Verso la metà degli anni ’70 anche Lester Bangs era convinto che
l’unica salvezza del Rock sarebbe stato il nuovo “Glam Frocio” d’Inghilterra:
Mott the Hoople, Sweet, i macho man populisti Slade. Gruppi che in America non
trovarono mai spazio considerato che l’immaginario Yankee difficilmente
comprendeva la tipologia del “dandy effemminato”. Per non parlare della caccia
alle streghe che si scatenava (New York a parte) ogni qual volta sul palco
c’era sentore gay nell’aria, basta vedere i trattamenti riservati a Velvet e
New York Dolls: provate voi ad andare a suonare agghindati da trans ubriaconi tra
Tucson e Shreveport … E se in California trasgressioni vistose come quelle
potevano passare per divertimento leggero, il neoclassico damerino Fred Cole (già veterano di guerre
psichiche californiane con Weeds e Lollipo) e la sua scalcagnata band di rocker
dal nome Zipper, dovettero pensarla
diversamente quando decisero di trasferirsi a Portland, forse non proprio la
strada per il successo, anche se l’Oregon vantava una indomita tradizione di
garage bands.
Nel 1975 il gruppo incide l’unico LP, dal titolo omonimo, per
l’ignota etichetta Whizeagle. Più un
affare “home made” che una pubblicazione vera e propria: 500 copie rilegate a
mano con scotch colorato. Un album di Garage-Glam ammiccante, a tratti perverso
e fin troppo hard, in cui troneggia l’ubiquo e licenzioso falsetto del cantante
che si atteggia ora a versione castrata di Plant ora a geisha ruffiana d’alto
bordo, mischiandosi tra bubblegum rock che potrebbero stare tanto su Desolation Boulevard quanto su School’s Out. Alle sue spalle una band
solida e rumorosa con una chitarra glaciale, disordinata ma tagliente, che
azzecca anche un paio di riffs niente male (Born Yesterday, Let
It Freeze) qualche assolo disteso e ridondante specie in Face
of Stone, pezzo che pare uno spin-off in salsa femminea di Jury dei mitici Trapeze di Mel Galley e
Glenn Hughes.
Poi va a finire che il pezzo migliore è l’inedito Ballbustin’ Woman, jam
libera e funkeggiante in cui il basso ha i suoi momenti di gloria nei due rombanti
e sfocati assoli. Magari gli Zipper volevano veramente fare sul serio col Rock;
da buoni “simil-glam“ si impegnarono per evitare che il degenerare del progressive
si trascinasse dietro tutto il resto; eppure quel che oggi rimane all’ascolto è
una sciarada di fantastiche parodie tanto dei Macho-Man dell’hard rock, quanto
delle api regine del Gay-Rock Britannico.
Il tutto, meravigliosamente, senza volerlo. Affatto.
Zipper - Zipper (Whizeagle W 0001), 1975
Fred Cole: Vocals
Lorry Erck: Drums
Jim Roos: Guitar
Greg Shadoan: Bass
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