Artista: Firebirds
Album: Light My Fire
Label: Crown (CST 589)
Anno: 1969
A1 Light My Fire
A2 Delusions
A3 Reflections
A4 Bye Baby
B1 Gypsy Fire
B2 Free Bass
B3 No Tomorrows
B4 Warm Up
Psichedelia in clamoroso ritardo o un precocissimo sintomo di stoner
grave, e greve?
Nessuna delle due, perché - è vero - una copertina retrò in maniera imbarazzante ed
uno strumentale schitarrante di Light My
Fire vi indirizzeranno verso l’ultimo vagito di un surf di cui nel ‘69 si
era già perso il ricordo. Ma dimenticate Dick Dale, perché dopo un paio di obbrobriose
ballatine cantate da un Dino Valente stonato, si vira verso un ibrido bastardo
di Blue Cheer, Black Sabbath e Ventures che non avreste mai pronosticato. Un album talmente misterioso che ancora tiene
celati i nomi dei musicisti e la tracklist più corretta (visto che in giro se
ne trovano ordinate in ogni modo).
Reflections, evidentemente
un outtake di qualche impossibile “Vincebus of Reality”. Poi il bluesaccio
insostenibile di Bye Baby con basso
saturo e vocalità indisponente. Trito e ritrito, sentito già in 1000 pub al venerdì
sera, alla fine di ogni scaletta. Però mica male…
Ma le meraviglie stoner non sono affatto finite: Free Drum, Free Fuzz, Free Bass deliranti, cacofonici, mal suonati ed
apparentemente estemporanei, distortissimi e folli, con tanto di assolo di
basso alla Cisneros stile Om e tanti saluti! Gypsy Fire ha tutta l’eleganza di una sega elettrica manovrata da
un inetto taglialegna spastico dell’Oklaoma in crisi da THC con Out of Focus sparata direttamente nel
lobo frontale.
Una valanga disordinatissima e bambinesca di rumori rockettari ed
umori mascolini sputati qua e là come se fossero incisi da quattro derelitti in
ritardo per la prossima Apocalisse. Manca un cantante, non si dica bravo, ma
appena decoroso; mancano anche tante altre cose, ma sono i vuoti, gli spazi
bianchi e la più totale inetta casualità il bello di quest’album.
Estemporaneo, rugginoso, senza ispirazione, metodo né cognizione.
Stoner casuale ma rombante, per un album che sebbene considerato (non
del tutto a torto) una preziosa reliquia del suo tempo e del suo genere, non ha
poi valutazioni clamorose. Attorno ai 100 $, ma mai oltre i 200 per la stampa
originale Crown su label bianca e nera. Abbastanza numerosi gli scambi. Nel
2012 la stessa Crown ha ristampato il disco in vinile con l’aggiunta di due
bonus, presenti anche nella versione CD della Radioactive (legale o meno che
sia…).
Presenti anche su i-Tunes, Google Play e perfino Spotify, ma in questo
caso dovrete cercare bene tra gli omonimi, senza contare che la tracklist pare
un po’ disordinata.