Fu una "forma canzone" assai abusata dai grandi nomi dell’hard & heavy
americano almeno fino all’avvento del punk, ed ancora oggi è una tipologia,
seppur sfuggente e non sempre univocamente definita, assai comune tra i gruppi “pesanti”.
Alcuni caratteri ricorrenti: lunghezza spesso sopra la media, tempo
lento, inizio acustico o comunque assai dolce, assolo imponente di chitarra
solista, crescendo finale, testo malinconico
/ strappalacrime / filosofico.
Di chi fu il peccato originale che diede il via a questo nuovo
standard? Le risposte plausibili sono numerose e vanno da Georgia on My Mind a The
House of the Rising Sun (versione Animals), alla mitica Hey Joe, alla Wild Horses degli Stones, ai Free di tutto quanto Fire and Water, fino a Joe Cocker o addirittura Tom Jones.
Certo che all’atto pratico pezzi come Stairway to Heaven e Child in
Time il loro contributo lo diedero eccome…
Stephen Davis – Il Martello degli Dei
Pressoché tutti i più famosi complessi dell’hard americano e
britannico potevano mettere in scaletta un brano del genere; nei concerti era
spesso il momento clou, quello in
cui si metteva mano agli accendini e si stringeva la persona amata (o più
comunemente il boccale di birra). Gli esempi sono innumerevoli e a volte assai
noti.
Un romanticone come Pappalardi può vantare una buona batteria di
ballatissime: dietro la celebre Nantucket
Sleighride (1971) stanno anche Tired Angels e For Yasgur's Farm.
Steppenwolf
Desperation (dal primo
album, 1968) è una potente visione distorta e strappalacrime di quasi 6 minuti ma
John Kay farà meglio ancora con It's
Never Too Late (At Your Birthday Party, 1969).
When rain drops fal
and you feel low
Ah, do you ever think it's useless
Do you ever feel like letting go
Do you ever sit and do you wonder
Will the world ever change
And just how long will it take
To have it all rearranged
Tell me why these things are still the same
Tell me why no one can seem to learn from
mistakes
Take my hand if you don't know where you're
goin'
I'll understand, I've lost the way myself
Oh, don't take that old road it leads to
nowhere
We must leave before the clock strikes twelve
Steppenwolf
- Desperation
Rush
Da zeppeliniani di ferro, si gettano in una In the End con esplosione elettrica finale da manuale (da Fly By
Night, 1975 ma anche meglio dal vivo su Exit, stage left). Il tutto
tralasciando Lakeside Park e Closer to the heart, mica poco…
Well, I can see what you mean
It just takes me longer
And I can feel what you feel
It just makes you stronger
You can take me for a little while
You can take me, you can make me smile in the
end
Rush – In the
End
Bloodrock
Robusti mercenari sudisti non facili ai sentimentalismi ma pure assai appassionati
e melensi in Sable And Pearl (da Bloodrock
2, 1970).
Grand Funk Railroad
Nei 9 minuti della complessa suite I'm
Your Captain (da Closer To Home, 1970) spuntano addirittura tastiere
flautate: Detroit li bandì per sempre.
I can feel the hand, of a stranger,
And it's tightening, around my throat.
Heaven help me, Heaven help me,
Take this stranger from my boat.
Grand Funk
Railroad - I'm Your Captain
Blue Oyster Cult
Se Astronomy è uno dei loro
cavalli di battaglia, la stessa Flaming
Telepaths, che la precede nella scaletta di Secret Treaties (1974), non
scherza. Per tacere di (Don't Fear) The
Reaper…
Captain Beyond
La super ballata astrofisica è Starglow
Energy (da Sufficiently Breathless, 1973); almeno una variazione sul tema…
Lynyrd Skynyrd
Nell’album d’esordio addirittura un tris che ha fatto epoca: Tuesday's Gone, Simple Man e Free Bird.
Train roll on, on down the line,
Won't you please take me far, far away.
Now I feel the wind blow, outside my door,
I'm leavin' my woman at home, oh yeah.
Tuesday's gone with the wind,
My baby's gone, gone with the wind.
And I don't know, oh, where I'm goin'.
I just want to be left alone.
When this train ends, I'll try again.
I'm leavin' my woman at home.
My baby's gone
Tuesday's gone with the wind.
Lynyrd
Skynyrd - Tuesday's Gone
Aerosmith
Direttamente dal 1973 di questo ibrido “Rolling Zeppelin”, ecco la
mitica Dream On.
Dopo un brevissimo periodo di interregno punk, la power ballad tornerà
prepotentemente in voga negli anni ’80 fino a trovare il suo vero coronamento
con l’hair metal dei primissimi novanta, quello Don't Know What You Got (Till It's Gone) dei Cinderella (1988) e di
November Rain dei Guns (1991).
I gruppi dell’underground non si fecero pregare e molti di loro si
concessero la propria piccola scala per
il paradiso.
Granicus – Granicus (1973)
Prayer
Undici minuti di misticismo spicciolo dopo la terza birra; per fortuna
c’è un grande cantante che si carica tutto sulle spalle…
The Third Power -
Believe (1970)
Won’t beg anymore
Torpori e lentezze al peyote in stile James Gang
Highway Robbery – For
Love or Money (1972)
All I Need (To Have Is
You)
Questi erano veramente trash, ma un pensierino romantico non lo si nega
a nessuno! Risolvono con inaspettata scioltezza alla CSN&Y.
Zipper – Zipper
(1975)
Face of Stone
Arpeggioni tristi e pantomime glam.
Ursa Major - Ursa Major (1972)
Liberty And Justice
Un gruppo fatto per questo tipo di pezzi, c’è solo l’imbarazzo della
scelta. Tutto da manuale.
Zerfas – Zerfas (1973)
Hope
Una ballata in riva al mare che si tramuta in silente contemplazione
elettronica. Occhio perché le stampe in CD fondono assieme più canzoni…
Maypole – Maypole (1970)
Stand Alone
Insipida lungaggine chitarristica da fine lato B. Ma… possibile che
preceda Stairway to Heaven?
Poobah – Let Me In (1971)
Enjoy What You Have
Modesto proposito da fraticelli francescani con un bel fascino
unplugged.
Dryewater - Dryewater (1974)
Thunder
Sembra una paginetta del Vangelo per bambini recitata al Gods of
Metal; con gli accendini in mano.
4 commenti:
Grande musica,grande Evil.quando vai dentro queste band, si sente che il tuo cuore batte forte.
:))
Interessantissima selezione...
a me son piaciuti pressochè tutti, grazie :))
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