mercoledì 25 gennaio 2012

Riletture Americane - La Rapidità - parte 4


“Categorie calviniane” applicate alla Popular Music - La Rapidità - Pt. 4



Come già ricordato, né Ramones, né Stooges, né la maggior parte dei gruppi Punk potevano considerarsi virtuosi dei propri strumenti.
La connessione tra virtuosismo strumentale e velocità d’esecuzione è sempre piuttosto stretta in molta musica occidentale, dai gorgheggi dei castrati, ai capricci di Paganini fino agli assoli del be-bop.
La musica popolare ha spesso riservato un posto di riguardo al virtuoso, all’improvvisatore, al guitar-hero del momento, riscoprendo in parte l’importanza che l’abbellimento, il gorgheggio, la variazione, la parte “di bravura”, avevano avuto nella musica barocca che il Romanticismo aveva disprezzato e sepolto per diverso tempo. Furono forse i grandi improvvisatori jazz a riscoprire il gusto del virtuosismo non fine a sé stesso. Primo e forse ancora insuperato Charlie Parker, che può a ben diritto essere considerato uno dei maggiori strumentisti del secolo scorso non solo in ambito jazzistico. Brani di 3-4 minuti, assoli brevi ma con quantità torrenziali di note, dinamiche irregolari e variazioni armoniche eccezionali: una musica pensata, “scritta” ed eseguita nello stesso istante, un prodigio di velocità di pensiero ancor prima che di dita.

Quando il Rock, a metà degli anni ’60, arrivò a piena maturità, trovò un posto per i grandi virtuosi, ahimè spesso totalmente autoreferenziali; non tutti facevano della velocità il loro cavallo di battaglia, ma una scala diatonica eseguita ai 100 all’ora è pur sempre d’impatto. Rick Wakeman, tra i tastieristi del Prog, fu quello che più di altri riscoprì un certo gusto neoclassico e barocco per il suo organo. Il suo ingresso negli Yes, da Roundabout in poi, coincise con periodo d’oro del gruppo, che venne arricchito dei mille colori strumentali e dalla perizia tecnica del tastierista: la sinergia con un altro mostro di abilità come Chris Squire diede alla band una dinamismo ed una propulsione uniche, anche in brani di complicata struttura. La sua parte solista in Seasons of Man, quarto movimento di “Close To The Edge” resta uno dei vertici del Progressive d’epoca.
Tra i chitarristi, i primi a destreggiarsi con staccato fulminanti, quasi sulle tracce del “Volo del Calabrone”, furono i solisti del surf: Dick Dale ne faceva un suo marchio di fabbrica e anche il grande Nokie Edwards dei Ventures era capace di accelerazioni micidiali.



Tra i moderni, il capostipite dell’assolo al fulmicotone è stato senza dubbio Eddie Van Halen, altro virtuoso di stampo “Settecentesco”: fu lui a definire una volta per tutte il più completo dizionario di chitarra Metal, facendo della pulizia e della impressionante continuità di suono, anche su tempi serratissimi, i suoi marchi di fabbrica. La sua Eruption ha ispirato buona parte dei “sottogeneri” metal che da metà degli anni ’80 hanno invaso il mercato: molti dei chitarristi trash o speed deve qualcosa al guitar-hero di origine olandese. Sulle sue tracce si sono avvicendati numerosi epigoni, anche in ambiti differenti dalla musica pesante, non ultimo, ma veramente notevole nella tecnica, lo svedese Yngwie Malmsteen sempre in bilico tra la mirabile perizia musicale e il tedioso sfoggio di sé.
Si potrebbe continuare per molto, snocciolando i campioni di rapidità per ogni strumento: la velocità sarà spesso associata a grande virtuosismo ma nessuno dei due è per forza sinonimo di buona musica, né tanto meno di emozione. Sono pochi i Neil Peart o i Pastorius che riescono ad associare alla rapidità d’esecuzione quel feeling, quel trasporto così necessari alla musica pop.

IMMAGINI

Charlie Parker  - Ornithology

Yes – Fragile (1971)

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