domenica 3 febbraio 2013

Frammento #14 Isola di Taiwan - Comando 4° MSIG,Divisione Guerra Psicologica - 27-09-2034



Frammento #14 Isola di Taiwan - Comando 4° MSIG,Divisione Guerra Psicologica - 27-09-2034

Seduto in una poltrona di plastica scura, a un capo del tavolo, stava un omino in vestito scuro, con una grossa catena reggente una croce impuntata sul petto. Sembrava un prete cattolico Nord Coreano, o un Evangelista dell’ estremo Sud.
“Allora… potreste chiedervi perché siete qui, questa mattina, e non dal colonnello Berenger forse”.
Io e Garner ci scambiamo uno sguardo volante, che Crowley ha sicuramente compreso. Ray sta a testa bassa.
“Ma intanto lasciate che vi presenti il Signor De Val. Lui lavora per l’ufficio del senatore Lenroot nel Wisconsin.”
Il prete si alza con lenta deferenza. Stringergli la mano era come afferrare un pesce gatto sudato e melmoso. Potevi sentirgli la puzza del Congresso addosso.
“Il signor De Val e io abbiamo già lavorato assieme in passato. In effetti ho svolto qualche incarico per l’Ufficio per la Preservazione del Santo Sepolcro”. lo diceva ridacchiando; come quando si ricordano i giorni di scuola con i vecchi amici. Dunque, quello era il collegamento di Crowley con gli ambienti cattolici più reazionari ed oscurantisti.
“Ma tratteremo in seguito di questo aspetto. Ora… ora è importante che parliamo d’altro...”. Un cenno di Crowley e la signorina Douprè lasciò la stanza. Tendine nere si abbassavano con un ronzio elettronico trasformando la torre di vetro in un buio confessionale post-moderno. Quel repentino passaggio dalla luce al buio mi da un senso di stomachevole vertigine. Potevo sentire le mie pupille che si dilatavano a fatica, mentre l’odore di diluente chimico ancora mi tormentava.
“Tutti quelli che sono mandati qui, a parlare con me, hanno di solito una domanda da fare. Una domanda per cui smaniano di conoscere le risposte. Lo fanno tutti”. Il suo tono era d’un tratto diventato cupo; come se un’altra persona parlasse da dentro il suo corpo, trasfigurando impercettibilmente le piccole vene attorno agli occhi e le rughe del volto.
“Voi, signori, che cosa sapete dell’Avvento? O meglio… che cosa credete di sapere?”
Ancora lo stomaco in subbuglio momentaneo; nella stanza ora fa più caldo.
Garner balbetta qualcosa; è lui l’esperto in materia. Io mi rifugio dietro cenni d’assenso del capo. Crowley ci osserva con l’espressione del vecchio professore.
“Lei è preparato signor Garner; ha imparato bene la sua lezione...”
E a questo punto, di solito, c’è sempre un ma.
“Ma ci sono aspetti che non può sapere; e non è tenuto ad farlo, non se ne abbia a male”.
Crowley racconta, evidentemente con mille omissioni, chiaramente deformando la sua verità per renderla  comprensibile anche a noi.
Racconta di come già prima del 21 di marzo dell’anno precedente ci fossero evidenze di attività anomali nell’atmosfera; racconta di come Stai Uniti, Cina e qualche democrazia europea già sapessero che presto sarebbe potuto accadere qualcosa di sconvolgente; racconta di come le ingerenze della Corea del Nord, del vecchio progetto SETI e delle industrie farmaceutiche fossero state tirate in ballo ad arte per confondere le acque. O almeno per tentare di farlo.
“Un vecchio progetto di comunicazione astrale prodotto negli anni ’60 da qualche astronomo hippy sballato!” rideva. “Ma la gente è ben abituata a bersi l’assurdo ancora più del verosimile!”.
A quanto pare il 4° Msig era dentro questa faccenda ancora prima che cominciasse.
“Noi abbiamo sempre creduto che rivelare questa verità sarebbe stato un errore fatale. Io non avrei mai lasciato che il Presidente pronunciasse la parola… alieno… Mai”. Il suo sguardo si è fatto terribile, per un momento.
“Finché il contrasto resta confinato entro una dialettica, anche violenta, tra due schieramenti preordinati, l’ordine è facile da controllare. Finché lo scenario ha confini condivisi e ben delimitati, il gioco è semplice; è una commedia delle parti. C’è il reazionario texano che appoggerà il suo presidente anche se dovesse sganciare l’atomica su Montreal. C’è il democratico snob che preferisce l’acid jazz del venerdì al volontariato nelle ronde sul confine texano e getta merda sull’esercito perché non ha salvato quel vecchio pescatore malese dal naufragio della Providence.
Come nel gioco degli scacchi, Garner; lei può avere il bianco, io il nero. Lei muove per primo, mi attacca, cerca di mettermi sotto pressione, di sconfiggermi. Io farò lo stesso. Ma la scacchiera è un quadrato. E non si esce all’infuori di esso. Ci sono sessantaquattro caselle. Le mosse sono “bizzarre” ma predeterminate e ben note ad ogni contendente. L’alfiere muove in diagonale, la torre in linea retta. Non c’è mistero Garner, soprattutto… non c’è improvvisazione né sorpresa. E’ un errore comune scambiare per profondo ciò che è soltanto complesso. Ogni mossa è già davanti ai suoi occhi. Riesce a vederle, Garner?
Così se io dico <<E’ colpa del governo! Bastardi! Avete scatenato la terza guerra mondiale!>>…se io lo grido su ogni rete televisiva, le contromosse saranno qualche migliaia di residuati cappelloni, straccioni di Haight-Ashbury, No Global da mezzo mondo che dopo qualche sit-in del cazzo, magari sfasciano la vetrina della più odiosa delle multinazionali, o convincono il governo francese a chiudere le ambasciate e i consolati in America. E allora? Chissenefrega del governo francese! Non sarebbe successo niente di non controllabile; niente di non già accaduto, prima,  magari decine di volte.
Ma se lei grida << Sono gli alieni! >> … allora, Garner, non ci sono più solo i pezzi neri e i pezzi bianchi; oh no… aggiungiamo un elemento nuovo, talmente nuovo che è al di fuori del nostro quadrato. Non sappiamo come la gente può reagire.
O meglio, ora si. Ma io non avrei corso questo rischio.”
“E nascondere la verità, addossando al governo la responsabilità sarebbe stata un’opzione migliore? Avremmo avuto… il Mondo contro”.
“Come? Come quando abbiamo invaso il Vietnam, o l’Iraq? Come quando abbiamo fatto cadere il governo iraniano? Quando l’America ha avuto il mondo contro? Se una fabbrica farmaceutica appesta l’ambiente, se un oleodotto distrugge l’ecosistema e stermina quell’ultima popolazione di leoni marini. Se la Corea testa missili a lungo raggio… Liberali, democratici, governi europei, Nazioni Unite… tutti sperano nel loro profondo in qualche zotico guerrafondaio reazionario che sconfigga il Nemico e si sporchi le mani con le vittime civili e i diritti umani; ci sperano perché è il modo più veloce di risolvere i problemi complessi. Poi, sicuro! Quattro anni di campagna elettorale a mostrare i bambini sventrati dalle bombe a grappolo; sono mosse subdole. Però ritorniamo dentro il nostro quadrato.
Negli scenari complessi, la risposta più facile è spesso quella giusta.
No, noi avremmo reso un servigio, addossandoci la colpa, avremmo svuotato tutte le pavide coscienze di coloro che si riempiono la bocca di belle parole. E la mossa sarebbe stata ardita, ma sempre dentro la scacchiera.


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