nel 1979, vedrà la luce
solo quattro anni dopo.
Cathedral
Stained Glass Stories
(1978)
Introspect 12:39
Gong 7:00
The Crossing 5:59
Days & Changes 8:39
The Search 11:24
Quintetto "sinfonico" newyorkese con mellotron, moog,
glockenspiel, vibrafono ed ogni sorta di armamento progressivo, titolare di un
sound complicatissimo e magniloquente tra Gentle Giant e King Crimson, con una
vocalità teatralissima e spiccatamente petergabrieliana.
L'album del 1978, Stained Glass Stories, sciorina due elaborate suite,
Introspect e The Search, entrambe oltre i 10 minuti, che viaggiano atmosferiche
come bolle colorate di Andromeda, tra cambi di ritmo e arrangiamenti tortuosi, dirette
verso arzigogolati barocchismi ben più europei che americani. Completa il tutto
una colorata copertina fantasy alla Roger Dean. Perfetto.
Riesumati solo in recentissimi tempi di neo-neo prog.
Babylon
Babylon (1978)
The Mote In God's Eye 7:11
Before The Fall 11:06
Dreamfish 9:22
Cathedral Of The Mary
Ruin 7:45
Flash rock alieno, a tratti alienente, di nitida rifinitura, al
servizio di una vocalità coinvolgente e sinceramente comunicativa (Dreamfish),
avvolta da un vorticare propulsivo di tastiere da eroe del synth. Strano
pensare se ne siano usciti dalle stesse lande di Skynyrd e Molly Hatchet;
pochissimi trucioli made in U.S.A., tanta devozione ai filosofi progressivi
britannici e passaggi da anno 2112. La morbosa spirale ombrosa di Before The Fall la fa da padrona, ma interessante
la coda sognante di Cathedral Of The Mary
Ruin.
Easter Island
Easter Island (1979)
Face To Face 5:44
The Genius Of The Dance 4:13
Solar Sailor 6:16
Winds Of Time 6:41
The Alchemist Suite
Prelude 1:30
Life Celebration 4:17
Telesterion 5:30
Resurrection 5:42
Summerland 4:44
Prog Oriented Rock di fine decennio, cantato senza mistero nè magia, che scatta su futuristiche autostrade tra Asia e gli Yes dell'ultimo periodo, trovando pace in un soft rock con qualche concessione spaziale.
Sul lato B l'imponente suite neoclassica in 4 parti, The Alchemist, è l'apogeo della band; aperta da un ensemble da camera per archi e clavicembalo, attraversa poi la consueta orgia tastieristica di un Geoffrey Downes in orbita e atterra su lande tribali orientali, con poche tracce sulla mappa. Magniloquente, ma non peggio di tanto tedio inglese oggi ipercelebrato.
Storia discografica intricata; del vinile originale furono stampate solo 300 copie.
2 commenti:
Due articoli molto interessanti che mi hanno destato curiosità nei confronti di alcuni gruppi di cui non sapevo neanche l'esistenza. Ti segnalo che gli Starcastle sono stati rimasterizzati recentemente dalla Rock Candy Records, un'etichetta discografica britannica che sa il fatto suo ;)
Yup!!
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