Furono i produttori pop, impegnati senza mezzi termini a interpretare le idee grezze dei musicisti come prodotti di richiamo per il mercato di massa dei teen-ager, a sviluppare la registrazione come nuova forma di comunicazione, e dunque a consentire al rock di guadagnarsi un suo credito di “autenticità'.Colin Frith
L’esattezza
dietro la consolle è divenuta quindi una necessità, tanto da rendere i servigi
dei migliori tecnici del suono e dei migliori produttori ricercatissimi; le
band più importanti possono scegliersi lo studio di registrazione più adatto in
giro per il mondo, alla ricerca del suono perfetto e possono passare mesi a
mixare e remixare il loro lavoro. Alla fine è spesso una questione sottilissima di labor limae a rendere un pezzo discreto una hit clamorosa.
George Martin mise tutto sé stesso al servizio dei Beatles; grandi ingegneri
del suono come Glyn Johns o Eddie Kramer o fecero la fortuna di Jimi Hendrix,
Led Zeppelin, Rolling Stones e tanti altri. Sono innumerevoli le eminenze grigie che si celano nella scia della
rockstar che ci mette la faccia.
In
questa categoria uno tra i personaggi più interessanti, eppure forse poco
celebrato, nacque musicista, chitarrista e tastierista, e percorse in modo
estensivo la scena Rock americana e britannica degli anni 60 e 70: Al Kooper.
Precoce
frequentatore del Blues Revival dei primi anni ’60, poi “master mind” degli
ottimi Blues Project, uno dei pochi complessi americani a potere tener testa ad
Animals e Yardbirds, Al divenne presto una presenza rilevante in sala
d’incisione accanto ai massimi nomi della sua epoca. Indimenticabile, musicalmente
essenziale, quanto estemporaneo e imprevisto all’atto pratico, fu il suo
contributo all’incisione dell’immortale Like
a Rolling Stone di Bob Dylan: l’inconfondibile giro di organo che marchia
il celebre chorus del pezzo fu tutta
opera del giovane Kooper che incise assieme a Dylan in barba al produttore Tom
Wilson che non riteneva il giovane Al un vero tastierista.
Me
and the organ; It’s difficult to power up a Hammond organ. lt takes three separate
moves, I later learned. lf the organist (Paul Griffin) hadn 't left the damn thing
turned on, my career as an organ player
would have ended right then and there. I figured out as best I could how to
bluff my way through the song while the rest of the band rehearsed one little
section. Then Wilson returned and said, "Man, what are you doin' out
ther???" All I could do was laugh nervously. On the Highway 61 Interactive
CD—ROM, you can actually hear this moment taking place. Wilson was a gentleman,
however. He let it go. imagine this: there is no music to read. The song is
over five minutes long, the band is so loud that l can’t even hear the organ,
and l'm not familiar with the instrument to begin with. But the tape is
rolling, and that is Bob—fucking-Dylan over there singing, so this had better be me sitting here playing
something. The best l could manage was to play hesitantly by sight, feeling
my way through the changes like a little kid fumbling in the dark for the light
switch. After six minutes they’d gotten the first complete take of the day and
everyone adjourned to the control room to hear it played back. Thirty seconds
into the second verse of the playback, Dylan motioned toward Tom Wilson. "Turn the organ up," he ordered.
"Hey, man," Tom said, "that cat’s not an organ player."
Thanks, Tom. But Dylan wasn’t buying it; "Hey, now don’t tell me who’s an
organ player and who’s not. Just turn the organ up." He actually liked what he heard!
Al Kooper - Backstage Passes and Backstabbing
Bastards: Memoirs of a Rock 'N' Roll Survivor
Un
analogo e più consapevole aiuto lo fornì a suo modo Nicky Hopkins, degno
“rivale” di Kooper su sponda britannica, durante la lunga session che produsse Simpaty for the Devil: il tema quasi
marziale e stentoreo del pianoforte finisce per segnare indelebilmente questo
samba demoniaco; tutto il travaglio di studio fu ben documentato da Godard nel
film One Plus One, pellicola invero piuttosto statica e noiosa ma pur sempre
documento interessante sull’ evoluzione luciferina del gruppo di Jagger.
Proprio
con gli Stones, Kooper finì per costruire il suo secondo capolavoro: la lunga,
complessa, minuziosamente accademica, addirittura bizzarra You Can't Always Get What You Want con tanto di introduzione per
piano, organo e corno inglese, supportati dal coro di voci bianche della London
Bach Choir (orchestarato da Jack Nitzsche).
Ma
forse il meglio di sé Kooper lo diede come produttore vero e proprio, svezzando
un robusto e rozzo gruppo di ultraboogie di Jacksonville, i Lynyrd Skynyrd. Con
Kooper dietro al banco del mixer, la band di Ronnie Van Zant, Billy Powell e
Gary Rossington incise un album d’esordio (Pronounced Leh-Nerd Skin-Nerd, 1973)
di una maturità e di un integrità sonora inusitate per una gruppo così giovane.
Memore forse dei risultati che gli amici Stones avevano raggiunto con l’ampia
ma tormentata Sway (su Sticky Fingers), Kooper aiuta a fabbricare i tre capolavori
dell’album: Free Bird, Simple Man e soprattutto la notevole Tuesday's Gone, quasi un suite in più
parti che nulla perde di maschia nostalgia hard rock, pur abbandonandosi ad una
“sonata” autunnale che contiene tutta un’ epica di un giovane piccolo mondo di working class heroes tra i banchi di
scuola. Di nuovo, è questione di accorto
lavoro “di lima” a fare di un pezzo ordinario un prodotto artistico
immortale a tutto tondo.
As
a producer, I offered my artists one
hundred percent of my input. What percentage they chose to use was up to them.
Of course, it varied from act to act. With Skynyrd, there wasn’t that much to
do. They were incredibly well rehearsed (they even composed their guitar solos beforehand), they were the best damn arrangers
I have ever worked with, and their musical discipline was everything to them.
They understood music organically, not by the book. What I brought to the table
was comparatively small, but important. Basically, I showed them how to use the studio as another ingredient in their arrangements.
I taught them about the relationship
between the bass and the bass drum, and how, if used correctly, it could
make certain grooves rock even harder.
I
only had to show them once.
I introduced them to horns and background singers when
appropriate. And because all the guitar solos were composed beforehand, I
usually doubled them to give them more strength. I would try to argue out weak songs. When I was
right, they were dropped. When I was wrong, I was overridden. It was that
simple.
Al Kooper - Backstage Passes and Backstabbing
Bastards: Memoirs of a Rock 'N' Roll Survivor
Grazie
a questo folgorante esordio, per il pubblico furono proprio i Lynyrd Skynyd a
incarnare in toto lo spirito del
“southern rock”, divenendone campioni
e portabandiera, superando addirittura i
virtuosi (ma sfortunati) Allman Brothers.
Venendo
ad anni più recenti, gli AC/DC, famosi per avere mantenuto in oltre trent’anni
di carriera un sound immediatamente riconoscibile privo di compressi e sempre identico
a sé stesso, dovettero ammettere che il successo planetario di Back in Black fu dovuto in buona parte
al cambio di produttore: John Mutt Lange levigò gli spigoli delle chitarre quel
tanto che bastò a rendere il loro assalto sì furente, ma al tempo stesso più rifinito,
cristallino e quasi melodico; arricchì la voce di Brian Johnson di armonici e sovracuti
appena patinati, rese il grezzo sound del gruppo appettibile anche per gli
yuppie discotecari dei primi anni ’80. Il rapporto tra la band australiana e
questo stregone tecnologico sudafricano era cominciato già con Highway to Hell, album di svolta per la
band e soprattutto per l’indimenticato cantante Bon Scott:
In effetti Lange, la cui meticolosità
in studio di registrazione contrastava apertamente con l'approccio «casereccio»
e sbrigativo di Young e Vanda, fece un
ottimo lavoro nel raffinare e al tempo stesso rendere più incisivo e tagliente
il sound degli AC/DC, senza fargli perdere assolutamente nulla di quella
primordiale aggressività che ne costituiva uno dei principali motivi di attrattiva.
«Per lui si è trattato di un`esperienza nuova, perché non aveva mai lavorato con
nessuno che suonasse roba dura come la nostra», aggiunse Angus. «Abbiamo beneficiato
tutti quanti del lavoro da lui svolto con Bon». Infatti, in Highway To Hell Lange
registrò la voce di Bon Scott con delle tecniche che fino ad allora gli AC/DC non
avevano mai sperimentato, come per esempio quella del double tracking, che resero più melodiche e gradevoli le parti
vocali dei brani senza però sacrificare la loro naturale aggressività: ciò è
particolarmente evidente nel brano intitolato Touch Too Much. «ll mio cantato è
un po' diverso, è meIodico», disse meravigliato Bon. «Mi hanno convinto a
cantare le note, anzichè a urlarle, e ci sono persino delle armonie vocali —
dico, delle armonie vocali, in un disco degli AC/DC!». «Penso che la cosa
essenziale fu che Mutt sapeva quale
fosse il sound che andava bene per le radio FM stereo, e noi no», disse in
seguito Angus. «Ogni settimana arrivava in studio con i primi dieci dischi dei
Top 10 americani e ne ascoltava attentamente il sound; inoltre, aveva un paio
di orecchie formidabili — era in grado di sentir cadere uno spillo.
Royston Eldridge - Le campane
dell'inferno. Carriera, eccessi e follie degli AC-DC
Ma
se dietro la consolle l’esattezza è un valore spesso misurabile e
quantificabile numericamente, nei liberi spazi delle Arti più direttamente
sensoriali come pittura, scultura o musica, questa categoria è assai più
sfumata e sfuggente, spesso declinata in soggettività che rinunciano a quegli
insiemi di regole costituite (armonia, tonalità, proporzione..) e si creano un
proprio “canone” in cui l’esattezza non si riferisce più all’adattamento
dell’opera al Modello Naturale (l’unico, di fatto, universale) bensì alla sola
idea dell’artista. Certo questo mondo di riferimenti relativi facilita la vita
e anche la critica. Se pensate in questa ottica esistono per esempio numerose
canzoni che sono l’esatto manifesto di un certo
modo di fare musica, più in semplice di un certo genere. Possono non essere perfette, ma sono sempre esatte,
definendo così una volta di più l’esattezza come un risultato privo di errori
limitatamente ad un contesto determinato, laddove la perfezione ha carattere
assoluto.
Ognuno
può divertirsi a portare i propri esempi a riguardo: quale riff e quali contenuti
possono definire il “Rock” meglio di “Brown Sugar”? Quale Heavy Metal è più
esatto di quello che i Manowar gridano in “Gloves of Metal” (We wear leather, we wear spikes, we rule the
night!); o cosa meglio di Definitely
Maybe può rappresentare il Brit-Pop degli anni ’90?
Nessun
album come In The Court Of The Crimson
King – per fare un altro esempio - riesce
a definire, in modo inconfutabile ed univoco, il Progressive come fusione meditata
e profonda di musica colta ed esperienza “giovanile”. Il gruppo di Fripp e
Greg Lake propose nel LP d’esordio volumi sonori (intesi come spazi dimensionali,
non come decibel) mai ascoltati prima, nonché ampie profondità d’arrangiamenti
e soluzioni di una precisione e di un rigore formale che parevano difficilmente
associabili alla trasandata e sovversiva
scena rock di fine anni ’60.
L’album porta alle estreme conseguenze
quanto appena indicato dalle band progressive fino ad allora: si tratta di musica rock fortemente
contaminata, con un che di jazz e un altro che di “rinascimentale”, e, nel suo
complesso, terribilmente romantica. I brani si allungano, si frammentano in
sezioni, si aprono a siparietti inopinati. C’è un uso intensivo delle tastiere
(il mellotron) e un’orchestrazione che elargiscono sensazioni di grandiosità e
di sinfonicità. Non solo: i testi sono scritti da un membro aggiunto, li solo
per quello, senza la responsabilità di alcuno strumento. Si tratta di Pete
Sinfield e le sue liriche sono “ossianiche e visionarie”, scritte col preciso
scopo di introdurre l'ascoltatore in un mondo immaginario e fantastico,
perfetta ambientazione per le altrettanto visionarie composizioni dell’LP. Cosi
l’impreparato ascoltatore del 1969 trova cose come 21st Century Schizoid Men o
The Court Of The Crimson King (lunga suite che include — nientemeno — The
Return Of The Fire Witch e The Dance Of The Puppet) e ne rimane inevitabilmente
abbagliato.
Fripp,
poi, è il perfetto prototipo del musicista-intellettuale:
i suoi King Crimson li definisce “un progetto”, manda lettere-manifesto ai
settimanali di settore, si picca di essere distaccato e anticonformista, è
patologicamente autoindulgente e vanitoso. […]
Allora, non c’è nulla da fare: è proprio In The Court Of The Crimson King a
dettare la cifra del rock progressivo - e, forse, del rock tout court - per gli anni a
venire: dopo questo album la musica giovanile “di tendenza” diventa
romantica e intellettuale.
P.
Pallavicini – Quei bravi ragazzi del Rock Progressivo
Esiste
in effetti una forma ancora più “complessa” di esattezza derivata dalla
compatibilità tra l’universo concettuale e musicale dell’artista e quello di un
determinato gruppo sociale di plausibili fans. Più questi due universi sono
sovrapponibili ed interscambiabili più la produzione di quell’artista, anche
fruita in maniera acritica e mentalmente pigra sarà l’esatta colonna sonora per
quella generazione in quel particolare momento.
E non si tratta di sola musica: si tratta di espressione di sè a
tutto tondo, modo di vestire, di parlare, di relazionarsi con il prossimo, con
l’ autorità e con i media. Di condivisione di orizzonti culturali e vedute
politiche, di un idem sentire che può tramutarsi in vera e propria simbiosi tra
l’Artista e il suo pubblico. In questo caso il successo dipende non tanto dalle sue qualità o dal suo
talento ma piuttosto da quanto è
numeroso quel milieu sociale a cui la
star si relaziona.
I migliori artisti popolari creano
legami immediati tra persone che possono non avere nulla in comune se non un
semplice responso alla loro opera, ma i migliori artisti popolari non smettono
mai di cercare di capire l'impatto del loro lavoro sui loro pubblici.[…]
l'artista può accettare l'immagine che
il pubblico ha creato di se stesso, facendo finta che il suo pubblico sia un ideale
indistinto, e perdere se stesso in mezzo al suo pubblico. Allora sarà capace
solo di confermare, ma non sarà più capace di creare. l più interessanti
artisti rock a volte giungono a questi estremi; molti non lo fanno, perché
queste sono contraddizioni con cui lottano piuttosto che risolverle. La
tensione tra la comunità e la fiducia in se stesso; tra la distanza dal proprio
pubblico e l'affetto per esso; tra l'esperienza condivisa della cultura
popolare e il talento speciale di artisti che traggono energia
dall"esperienza condivisa e contemporaneamente la cambiano.
Greil
Marcus – Mistery Train
Quando,
nel 1980, gli Iron Miden apparvero a Top of the Pop, suonando Running
Free, dal vivo per la prima volta in quel programma dal 1972, vestiti
con giacche di pelle nera, borchie, jeans, scarpe da tennis trasandate e
capelli lunghi, cantando testi come “Just
sixteen, a pickup truck, out of money, out of luck” fu l’inizio vero della
NWOBHM. Una schiera di giovani maschi introversi, brufolosi, perennemente
esclusi dalla sfera sessuale delle compagne di scuola, troppo giovani e
insicuri per godere della sovversione punk, avevano trovato il loro nuovo, personale, esatto orizzonte culturale.
Allo
stesso modo, una decina d’anni più tardi, quando Mtv mise in heavy rotation il rugginoso
video di Smell Like Teen Spirit, un’altra
“categoria” sociale fu al centro della rivoluzione: tutti gli invisibili dei
college, coloro che non giocavano a football né erano cheerleader, ragazzi
bravi e studiosi, ma non tanto da vincere borse di studio o svettare nelle
gratuarie scolastiche; quelli che avevano timidamente amato la biondina vicina
di banco, quelli che non si radevano ogni mattina e indossavano per giorni la
stessa camicia di cotone grezzo, tutti loro trovarono nei Nirvana i nuovi campioni di un’ introversione musicale ruggente e
colma più di pessimismo risentito che di voglia di riscatto sociale.
IMMAGINI
Rush – Permanet Waves (1980) – Foto
dalla copertina interna
Bob
Dylan – Like a Rolling Stone (1965)
Jean-Luc
Godard – One + One (1968)
Lynyrd
Skynyrd - Pronounced Leh-Nerd Skin-Nerd (1973)
King
Crimson - In The Court Of The Crimson King (1969)
Nirvana
– Smells Like Teen Spirit (1991)
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