Isola di Taiwan, Camp Reagan - 27-09-2034
Sono le dieci passate quando io, John e Ray saliamo assieme sulla
grande terrazza che sta sul tetto della caserma e affaccia da un lato sul
piazzale interno e dall’altro guarda la città fino oltre all’isoletta di Luzhou;
qualche birra, mezzo pacchetto di sigarette; un po’ di fumo afgano. Sotto di
noi infuria una partita di basket tra gente della Devil Brigade e della Duke. Sudati,
violenti, volgari. Oltre la rete un gruppetto di ragazzini cinesi li fissa,
ammirato.
Guardo il nostro terzetto: un nerd esperto di comunicazioni, un
giovane medico pulito e timorato di Dio, un soldato come ce ne sono altri
mille.
Manca qualcosa.
Manca l’esaltato guerrafondaio con gli occhi iniettati di sangue;
manca l’enorme mitragliere nero che nei film sul Vietnam muore sempre,
regolarmente crivellato dal fuoco amico; manca il fanatico repubblicano del Sud
Carolina, uno di quei deviati con il poster dello Zio Sam in camera che si
masturba sulle foto di Lynndie England.
Manca uno che sappia veramente fare la guerra; perché credo che né io
né i miei due compagni riusciremo a cavarci i piedi se ci sarà da sparare per
sopravvivere. I due Berretti Verdi di Camp Bragg serviranno allo scopo, spero.
O No. Meglio andare allo sbando da innocenti inconsapevoli; fa meno
male. Restituisce un retrogusto di giustizia di classe, di equità.
Uno stereo vecchio di anni, qualche vecchio pezzo sovversivo che ormai non dice più nulla a nessuno: Pink Fairies,
Third World War, Edgar Broughton.
Evening Over Rooftop, con
quella sballata ouverture per quartetto d’archi e gli assoli da west coast
trasportata nel mezzo di una antica rivoluzione industriale londinese, che
anche adesso brulica sotto i nostri occhi.
La città vive solo nelle sue luci, nelle sirene degli incrociatori che
pattugliano il mare, nel frastuono del mercato notturno e nei clacson di taxi
che scappano senza meta nello slum. I fantasmi di Desolation Row sono tutti sotto i nostri occhi, vanitosi, si pavoneggiano
sui marciapiedi come prostitute ragazzine inesperte e strafottenti. Un'altra
birra; John si sdraia e sospira all’ombra di una ciminiera quasi nascosta dallo
smog. Ray sta in silenzio, come sempre. Ancora un’orrenda sigaretta indonesiana.
L’ultima notte nella terra dei vivi, quella che conosciamo meglio.
Due giorni fa, sugli scogli di Kagoshima mi sembrava di affacciarmi
alla fine del mio piccolo mondo privato. Ora pagherei per essere ancora là;
ubriaco di Asahi e sakè, gettare sassi nell’acqua della baia. Vorrei ancora avere un paio di giorni.
How far are we from dying Is it nearly at an
end?
Quanto siamo distanti dal morire? E’ solo lo spazio del mare che ci
separa dalla costa? O c’è dell’altro? Corro con lo sguardo verso un orizzonte rotto
dai palazzi d’acciaio di downtown. Ripensiamo al college, ripensiamo
addirittura alla pigra idiozia dell’addestramento in qualche caserma perduta
tra il mais del Kentucky. Ripenso allo sbarco di due giorni fa in Giappone.
Pioggia a dirotto, materassi umidi. Anche quello mi manca. Ma già domani sarà
questo grande tetto piatto a venirmi alla mente; e vorrei tornarci anche se
adesso, mezzo ubriaco, tengo lo sguardo socchiuso alla plumbea notte orientale.
Riattacco con Edgar Broughton; John tiene appena il tempo con un
riflesso involontario degli ultimi nervi vivi dentro di lui. Si alza il vento,
e sembra disegnare spirali polverose in aria che avvolgono le strade come stormi
di spiriti inquieti e curiosi. Planano tra la folla, ghermiscono i risciò e le
luci dei drugstore. Spaventano le gang di ragazzini apolidi e orfani.
Hawkwind, Down trough the night.
Into the blackness we drown Round round and
round Round round and round. All’infinito.
Affoghiamo nel nero. Lo facciamo anche noi, mentre la brezza marina
rinforza e scaccia gli spettri.
We took the wrong step years ago,
mentre mi addormento sulla chitarra di Dave Brook, strani gabbiani elettronici
si scambiano richiami d’amore tra gli scogli e i grattacieli della costa.
Abbiamo sbagliato strada; e dopo tanti anni sul sentiero e sulla polvere è
difficile ritrovare la direzione. Preferiamo vagare, senza tentare, nessuna
meta, senza porci il problema, sperando che la fortuna, un giorno ci spinga
sulla rotta più giusta.
La testa torna a pulsarmi; dum
dum dum doom doom! Dead Man scandisce di nuovo il passo dei miei neuroni.
Ci sto. E’ la mia copertura, dopo tutto. Ormai è lei che cerca me e non
viceversa. Mi addormento sul palco mentre la batteria squadra una danza apache
attorno al falò. John, Ray, non li vedo nemmeno più. L’orizzonte gira come una
testa ubriaca, solcando cieli di enormi pterodattili verdi che planano senza
battere le ali su cadaveri di fiori notturni ricadenti da steli esausti,
stuprati da lunghe proboscidi di falene monotone. Volano sull’isola, nidificano
sui comignoli, spodestano ignari caporali del Maine dalle torri di guardia agli
angoli delle recinzioni, mentre squadre di sabotatori olandesi tagliano la rete
e riempiono di graffiti rossi il muro del comando, spezzano l’asta della
bandiera e la immergono nel petrolio prima di farne un falò. La batteria sospira
il passo della danza, ancora, senza sosta. Sintetizzatori galattici lanciano
segnali di guerra dell’oltrespazio nascosto dietro galassie appese come sfere
di cristallo all’albero di Natale; ne riflettono le luci stravaganti.
La strada sbagliata che ci siamo scelti non ha più biforcazioni, non
ha scorciatoie. Una vecchia guida Navajo sta seduta con le gambe incrociate
mentre io, piangendo, gli chiedo la direzione giusta. Ma non ci sono altri
sentieri. “Non puoi che andare dritto, davanti a te. Non ci sono altri sentieri
all’infuori di quello che sta sempre un passo avanti al tuo piede destro”.
Dead Man, So you wanna live now but it's only
time to die!
Un’alba umida intrisa in spire di astinenza al rumor bianco
intorpidisce ciò che resta del mio corpo; il sole è già malato, appena sorto da
una visione acquosa e pallida sulla lunga linea verde della costa che rimbomba al
grido meccanico degli incrociatori.
E’ tempo di andare.
2 commenti:
Non lascio i commenti perchè sarebbero stupidi, preferisco leggerli questi post..
Thankssss!
...comunque occhio, ormai siamo ad (una) fine...
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