venerdì 12 ottobre 2012

Stop, and look! (Visibilità – Pt.3)


“You don’t look, do you? You don’t look at the world, you just drive straight through it. Stop, and look!"

Wallander - The Fifth Woman


Il Rock ha spesso guidato attraverso veloci autostrade, sgasando a folle velocità per città rivestite di neon;  ha attraversato stati, deserti, oceani e palchi, fronteggiando isteriche masse umane in delirio per l’eroe di turno. Più raramente si è fermato, ad osservare. Ad osservare la realtà attorno a lui, a considerare la visibilità delle cose, o come esse appaiono agli occhi di chi le osserva. Come lo sguardo, ancor prima del cervello, costruisca la propria realtà.



I am a passenger
I stay under glass
I look through my window so bright
I see the stars come out tonight
I see the bright and hollow sky
Over the city's a rip in the sky
And everything looks good tonight

Iggy Pop – The Passenger (1977)

Iggy Pop torna sul tema dello sguardo sette anni dopo la morbosa TV Eye; The Passenger, quel robusto e martellante hard rock ormai diventato un classico, cala il performer nei panni dell’osservatore, seduto sul sedile del passeggero, da cui osserva il mondo che gli scorre accanto.
Non c’è vera azione, il movimento del protagonista è fittizio; c’è solo contemplazione disincantata di suburbi che passano come vecchie diapositive, deformate attraverso il vetro del finestrino. Nel ritornello, la visione diventa così profonda da diventare addirittura possesso.

And everything was made for you and me
All of it was made for you and me
'Cause it just belongs to you and me
So let's take a ride and see what's mine

Iggy Pop – The Passenger (1977)
  
A suo modo un inno per tutti coloro che odiano tenere il volante tra le mani e si abbandonano ipnotizzati con la testa stanca appoggiata al vetro. Gli spettatori della vita. Scriveva Montale in Falsetto: Ti guardiamo noi, della razza / di chi rimane a terra.


Picture yourself when you're getting old,
Sat by the fireside a-pondering on.
Picture book, pictures of your mama,
taken by your papa a long time ago.
Picture book, of people with each other,
to prove they love each other a long ago.

The Kinks – Picture Book (1968)


The Village Green Preservation Society, sesto album di studio dei Kinks, è un’ode color pastello alla memoria; non priva di nostalgia ma nemmeno del tutto abbandonata alla tirannia dei tempi che cambiano. In due brani del concept, Ray Davis decide di accontentarsi di definire l’esistenza attraverso la sola immagine di essa.
Mi vedono, quindi esisto. O almeno…sono esistito.

People take pictures of each other,
Just to prove that they really existed,
Just to prove that they really existed.
People take pictures of each other,
And a moment could last them forever,
Of the time when they mattered to someone.

The Kinks - People Take Pictures of Each Other (1968)

Ci fotografiamo per ricordare a noi stessi d esserci, vivi, presenti; reali. L’immagine si fa garante dell’esistenza e ambasciatrice di “noi” presso “l’altro”.
Ma l’immagine è anche l’espediente per riannodare i fili del ricordo: imprigioniamo in uno scatto la forma e i volti di un passato che la nostra mente, da sola, non può più padroneggiare. In ultimo diviene perfino un modo per esorcizzare la morte e ribadire con forza “Siamo Qui! Siamo vivi!”.
La presenza, o meglio, la permanenza di tracce di un passato prossimo un po’ idealizzato è l’idea portante di tutto Village Green.


Ain’t it just like the night to play tricks when you’re tryin' to be so quiet?
We sit here stranded, though we’re all doin’ our best to deny it
And Louise holds a handful of rain, temptin’ you to defy it
Lights flicker from the opposite loft
In this room the heat pipes just cough
The country music station plays soft
But there’s nothing, really nothing to turn off
Just Louise and her lover so entwined
And these visions of Johanna that conquer my mind

Bob Dylan - Visions of Johanna (1966)

Questo è il brano in cui Dylan costruisce il raffinatissimo paradosso della visione in assenza di oggetto; tanto che la visione diventa essa stessa l’oggetto. Il viaggio, la ricerca, l’attesa, l’idealizzazione di Johanna prendono totalmente il posto della sua persona fisica, tanto che non importa più della sua effettiva esistenza. Petrarca a New York.

In the empty lot where the ladies play blindman’s bluff with the key chain
And the all-night girls they whisper of escapades out on the “D” train
We can hear the night watchman click his flashlight
Ask himself if it’s him or them that’s really insane
Louise, she’s all right, she’s just near
She’s delicate and seems like the mirror
But she just makes it all too concise and too clear
That Johanna’s not here
The ghost of ’lectricity howls in the bones of her face
Where these visions of Johanna have now taken my place
Now, little boy lost, he takes himself so seriously
He brags of his misery, he likes to live dangerously
And when bringing her name up
He speaks of a farewell kiss to me
He’s sure got a lotta gall to be so useless and all
Muttering small talk at the wall while I’m in the hall
How can I explain?
Oh, it’s so hard to get on
And these visions of Johanna, they kept me up past the dawn
Inside the museums, Infinity goes up on trial
Voices echo this is what salvation must be like after a while
But Mona Lisa musta had the highway blues
You can tell by the way she smiles
See the primitive wallflower freeze
When the jelly-faced women all sneeze
Hear the one with the mustache say, “Jeeze
I can’t find my knees”
Oh, jewels and binoculars hang from the head of the mule
But these visions of Johanna, they make it all seem so cruel
The peddler now speaks to the countess who’s pretending to care for him
Sayin’, “Name me someone that’s not a parasite and I’ll go out and say a prayer for him”
But like Louise always says
“Ya can’t look at much, can ya man?”
As she, herself, prepares for him
And Madonna, she still has not showed
We see this empty cage now corrode
Where her cape of the stage once had flowed
The fiddler, he now steps to the road
He writes ev’rything’s been returned which was owed
On the back of the fish truck that loads
While my conscience explodes
The harmonicas play the skeleton keys and the rain
And these visions of Johanna are now all that remain

Bob Dylan - Visions of Johanna (1966)

Una lunga rincorsa tra le incarnazioni di Johanna, idea quasi platonica che si manifesta in epifanie di amori privati per le strade della città, nei cui vetri, nei cui schermi nasce il riflesso di un desiderio interiore.
L’idea ritorna, persiste, imprigiona il pensiero in un loop tautologico da cui non si esce; la struttura circolare della canzone è come la ruota in cui corre perennemente il criceto. Ma Johanna, come essere umano, come donna, non c’è. Si aggira per il Village come l’apparizione di uno stato mentale.
Rimane solo Louise. E una visione.
Essendo, con Sad Eyed Lady of the Lowlands, il capolavoro di Blonde on Blonde, Visions of Johanna si candida ad essere una delle più affascinanti e profonde canzone mai scritte.

IMMAGINI

Salvator Dalì - Metamorfosi di Narciso (1937)
Iggy Pop – Lust For Life (1977)
The Kinks - Village Green Preservation Society (1968)
Bob Dylan – Blonde on Blonde, fotografie dalla copertina interna (1966)

5 commenti:

mr.Hyde ha detto...

Commento (perche sennò su Dylan deraglio) solo sul The Passenger.
E’ una grande bella sensazione quella di appoggiare la testa sopra il finestrino del treno , avvertire un lieve sobbalzo, il cigolare delle ruote e lo staccarsi lentamente in silenzio dalla stazione... Questo momento in genere è un sollievo. E’ strano quello che succede: sei fermo e seduto eppure sei tu che ti stai spostando da un posto all’altro, mentre tutto quello che fuori vedi muoversi, alberi, case,montagne, sono un punto fisso, fermo, dentro una ideale carta geografica.
Non sono un tipo da grandi viaggi in auto o in moto : ho preferito farmi trasportare, girare in autostop. Non mi sono mai interessati i punti di arrivo o di partenza ma tutto quello che ci stava in mezzo…
Mi è piaciuto leggere questo bel post.

Eugenio ha detto...

Meraviglioso post, ma non citi un capolavoro: "Life Is A Highway" dei Rascal Flatts.
Il brano è inserito nella colonna sonora del cartone animato "Cars - Motori ruggenti" (altro capolavoro!) ed accompagna Saetta ed il bilico Mack allorché intraprendono il viaggio verso la California: la città, con il suo traffico e le sue luci, si allontana, l'autostrada pian piano è rischiarata dai tenui toni azzurrini dell'alba, i campi coltivati sfilano indistinti alla luce del pieno giorno, nel caldo pomeriggio adagio la testa al finestrino ed osservo la lunga l'ombra del mio capo che danza e scivola sui rilievi fiancheggianti il nastro d'asfalto. Sto vivendo sospeso nel tempo, non sono in nessun luogo perché mi sento ovunque: sono partito, ma perché devo arrivare?

ant ha detto...

bellissimo post come sempre, del resto...

Unknown ha detto...

E' un piccolo post, in realtà; avevo in mente ben altro...ma questo è quello che è uscito. Ho preferito fare una piccola cosa, cercando di farla bene, piuttosto che un lungo elenco un po' impersonale...e ahimè, non è solo Life Is A Highway (x cui ringrazio Eugenio) che "manca" ma anche tante altre...chissà che non si trovi il tempo e il modo per ritornarci su!

Bartolo Federico ha detto...

trova quel tempo evil.

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