I Misunderstood, loro malgrado, ebbero già nel loro nome il proprio destino.
La loro è una delle più celebri tra le
nascoste avventure rock degli anni ’60; è la storia di un fallimento. Un
meraviglioso, grandioso fallimento.
I protagonisti sono Glenn “Ross” Campbell, selvaggio e tenebroso chitarrista; Rick Brown, il cantante fuggitivo; Steve Whiting, l’unico bassista
bottleneck della costa occidentale e John
Ravencroft, talent-scout inglese vagabondo della California del Sud.
Mark
0: The Blue Notes
La Riverside dei primi anni ’60 è una
pigra città universitaria sulla costa pacifica, distante circa 80 miglia e
almeno cinque anni dalla capitale culturale del momento: Los Angeles.
La scena musicale di provincia è ferma alle bollicine di gazzosa del surf
strumentale, un genere che aveva raggiunto l’apice tra il 1960 e l 1961 e
che stava inesorabilmente segnando il passo. Uno sparuto gruppo di teenagers, noti come Blue
Notes nelle serate danzanti del college, sguazzano timidamente nel surf
dalla metà del 1963: sono Greg Treadway, chitarrista e tastierista, Rick Moe
batterista e George Phelps, leader e solista. Dopo un anno passato a suonare
Ventures, Dick Dale e Beach Boys, ai tre si aggiungono Rick Brown un giovane e
promettente cantante e il bassista Steve Whiting. Riconvertiti a quintetto,
cambiano anche il nome ribattezzandosi Misunderstood.
Mark
1: First Sessions
E’ il 1965 e mentre a L.A. si prepara ad esplodere la bomba Byrds,
un ciclone che lascerà sbigottita mezza California, dall’Inghilterra le ultime
novità dell’underground sono gli Animals del possente vocalist Eric Burdon e
gli Yardbirds, gruppo di blues rigoroso organizzato attorno al giovane prodigio
Eric Clapton. I Misunderstood tentano di allinearsi alla corrente dominante e
riescono ad incidere un acetato con 6 tracce, per la maggior parte cover di
brani inglesi. Il gruppo sta imparando a conoscersi, Brown cerca di tirare fuori
quanto più phatos possibile a volte scadendo nel languido, Phelps è un chitarrista educato ma piuttosto retrò e con scarsa
fantasia. Da queste prime sessions risultano, tra le altre, una I need your Love precisa ma piatta, una
I Cried my Eyes Out interessante, arrangiata
sul torpore di un Farfisa vellutato e riscattata da un’appassionata
interpretazione del cantante: le primissime prove dei Doors a casa Manzarek non
dovevano essere poi tanto diverse.
Il clima generale è però piuttosto
dimesso, privo di aggressività e spontaneità, l’innegabile talento di Brown non
basta a tenere assieme brani nati già vecchi. Inadatto al ruolo di chitarrista
eroico (in stile Clapton o Bloomfield) Phelps
lascia i compagni a metà del 1965 e il gruppo inizia le audizioni per
trovare un sostituto.
Oltre ai Blue Notes, l’altro gruppo
dominante ai balli dei college di Riverside sono i Goldtone, un combo surf di quindicenni che aveva ottenuto un certo
successo grazie alla trasmissione televisiva “Bowling For Dollars” per cui
aveva inciso il singolo Gutterball
(A&R Records 714), uno sfrenato strumentale dominato dalla rumorosa e
indisciplinata chitarra di Glenn “Ross” Campbell.
Glenn è un teenager alto e magrissimo,
moro di capelli e torvo di sguardo. Autodidatta, amante della slide per le
ampie possibilità sonore, rumoristiche ed elettriche dello strumento, tra il 1963
e il 1965 non si taglia mai i capelli e si specializza in uno stile scorbutico, selvaggio, assolutamente non lineare né
tecnicamente pulito, eppure di grande impatto. Solitamente scartato ai
provini delle rock band per il solo fatto di presentarsi col bottleneck al
dito, si presenta anche alle audizioni dei Misunderstood in cerca del nuovo
solista. E’ amore a prima vista.
Con questo nuovo ombroso chitarrista a
bordo, il gruppo si lancia in studio per incidere due classici blues: You Don't Have to Go' di Jimmy Reed e Who's Been Talkin' di Howlin' Wolf. Campbell
restituisce al timido gruppo dei primi acetati un volume ed un impatto sonoro
tutti nuovi, mentre alle sue spalle Winthing ha sviluppato un’originale tecnica
di basso bottleneck e Brown è un cantante sempre più sfrontato e sicuro. Who's
Been Talkin' suona incisiva nel call and response tra armonica e chitarra che
finalmente sostiene il brano in tutta la sua durata con un riff pulito e ben
suonato che si concede anche una buona dinamica nel soffuso passaggio centrale. You Don't Have to Go' sfodera per la prima
volta una languida slide à la Muddy
Waters gestita con maestria appena timida da Campbell in bel contrasto con i
potenti acuti del baritono di Brown: un bel pezzo in puro stile Chicago.
Mark
2: The American Yardbirds
Ma non basta l’inserimento del pur ottimo
Campbell a fare decollare il gruppo: l’incontro
determinante per i ragazzi di Riverside sarà quello con un dick-jokey inglese
disperso nella California meridionale e di base a San Bernardino, si fa chiamare John Ravencroft e gode di una buona reputazione di talent-scout al
passo coi tempi nonché di un ampio credito derivatogli dall’essere in diretto
contatto con la scena britannica.
Amico di alcuni gruppi di Riverside come i
North Side e i Mystics, John assiste ai concerti dei Misunderstood tra la fine
del 1965 e l’inizio del 1966, rimanendone folgorato:
I saw this group taking the stage
and starting to tune up and they looked very weird and freaky so I decided to
hang around and to see it they were any good. They called themselves, it
transpired, The Misunderstood… Well it
was like one of your St. Paul on the road to Damascus experiences, it was
stunning. They cut both The North Side Moss and The Mystics to pieces, they
really did! Glenn Campbell looked
incredibly thin and ill, with exceptionally long hair for those days and he
was hunched over his steel guitar playing the most unbelievable stuff I'd ever
heard... and Steve Whiting was doing things like playing bass with a
bottleneck; they were quite fantastic.
John Ravencroft, dale note di copertina a Before The Dream Faded
All’inizio del 1966 Ravencroft porta il gruppo ai Gold Star Studio di Hollywood e
supervisiona, in qualità di produttore, alla prima incisione professionale dei
Misunderstood. Da oltremanica intanto, arriva l’eco dell’ultimo portento del
rock inglese: è Jeff Beck, chitarrista d’avanguardia che ha sostituito Clapton
negli Yardbirds proiettando il gruppo di in una nuova dimensione elettrica e
psichica. E’ a lui che la scena underground americana guarda come una guida; ma
se molti altri gruppi si accontentano di imitare l’istrionismo e i trucchi
tecnici di Beck, per Campbell questo è
solo un punto di partenza, un incoraggiamento in più per intraprendere una
sua personale esplorazione sonora che incorpora nel linguaggio rock musica
etnica, droni orientali, arpeggi spagnoli e melodie cicliche africane ascoltate
sui vecchi vinili della Library of Congress. Le sei tracce incise ai Golden Star
Studio, di fatto quasi un intero LP, sono 20 minuti di musica che nei momenti
migliori si spingono già oltre l’avanguardia. Su tutto I'm Not Talkin', dove sul basso profondo e pulsante di Whiting, Campbell inscena un delirio di risonanze ed
effetti Larsen ciclici, musica modale in stile raga, fluttuazioni di volume e
impennate slide che vanno ben oltre il pur perfetto archetipo psichedelico
di Shapes of Things o Over Under Sideways Down. Gli altri
brani riconsegnano un robusto rock-blues nello stile che in quello stesso
momento andava affinando a Chicago Paul Butterfield con la sua affiatatissima Blues
Band, vedi l’indiavolata Shake Your
Moneymaker o lo slow Blues With a
Feeling, tra le altre. E se il gruppo ha finalmente trovato un equilibrio e
una alchimia notevole, la sezione ritmica non è mai banale, il cantante è
esuberante e deciso e quella di Campbell è
la prima e più imponente slide elettrefficata dai tempi di Elmore James.
Come se non bastasse, sulla falsariga dei
deliri di I'm Not Talkin', i Misunderstood andavano perfezionando un live-act sconvolgente che si
chiudeva coi musicisti che lasciavano il palco abbandonando gli strumenti
mentre ancora producevano liberi a imprevedibili feedback, tanto da lasciare
sbigottiti il mite pubblico del piccoli club di riverside. Campbell, magrissimo, emaciato, con lunghi capelli arruffati emanava un
carisma malato e morboso unico, come unico era anche il pioneristico
light-show di sua ideazione collegando tra l’altro fanali di vecchie moto e
automobili agli amplificatori, in modo che le luci rispondessero selettivamente
a particolari frequenze
Eppure, a parte qualche escursione al
Pandora’s Box di Los Angeles, il gruppo
faticava a trovare un suo habitat e a farsi conoscere ed apprezzare dal
grande pubblico. L’ambiente della California del sud era ormai troppo ristretto
per il quintetto. La scelta più logica
sembrava essere il trasferirsi a L.A. che all’inizio del 1966 non era
ancora stata soppiantata da San Francisco come capitale della scena musicale
dell’ovest: nella Città degli Angeli risiedevano i Byrds, massimi alfieri del
neonato Folk-Rock e stavano muovendo i primi passi band d’avanguardia come i
Love del fantastico chitarrista-autore Arthur Lee e la Magic Band, lo strambo
combo di blues agli ordini di Don Van Vliet, una sorta di Howlin Wolf bianco.
Ma qui Ravencroft, fin troppo inserito
nel ruolo di produttore-mentore, decise
al posto del gruppo e mise i Misunderstood su un aereo per Londra,
assicurando ai cinque ragazzi appena ventenni un avvenire di successi nella
capitale della cultura pop. Era il giugno 1966.
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