Tornano, in edizione “estiva”, le Riletture
Americane, liberi percorsi nella musica commerciale del dopoguerra,
che cercano di tracciare rotte inconsuete per semplici associazioni di idee,
sulla falsariga di categorie generali come Rapidità,
Leggerezza,
Esattezza.
E’ ora il turno della Visibilità, caratteristica che solo
apparentemente appare distante dalla Musica…
Buon
viaggio!
Intervistato in un programma televisivo
italiano in occasione dell’uscita dell’ultimo album, Band of Joy, Robert Plant
offrì una risposta sagace ad una domanda banale - che differenze esistono tra
la musica di oggi e quella della sua giovinezza. Il cantante individuò la diversità
principale nella mancanza di mistero, nell’assenza di segreto, di magia, derivanti
dal fatto che oggi tutto è fin troppo mediatico, noto, pubblico; in una parola,
visibile.
“Una
volta, quando ero bambino, i musicisti erano gente misteriosa (…) li vedevi alla televisione ogni tanto però la
copertura mediatica era limitata. Adesso invece il gioco è aperto a tutti e il
mistero non c’è più…e senza mistero è un
altro mondo”
Mistero!
Che parola fantastica. I musicisti erano iniziati, uomini sacri e quasi
invisibili.
Lo stesso Plant si trovò indirettamente
al centro di un aneddoto curioso riportato da Dan McCafferty e Pete Agnew,
cantante e bassista dei Nazareth, durante un intervista con Dave Ling di
Classic Rock Magazine:
McCafferty and Agnew were despatched
to a pub in London’s Fleet Street, then the hub of music journalism, to drum up
some much-needed publicity. Whilst awaiting the journalist that would interview
them they struck up a conversation with two other longhaired herberts.
“They asked us if we were in a band
and when we said that we were had actually heard of Nazareth,” says Pete. “We
asked them the same question, and were embarrassed to find that they were in
Led Zeppelin. We were eating sausage and beans with none other than Robert
Plant and Jimmy Page, but we’d never
seen a picture of them.”
“Ci
chiesero se eravamo in una band e rispondemmo chiedendogli se avevano mai
sentito parlare dei Nazareth; gli facemmo qualche domanda e fummo imbarazzati
nello scoprire che loro erano dei Led Zeppelin. Eravamo a mangiare salsiccia e
fagioli con Robert Plant e Jimmy Page, ma non avevamo mai visto alcuna loro
foto”
Quale sia la portata “conoscitiva” della
visibilità sta tutta qui. McCafferty e Agnew erano giovani rocker entusiasti,
discepoli hard rock che stavano imparando a suonare su Good Times Bad Times e che avevano nei Led Zeppelin il loro
personale Mito. E mai erano entrati in contatti visivo con i loro Eroi: non
sapevano chi fossero, come fossero fatti, se avessero i capelli lunghi o biondi
o la barba fluente. Non li conoscevano. La musica era ben presente ed
indelebile nella loro testa, mancava
l’immagine. Restava il mistero… Chissà se oggi sarebbe possibile una
situazione simile…
Qual è il ruolo della Visibilità
nell’Arte e per il successo di un musicista, colui che ha direttamente a che
fare con le orecchie e solo indirettamente con gli occhi? Si può essere musicisti
invisibili? Se la star non ha un’immagine che possa fissarsi indelebilmente
nelle menti degli ascoltatori, è una vera star? In definitiva: Può esistere musica senza l’immagine di
colui che l’ha prodotta?
Videor,
verbo latino, significa letteralmente essere
visto; quindi anche esistere. Ed essere visti, nel fatuo mondo artistico
significa spesso essere conosciuti e famosi, specie attraverso i media moderni
per i quali a grande visibilità corrisponde
grande popolarità. Ma alla radice di videor sta qualcosa che va al di là
dell’esigenza di marketing e commercializzazione del prodotto, al di là della conquista
del successo; qualcosa che ha a che fare con la ricerca di sé, per giustificare
e ribadire l’esistenza dell’opera stessa - e del suo autore - di fronte ad una
comunità di possibili fruitori. Videor ergo sum? Forse la pensava così Ray Davies
quando, in Village Green, scriveva: People
take pictures of each other, Just to prove that they really existed.
Anche in una sfera prettamente “acustica”
come quella musicale, l’autore ha la necessità di ribadirsi tale, di essere
identificato non solo attraverso la sua produzione ma anche per la sua figura.
Chi troverà il modo di creare un autoritratto in musica avrà raggiunto un
risultato artistico notevole.
Dall’altro lato dello spettro sta la forma
attiva del verbo: non più essere visto
bensì vedere. Come vede l’artista? Come
recepisce le realtà che lo circonda, come riesce a manipolarla per costruire mondi altri? Si può trasformare una sensazione puramente visiva in suono o addirittura
in musica?
Tante domande per ora. Speriamo,
proseguendo il percorso, di trovare anche qualche risposta.
IMMAGINI
Odilon Redon
- Yeux dans la forêt (1882)
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