Per una decina d'anni o poco più, il rock’n’roll aveva seguito la sua
rotta burrascosa, offrendo momenti di
entusiasmo a un mondo privo di gioia, intrappolato nei suoi cicli di
politica paranoide e di fatalismo economico. Elvis era stato una rivelazione di
energia giovanile e di esuberanza sessuale. I Beatles rappresentavano
un'ispirazione, Bob Dylan tutta una cultura. Con i loro seguaci, apportavano
gioia e significato a un mondo arido in via di estinzione. Ai genitori, alle
autorità, all’establishment non piaceva. Cercarono di soffocarlo, d'impedire ai
ragazzi di ascoltarlo, tenendoli lontani dalle feste, dai balli, dai film
“pericolosi”. Ma le stelle erano nel cielo, e tutti potevano vederle. La loro
era la musica della resistenza. Se la
società degli adulti minacciava il mondo con le armi atomiche della distruzione
di massa, i giovani avevano in mano l'arma della liberazione di massa del
rock'n'roll. I giovani potevano rispondere alle provocazioni e forse un
giorno avrebbero vinto. E se mai ci fu un giorno preciso che potesse sembrare
il candidato più probabile per l'inizio dell'ultima, vittoriosa campagna,
quello fu certamente il primo giorno del festival di Monterey.
È, chiaro che non tutto filava così liscio. Lo sviluppo di un mercato di massa portò al sopravvento del mondo
degli affari, e gli artisti si ritrovarono alienati dal contatto vivo ed
essenziale con gli spettatori. Trovandosi in una specie di vuoto creativo,
inevitabilmente cercarono rifugio nella compagnia di altri artisti, e in quella
dell'alta società. I loro amici divennero amici dei divi, i loro passatempi,
quelli dei divi. La loro vita si svolgeva nel bagliore dei riflettori,
nell'isolamento dei camerini dei teatri, nel lusso delle limousine, nelle
costose stanze d'albergo. Esposti alle tentazioni della fama, della ricchezza e
di uno stile di vita di inaudito edonismo, le
rockstar da sempre hanno corso il rischio di trasformarsi in mostri, in
caricature della loro antica gioventù dorata, avanzi di banchetto di un rock'n
'roll che ormai li ignora, felici di affondare nella facile dissipazione o
semplicemente incapaci di portare il peso dei sogni di tutta una generazione.
Il rock’n’roll è un fenomeno in marcia. Scavalca barriere e sfida gli
ostacoli che gli vengono imposti. Negli anni Cinquanta, anni di terrore, quando
il mondo sembrava congelato nei blocchi delle superpotenze impegnate nella
guerra fredda, quella noncuranza per i pregiudizi e le regole sociali che
governavano i rapporti tra razze, aree geografiche, discriminazioni sessuali e
generazionali, appariva terrificante sia ai padroni sia agli schiavi
dell'ordine stabilito. Il rock’n’roll degli anni Cinquanta, con le sue visioni
di rivolta, con la sua travolgente miscela di sentimentalismo e di angoscia e
la sua disobbedienza a tutte le regole della melodia, del ritmo e del concerto
ammodo, contribuì a creare un senso di comunità tra i più disparati gruppi di
adolescenti che scoprivano nella musica i simboli dei loro sogni più segreti,
Quindi non c’è da meravigliarsi se il Rock n’ Roll venne condannato come "osceno"
e “morboso" da improvvisati tutori della morale. È. chiaro che sotto molti
punti di vista il rock'n’roll non era
tutto rose e fiori. Confermava e scavava ancor più l'abisso vergognoso tra i
sessi. Se portò al progresso e alla liberazione, creò allo stesso tempo un tipo
di idolo il cui successo si è dimostrato una vera lezione pratica di
repressione reazionaria. Per di più
la condizione stessa di celebrità andò a finire in un enorme sperpero di
risorse non soltanto materiali, ma anche (nella maggior parte dei casi con
conseguenze tragiche) in termini di vita umana e di libertà.
Gary Herman - Rock Babilonia
Titolo originale: Rock n' Roll Babylon
Prima edizione 1982, revisionato e aggiornato nel 1994 e 2001
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