Un’ intervista assai simile a quella,
già qui riproposta, a Noel Gallagher. Caso vuole che sia pure lo stesso
quotidiano (Repubblica) e la stessa giornata (domenica) ma diverso artista,
John Cale, personaggio di spessore e contenuti notevoli.
Cale si concentra più sul contesto della sua epoca che non
sulle qualità intrinseche delle generazioni a confronto. E, soprattutto, non
c’è nessuna paura della tecnologia. Anzi, quasi il rimpianto di non averne
potuto usufruire a pieno in passato.
“In realtà volevamo soltanto
suonare la musica che ci piaceva ma c'era
davvero uno spazio enorme, in quegli anni, per la sperimentazione e
l’improvvisazione in ambito artistico. E un’attitudine che ho poi mantenuto
anche nella carriera da solista.
Andy aveva veramente compreso il
valore della comunicazione nell’arte, ma si era spirito oltre fino a
infrangerne le regole, per esempio proiettando immagini e filmati sui nostri
corpi, mentre suonavamo durante le sue performance. Non so immaginare che cosa sarebbe riuscito a creare avendo a disposizione un iPhone o YouTube, ma credo che la magia di quel
periodo fosse proprio legata al fatto di avere
dei limiti da superare. Oggi, a distanza di anni, riesco a sperimentare ancora di più, perché sono direttamente
responsabile di tutto quello che faccio, mentre una volta dovevo aspettare il
riscontro degli altri”
Repubblica - Domenica 6-01-2013
Una sola riflessione, e un quesito.
Smartphone, Youtube, SoundCloud, Social Network sono
tecnologie che hanno marcato-stanno marcando così indelebilmente questa epoca,
scavando col passato un solco tanto profondo, che viene il dubbio che manchi
una controparte artistica in grado di sfruttare a pieno queste potenzialità,
piegandole alle proprie esigenze, per marcare a sua volta questi tempi. Se l’arte
ha il compito di creare cultura, ha di fronte una molteplicità spaventosa di
canali, magari frammentati, forse parziali, certamente effimeri, ma che
aspettano di essere strapazzati da un Cale o da un Warhol… che in realtà, da
qualche parte, probabilmente già esistono.
E se allora fosse solo il
pubblico ad essere meno curioso e non gli artisti meno audaci?
1 commento:
Togli pure il punto di domanda dall'ultima frase.
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