domenica 27 gennaio 2013

Frammento #13 Isola di Taiwan - Comando 4° MSIG,Divisione Guerra Psicologica - 27-09-2034


Isola di Taiwan - Comando 4° MSIG,Divisione Guerra Psicologica - 27-09-2034


Vedete, tra gli Shilluk del Nilo Bianco, il Grande Sacerdote è la figura più importante del regno; l’unico a sapere, l’unico che interpreta i segni del cielo e conosce le stelle. Porta sempre una maschera di legno colorata di porpora; nessuno conosce il suo vero volto. E’ lui che può decidere della successione al trono: non appena il Re da i primi segni di cedimento fisico, ad un cenno del suo braccio, è il popolo stesso ad incatenare il sovrano e farlo a pezzi pubblicamente. Eppure, formalmente, non ha poteri. Nessuno è tenuto ad eseguire il suo volere, ed anzi egli stesso parla assai di rado. Ma su di lui si basa il fondamento più profondo del regno: la ciclicità del tempo; la trasmissione del sapere”.
Neanche ce ne accorgiamo ma stiamo camminando lentamente lungo un arioso corridoio di vetrate con scheletri d’acciaio a strapiombo su Shishang Road e tutto il suo rombare di luci. Dietro, Miss Sun ci segue; discreta, silenziosa. In un’altra occasione non le avrei staccato gli occhi da dosso; sangue misto, tratti indefinibili; uno sguardo oltre il malizioso. Ora, semplicemente, non me ne frega nulla.
“Così abbiamo ceduto quella meravigliosa Blue Lady ai gruppi di separatisti Curdi e Azeri con cui eravamo in contatto da anni.” Si fermò, girandosi di scatto verso di noi “Ma ci tengo a precisare signori che né io, né il mio Ufficio e tantomeno il Governo del nostro beneamato Paese nulla, nulla ci hanno guadagnato da questa, diciamo, transazione. Noi non siamo volgari spacciatori, vero? E lei signor Anderson dovrebbe comprenderlo meglio di altri…”.
“Fu un peccato non poter prevedere nel dettaglio gli effetti che quella nuova sostanza ebbe sulle giovani generazioni iraniane; quella del 2010 in particolare, che di fatto fu la leva a cui ci attaccammo per tutte le azioni più eclatanti. Ma dobbiamo pur ammettere che certe previsioni stanno tutte quante nella sfera di un numero esponenziale di probabilità e variabili. Una sfera di caos insondabile”. Crowley guardava in alto, come ripescando da una memoria che trasudava dalla pelle.
“Certo, ci sono stati… eccessi. E chi pensava che la cellula di Shahreza avrebbe distrutto la moschea di Ishfan a colpi di piccone? O che nel nord quel gruppo di Ahwazi in piena crisi d’astinenza facesse esplodere a suon di dinamite l’intero ospedale di Tabriz solo per raccattare qualche scatola di Dolophine? Sono quelli che i miei colleghi in divisa si divertono a chiamare danni collaterali. In realtà sono azioni che fanno parte di un piano più ampio”. Un lungo silenzio; immobile. Di nuovo Garner cerca di intervenire; invano.
“Ma voglio che sappiate che l’esercito americano non ha fatto vittime in tutta quella faccenda; tantomeno tra i civili; hanno fatto tutto da soli. I Navy Seal sono intervenuti solo con compiti di rifinitura e di retroguardia. Nel Kavir centrale hanno portato in salvo un gruppo di rarissimi ghepardi asiatici”.
“…ghepardi signore?”.
“Hanno portato in salvo molti altri animali; significa preservare la biodiversità. Ai senatori piace di tanto in tanto varare qualche “Programma Arca” che culmina con le foto degli interessati circondati da qualche strana razza di roditore tropicale in via d’estinzione; dicono che attirano voti. Io non arrivo a comprenderli a pieno… ma d’altronde ci sono tante cose che non comprendo a pieno dell’esercito. E tante che l’esercito non comprende di me”.
Siamo in una grande stanza circolare che pare la torre di un castello futurista destinata a non reggere ai colpi della prossima catapulta.
“Ed eccoci, divagando… Scusatemi, io parlo troppo. E’ come se non avessi mai abbandonato la mia cattedra a Berkeley. Siamo nel cuore di tutta questa operazione. Signor Anderson, signor Garner, signor Turner: questo è il centro pulsante del traballante teatro che ci circonda.”
La stanza era vuota; tutte le pareti di vetro. Sottili. Membrane impermeabili sulla città. Un grande tavolo lucido, qualche sedia. Lo sguardo poteva spaziare da Sanzhong fino alla costa di Port Bali.
“Ma, come vi ho già detto, io non firmo ordini. Per quelli c’è una pletora di colonnelli in uniforme che non vede l’ora di spedire ragazzi armati fino ai denti a Shenyang; o a Fuzhou”.

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