Dopo il primo LP, “First Album”, pareva difficile parlare dei Fugs
come di un gruppo musicale. Improvvisazione, satira da marciapiede, filosofia
metropolitana, body-poetry: ma non musica. Più agevole ascoltare un vecchio 78
giri della Victor Record che “Swinburne Stomp” o “Baby Done Left Me”
Così all’uscita di Virgin Fugs nel 1966 si potrebbe gridare al
miracolo: finalmente la scalcagnatissima band di Sanders, Kupfenberg & Weaver
ha finalmente cominciato a “suonare”, costruendo canzoni con tanto di struttura
armonica e un minimo arrangiamento. Il gruppo nel frattempo ha cambiato
radicalmente formazione: all’uscita di Weber e Stampfel, impegnati a tempo
pieno con gli “Holy Modal Rounders”, sono subentrati nuovi musicisti tra cui il
chitarrista Vinny Leary e il polistrumentista Lee Crabtree, il cui piano
elettrico diventa subito il fulcro sonoro del gruppo. E’ cambiata anche l’etichetta:
dalla Broadside/Folkways alla mitica ESP di Sun Ra e Albert Ayler. Grazie al
produttore Richard Alderson il gruppo potè incidere in un VERO studio, usare
VERI strumenti e addirittura un registratore a 4 piste, come i Beatles! …cioè
lo standard dell’epoca, ma sempre un bel passo avanti rispetto al garage e ai
bonghi di Ken Weaver.
Per fortuna la vena satirica e goliardica è intatta e anzi compressa
in forma “canzone rock” acquista nuovi orizzonti di gloria, inimmaginabili per
il primo album. Virgin Fugs fu registrato tra il Gennaio e il Febbraio 1966
sotto l’attenta produzione di Alderson, le linee guida di Sanders (autore di
quasi tutti i brani) e le fondamenta musicali di Crabtree. Il risultato fu un
album in pieno stile 1966, elettrico, garage, pre-psichedelico: ma quella che
oggi sembra facile moda, fu l’evoluzione naturale di un complesso che dalle
origini aveva nel sangue la contestazione, la beat-generation e l’acidità del
timbro sonoro.
I pezzi sono finalmente costruiti con strofa, ritornello e qualche
interessante assolo, se non che il capolavoro arriva dalla sperimentazione
totale di “Virgin Forest”: 11 minuti di montaggio sonoro avveniristico, un
Zappa pre-Zappa di spessore assoluto, rumorismo spinto ma sempre godevole
all’ascolto. La “suite” si compone di tanti parti minime di pochi minuti
inserite in stretta sequenza come scene di una “pièce” di Ionesco: mari
orientali in dissonante bonaccia, amplessi scimmieschi, tamburi tribali, poesie
a bocconi; finchè Crabtree non mette ordine con una struggente melodia di piano
abbandonata sotto l’ombrosa volta della foresta più inviolata. Una musica “nuova”
per l’epoca, che troverà eco in futuro, Zappa a parte, con i “Red Crayola”, con
“Ptoof” dei “Deviants” e con il kraut-rock più concreto (“Faust Tapes”).
Gli altri brani tengono sempre alta la tensione e la bandiera satirica
del Lower East Side, con Sanders che canta in modo perennemente forsennato, Kupfenberg
che contrappunta qua e là da basso ortodosso e il resto del gruppo che prova a
tenere il tempo e a costruire groove accattivanti. L’ispirazione passa dalle
jugs band acustiche al Rhythm and blues urbano del primo dopoguerra: atmosfere
da late-show vietato ai minori serpeggiano per tutto l’album.
Dalla parte del rock stanno le prime tre tracce: il ghiaccio elettrico
di “Frenzy”, l’hard-pop di “Skin Flowers” con un riff che pare rubato al George
Harrison di “Day Tripper” ma che poi deraglia nella solita furia garage del
gruppo; ultimo, lo scatenato attacco corale di “Group Grope”, culminante
nell’esagitato orgasmo simulato da Sanders: “Dope, peace, magic gods in the
tree trunks and GROUP GROPE BAY-BEEEE!!!!”, sesso di massa (“group-grope”, cioè
“palpeggiamenti di gruppo”) sferzato dalla chitarra scatenata di Leary.
Se “Coming Down” è un notturno blues calante che sa di morte (Eyes
with a vision of torture/ Frightened with a vision of death), “Dirty Old Man” è
una marcetta per solista e coro che sorregge una grottesca vignetta di spaccio
e voyerismo, nascondendo in realtà il ritornello popolare di “Pop Goes the
Weasel”:
Hello kiddies, here I am at the school yard
Looking up every dress I can
Handing out drugs at the school
Touching all the bosoms I can.
Ciao ragazzi, sono qui nel cortile della scuola
Guardando sotto ogni gonna che riesco
Spacciando droghe a scuola
Toccando tutte le tette che posso
Non poteva poi mancare l’apporto filosofico-mediatico di Kupfenberg: “Kill
for Peace” è una ballata di protesta diretta, senza retorica e false ipocrisie,
con tanto di AK-47 spianati, bombardamenti assordanti, e cordiale satira à la
Swift:
Kill, kill, kill for peace
If you let them live
they might support the Russians
If you let them live
they might love the Russians
Uccidi, uccidi, uccidi per la pace
Se li lasci vivere
Loro potrebbero sostenere i Russi
Se li lasci vivere
Potrebbero amare i Russi
Più distesa è “Morning Morning” che recupera la ondeggiante vocalità
di “Carpe Diem” ed è allo stesso modo una ninna-nanna ripetitiva e ipnotica (Mornig,
mornig … evening, evening … moonshine, moonshine… ).
Con “Doin' All Right” il piano
elettrico di Crabtree è sempre protagonista (tanto da citare Bach in apertura):
la canzone mette in musica una crudissima poesia di Ted Berrigan che creò non
pochi problemi di censura al gruppo: “Non andrò mai in Vietnam, preferisco
starmene qui a fottere tua madre!” non erano certo versi da Ed Sullivan Show.
Dopo la teatrale Virgin Forest, perfetta conclusione del disco,
arrivano le numerose bonus tracks che la ha inserito nella ristampa CD.
Imperdibile la pomposa “Wide, Wide River” (of shit) cantata dai Fugs credendosi
i Platters.
I Fugs hanno definitivamente ingranato, proponendosi come l’act più
oltraggioso del periodo; lo hanno fatto senza moralismi e con tutta la
leggerezza di un macabro ma esilarante amplesso sulla bara dell’americano medio.
After the first LP,
"First Album", seemed difficult to talk about the Fugs as a band.
Improvisation, satire from sidewalk, subway philosophy, body-poetry, but not Music.
Easier to listen an old Victor Record 78 rpm that the "Swinburne
Stomp" or "Baby Done Left Me".
So, the release of
Virgin Fugs in 1966 could be a sort of miracle: finally the devastated band of Sanders, Kupfenberg
& Weaver has finally started to "play", building songs even with harmonic
structure and a minimum arrangement. The group has radically changed formation:
out Weber and Stampfel, now full time working with the "Holy Modal
Rounders," in new musicians including guitarist Vinny Learyand and multi-instrumentalist
Lee Crabtree, whose electric piano becomes the focus of the group sound. The label changed also: from Broadside /
Folkways to the legendary ESP of Sun Ra and Albert Ayler. Thanks to producer
Richard Alderson the group was able to work in a real studio, using real
instruments and even a 4-track recorder, like the Beatles! ... That is only the
mid ‘60s standard, but still a nice step up from the Sanders’ garage and Ken
Weaver’s bongos.
Fortunately, the
satirical and goliardic vein is intact and, compressed in a "rock
song" acquires even a new lease of glory, unimaginable in the “First Album”.
Virgin Fugs was recorded between January and February 1966 under the careful
production of Alderson, Sanders’ guidelines and the musical foundations by Crabtree.
The result was an album right in 1966-style, electric, garage, pre-psychedelic;
but that who now seems easy trend, was the natural evolution for a complex that
had in the blood the dispute, the Beat Generation and acidity of timbre.
The pieces are
finally built with verse, chorus and some interesting solos, but the
masterpiece comes direclty from the total experimentation of "Virgin
Forest": 11 minutes of futuristic sound editor, a Zappa pre-Zappa of absolute
depth, noisy but always enjoyable. The "suite" consists of many clusters
included in close sequence, as scenes of a Ioneso’s "piece": eastern
seas in dissonant calm, ape orgasm, tribal drums, poems morsels; until Crabtree
put an order in poignant piano melody abandoned under the shady forest, once
more inviolate. A music "new" for the time, which will find an echo
with the "Red Crayola," with "Ptoof" by Deviants, with the
most concrete kraut-rock ("Faust Tapes").
The other songs
always keep high the voltage and the satiric flag of Lower East Side, with
Sanders who sings in a perpetual frenzy, which Kupfenberg counterpoint here and
there lake Orthodox bass and the rest of the group trying to keep time and
build winning groove . The inspiration goes from acoustic Jugs band to urban R
& B blues of early post-war: late-show-rated atmospheres meander throughout
whole the album.
On the Rock side are
the first three tracks: the electric ice of "Frenzy", the hard-pop of
"Skin Flowers" with a riff that seems stolen from George Harrison in
"Day Tripper" but who soon derails in the usual fury garage of the
group; finally, the triggered attack
ensemble of "Group Grop" with orgasm-like climax by Sanders: "Dope, peace, magic gods in
the tree trunks and bay-beee !!!!", group sex (group-grope, that is
"groping group") whipped by Leary unleashed guitar.
If "Coming
Down" is a waning night blues that smacks of death (Eyes with a vision of
torture / Frightened with a vision of death), "Dirty Old Man" is a
marching song for soloist and chorus that carries a grotesque cartoon of voyeurism
and pushing , actually hiding the popular chorus of "Pop Goes the
Weasel"
Hello kiddies, here I am at the school yard
Looking up every dress I can
Handing out drugs at the school
Touching all the bosoms I can.
It could also not miss
Kupfenberg’s media-philosophical contribution: "Kill for Peace" is a
protest song without false rhetoric and hypocrisy, complete with AK-47 drawn,
deafening bombings, and satire “Swift friendly”:
Kill, kill, kill for peace
If you Let Them Live
They Might the Russians support
If you Let Them Live
They Might love the Russians
More relaxed is
"Morning Morning", which retrieves the wavering vocals of "Carpe
Diem" and is likewise a repetitive and hypnotic lullaby (Mornig, mornig
... evening, evening ... moonshine, moonshine ...).
With "Doin' All
Right" Crabtree is always protagonist on electric piano (so much to
mention Bach in the opening): the song puts in music a raw poem by Ted Berrigan
who created many problems of censorship for the group:
I'm not ever gonna go to Vietnam
I prefer to stay right here and screw your mom
were not verses from
Ed Sullivan Show.
After the theater
Virgin Forest, perfect end of the disc,
The Fugs were
definitely geared, serving as the most outrageous act of the period, they did that
without moralizing, and with all the lightness of a gruesome but hilarious
embrace on the coffin of the average (white) American.
The Fugs - ESP Disk - ESP 1028 – US -
1966
4 commenti:
Questi erano dei veri matti e oltretutto divertentissimi.Splendido post,meglio di una lezione di storia.
@Blackswan: è proprio vero, le risate che mi faccio sui primi loro album sono uniche! Non ti dico poi l'emozione nell'avere comprato una prima stampa americana su vinile di quest'album...lo venero a tal punto che ancora devo metterlo sul piatto!
Dei fulminati i Fugs...i testi fanno sganasciare. Questi già nel '66 erano più Punk di Dead Kennedys e compagnia bella...
Fulminati e illuminati. L'atteggiamento è certamente ultra punk!
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