lunedì 3 ottobre 2011

Il Rock n’ Roll rinasce. A Kabul


Per chi volesse vedere dal vivo tutta quella carica eversiva, rivoluzionaria, trasgressiva e sfacciata che il Rock n’ Roll fece conoscere al mondo armai 60 anni fa, la meta è Kabul. Un po’ scomoda, forse. Ma in questi giorni il ciclone di una musica che finalmente ritorna ad essere la chiave dell’emancipazione giovanile è di scena ai giardini di Babur, nel cuore della capitale Afgana. Piccoli, sconosciuti gruppi da ogni parte del mondo ritornano a farci assaporare il gusto del proibito, del precluso, dell’immorale. La vecchia musica del diavolo che l’occidente ha (per pochissimo) messo al bando, per poi assimilarla e spremerla nel suo carrozzone consumistico, ritorna ad essere un affare sporco e deviante. Quindi bellissimo.
Il Rock era sul libro nero del Mullah Omar proprio come lo fu per la BBC o la CBS, dove anche il bacino di Elvis era fuorilegge. Come lo fu per il New York Times, per Sinatra, per la Chiesa, per il buongusto dei bianchi borghesi sopra i trent’anni nell’aurea epoca repubblicana di Eisenhower
In Afghanistan dove tante nuove emancipazioni aspettano le loro lotte popolari, questa musica fuorilegge ha, per una volta, ritrovato la sua essenza più pura.





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