domenica 23 ottobre 2011

Il Rock secondo Gary Herman


Per una decina d'anni o poco più, il rock’n’roll aveva seguito la sua rotta burrascosa, offrendo momenti di entusiasmo a un mondo privo di gioia, intrappolato nei suoi cicli di politica paranoide e di fatalismo economico. Elvis era stato una rivelazione di energia giovanile e di esuberanza sessuale. I Beatles rappresentavano un'ispirazione, Bob Dylan tutta una cultura. Con i loro seguaci, apportavano gioia e significato a un mondo arido in via di estinzione. Ai genitori, alle autorità, all’establishment non piaceva. Cercarono di soffocarlo, d'impedire ai ragazzi di ascoltarlo, tenendoli lontani dalle feste, dai balli, dai film “pericolosi”. Ma le stelle erano nel cielo, e tutti potevano vederle. La loro era la musica della resistenza. Se la società degli adulti minacciava il mondo con le armi atomiche della distruzione di massa, i giovani avevano in mano l'arma della liberazione di massa del rock'n'roll. I giovani potevano rispondere alle provocazioni e forse un giorno avrebbero vinto. E se mai ci fu un giorno preciso che potesse sembrare il candidato più probabile per l'inizio dell'ultima, vittoriosa campagna, quello fu certamente il primo giorno del festival di Monterey.
È, chiaro che non tutto filava così liscio. Lo sviluppo di un mercato di massa portò al sopravvento del mondo degli affari, e gli artisti si ritrovarono alienati dal contatto vivo ed essenziale con gli spettatori. Trovandosi in una specie di vuoto creativo, inevitabilmente cercarono rifugio nella compagnia di altri artisti, e in quella dell'alta società. I loro amici divennero amici dei divi, i loro passatempi, quelli dei divi. La loro vita si svolgeva nel bagliore dei riflettori, nell'isolamento dei camerini dei teatri, nel lusso delle limousine, nelle costose stanze d'albergo. Esposti alle tentazioni della fama, della ricchezza e di uno stile di vita di inaudito edonismo, le rockstar da sempre hanno corso il rischio di trasformarsi in mostri, in caricature della loro antica gioventù dorata, avanzi di banchetto di un rock'n 'roll che ormai li ignora, felici di affondare nella facile dissipazione o semplicemente incapaci di portare il peso dei sogni di tutta una generazione.


Il rock’n’roll è un fenomeno in marcia. Scavalca barriere e sfida gli ostacoli che gli vengono imposti. Negli anni Cinquanta, anni di terrore, quando il mondo sembrava congelato nei blocchi delle superpotenze impegnate nella guerra fredda, quella noncuranza per i pregiudizi e le regole sociali che governavano i rapporti tra razze, aree geografiche, discriminazioni sessuali e generazionali, appariva terrificante sia ai padroni sia agli schiavi dell'ordine stabilito. Il rock’n’roll degli anni Cinquanta, con le sue visioni di rivolta, con la sua travolgente miscela di sentimentalismo e di angoscia e la sua disobbedienza a tutte le regole della melodia, del ritmo e del concerto ammodo, contribuì a creare un senso di comunità tra i più disparati gruppi di adolescenti che scoprivano nella musica i simboli dei loro sogni più segreti, Quindi non c’è da meravigliarsi se il Rock n’ Roll venne condannato come "osceno" e “morboso" da improvvisati tutori della morale. È. chiaro che sotto molti punti di vista il rock'n’roll non era tutto rose e fiori. Confermava e scavava ancor più l'abisso vergognoso tra i sessi. Se portò al progresso e alla liberazione, creò allo stesso tempo un tipo di idolo il cui successo si è dimostrato una vera lezione pratica di repressione  reazionaria. Per di più la condizione stessa di celebrità andò a finire in un enorme sperpero di risorse non soltanto materiali, ma anche (nella maggior parte dei casi con conseguenze tragiche) in termini di vita umana e di libertà.

Gary Herman - Rock Babilonia 
Titolo originale: Rock n' Roll Babylon
Prima edizione 1982, revisionato e aggiornato nel 1994 e 2001

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