lunedì 18 novembre 2013

Zerfas - Zerfas (US Hard Rock)


Artista: Zerfas
Titolo: Zerfas
Anno: 1973
Label: 700 West LH (730710)

Line-Up:

Bill Rice: Bass, Vocals 
Steve Newbold: Bass, Guitar, Vocals
Mark Tribby: Bass, Guitar, Vocals
David Zerfas: Drums, Percussion, Vocals, Guitar
Herman Zerfas: Keyboards, Vocals, Guitar, Bass 


A1 You Never Win                         
A2 The Sweetest Part
A3 I Don't Understand                 
A4 I Need It Higher                       
B1 Stoney Wellitz                           
B2 Hope                             
B3 Fool's Parade                             
B4 The Piper



Zerfas! Ecco il nome di un vero gioiellino dell’underground; un disco di spessore elevato e dal sound assai particolare, tra i pochissimi prodotti americani che si spinge ad esplorare il più profondo progressive britannico, senza timore di sfidare i Maestri (ELP, Genesis, King Crimson nello specifico) sul loro stesso terreno, riuscendo anche ad uscirne senza le ossa rotte… anzi!
Prodotto di Indianapolis, il gruppo di polistrumentisti dei fratelli David e Herman Zerfas lavora bene con gli strumenti in mano ed altrettanto bene dietro le consolle. Fantastico che nel 1974 aprano ancora You Never Win su un preludio di nastri, voci e chitarre “backwords”, come i vecchi Byrds di Younger Than Yesterday, dal sapore retrò ma decisamente ipnotico, per poi sciorinare un riff organo-chitarra di tendenze hard come i migliori Vanilla Fudge che risuonano nelle teste ammirate di Jon Lord e Ritchie Blackmore. Il testo poi è un ironico musical che celebra il più bieco nichilismo punk, senza lasciare né speranze né morale, tanto che nemmeno il chorus assai pop riesce a mitigare un assalto materialista così dissennato. Sarà per questo esagerato negativismo che il gruppo compensa con The Sweetest Part, la cui prima frase celebra zuccherosi orizzonti sixties; e per fortuna che la canzone esibisce un multistrato sonoro importante, in cui si assommano chitarre acustiche, elettriche, basso, qualche bordone minimalista di tastiera, per una ballata solare che suona come un intero album Sub Pop di metà ’90.
I due pezzi seguenti, perduti tra torbide nebbie sonore, cercano di trapiantare il favolistico medievaleggiare dei King Crimson nei freddi stati dell’Unione, aggiungendo a melodie minori e chitarre atmosferiche qualche dose di sketch rumoristico zappiano, caroselli equini da luna park maledetto e parti vocali di antica depressione feudale.
Dopo un bizzarro intermezzo di musique-concrete, I Don't Understand è raccontata con la melliflua soavità di un Peter Gabriel depresso e scivola sul bilico di danze antiche dal sapore di un Valzer all’assenzio in un bistrot a Montmartre; I Need It Higher cerca di districarsi tra chitarre distorte e raffinatezze frippiane in una mesta litania che via via si riempie di bassa tecnologia sintetica elletro-acustica che sottende a visioni di morte annunciata.
Nel mezzo dell’album (apertura del lato B) c’è il bizzarro boogie sovra strutturato e caricaturale, non privo di ritmo e ironia, di Stoney Wellitz, cioè i Little Feat che suonano su Child In The Sun dei Nazareth, canzone dal ritornello i-den-ti-co, provare per credere.
Hope è tutto ciò che non ti aspetti: evocata da un oceano in crescente tempesta, dispiega un hard-rock melodico portato in orbita da un assolo da distante guitar-hero sull’ultimo scoglio di Nantucket, che divaga morbido tra il Blackmore più barocco e le ballatone di Pappalardi, e che finisce per sfumare nella marea oceanica. Poi, tutto si ferma, e dalle profondità dell’Atlantico emerge un organo celeste da cattedrale tra le nuvole che si prende tutto lo spazio, con l’ansimare geologico di un’isola che riemerge dalle acque, circondata da musica cosmica impronosticabile. E’ quasi un peccato che il brano riprenda sulla melodia iniziale e chiuda di nuovo allo sbattere delle onde, effetto che alla fine diventa un po’stucchevole.
Ultimi, progressivi già dai titoli, in perfetta continuità sonora, vengono Fool's Parade e The Piper. La prima è una cristallina e positiva melodia per chitarra: se fossero gli Uriah Heep (pare impossibile che non lo siano, in effetti) sarebbe il pezzo di forte di Demon and Wizard, mischiando The Wizard a Traveller in Time, con tanto di vocalità in puro stile Byron, finchè non si ripiomba nel buio d’oltrespazio dove un’enorme stazione orbitante ruota verso l’alba di una supernova, intercettando trasmissioni terribili di qualche semidio Godzeriano di un universo parallelo. L’incubo dura finchè non ritornano sul palco una strana razza di Kinks mutanti e distorti che progressiveggiano in modo minore inneggiando al pifferaio con trasudante tristezza.
Non è dato sapere chi fossero questi Zerfas, se fossero veramente una band di Indy o piuttosto qualche grande estroso sotto copertura, un Todd Rundgern, un Van Dyke Parks.
Il disco bisogna ascoltarlo, almeno per rendersi conto di quanto ci sia ancora da scoprire nelle fogne d’America.

Il vinile originale (West, etichetta beige chiaro-marrone) che sfoggia una bella cover rossa con il logo della band, è un pezzo piuttosto raro e ricercato, considerata anche l’elevata qualità artistica: tra 300 e 500 $ per una buona copia. Attenzione, perché esiste una ristampa sempre in vinile e sempre West con etichetta uguale ma datata 1994: contiene tre inserti (due foto e un booklet di 12 pagine) ed è una Limited Edition in 500 copie; prezzi alti anche per questa edizione (siamo attorno ai 100 $). C’è poi una terza stampa in vinile della Atlas (etichetta nera, anno 1994?) che viaggia su prezzi molto inferiori (30-50 $). Pochi gli scambi in rete per tutte queste edizioni. La Phoenix ha invece ristampato il vinile in anni recenti e si trovano copie anche su Amazon per una trentina di euro.
CD stampato dalla Radioactive (senza bonus o liner notes ma con i testi delle canzoni) tra i 7 e i 10 euro sulle Amazon europee. Su I-Tunes album intero a 7,74 euro (1,29 euro la singola tracia).
Album molto consigliato!


Banner

NOTA: questo post comparve, più o meno in questa versione, circa un anno fa su questo stesso blog; fu però presto rimosso per questioni che non sto qui ora a discutere. Lo ripropongo ora.

2 commenti:

Nella Crosiglia ha detto...

Notevole amico mio, e ti perdono pure la melliflua soavità di un Peter Gabriel...ma solo perchè sei tu...ahahahah
Un abbraccio forte!

Unknown ha detto...

Thankssss Nella! A presto...

ShareThis

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...