Eccovi tutti lì in fila, voi
bavosi onanisti vinilici!
Tutti in fila davanti ai
cancelli di qualche iper-vinylmania per cercare una bella edizione del vostro
arcinoto album preferito dei Pink Floyd.
A cercare la solita
specificissima Charisma, i soliti
gatefold dei Genesis, i più consunti
album Parlophone etichetta
giallo/nera.
Invece di scartabellare tra i
cestoni di metallo degli autogrill o gli scaffali di qualche “Mercatopoli” di
provincia, magari alla ricerca di un ignoto orrore a 33 giri.
Ammettiamolo, la critica
cinematografica è anni luce avanti a quella musicale. Loro è da un paio di
decadi che hanno scoperto il piacere
godurioso del b-movie.
E noi siamo ancora qui a
incensare Emerson, Lake and Palmer.
Ma prima di parlare di “intimo”, qualche chicca osservata in
giro per il web.
Intanto una delle più belle
aste degli ultimi giorni...
Un Led Zeppelin I (etichetta
rosso/viola, va da sé…) che dopo un’intensissima asta a 54 offerte arriva a 1.373,08 euro. Ok, si è visto di
meglio, ma è stato appassionante, no?
Sempre tra i Grandi Classici,
un The
Who Sell Out (con poster, ecchecazzo…) arriva a 1.047,27 euro dopo 34 offerte, Pink
Moon (e che album è stato,
così introverso, essenziale, che sbatterlo in faccia ai fanatici pare un abuso)
a 910,04 e vi risparmio la trafila
di Beatles ed Elvis di turno.
Tra gli Illustri Minori di Estremo Culto nessuno ha per ora sborsato 2.500,00
sterline per i Comus di First Utterance
o 3.000,00 per il leggendario An Apple A
Day… E nemmeno 3.277,91 per il pur mitico LP dei July.
Poi qualche valutazione
interessante:
HUNKY DORY (GEM RECORDS, 1971) di Bowie per soli 10.773,65 euro. Ma Bowie lo conosciamo tutti, no?
Allora perché non investire
1.203,75 euro per il buon EDUARDO
BORT, psycho-spagnolo tra le
stelle; una specie di Syd Barret iberico immagino.
E gli italiani?
Certo che noi riusciamo sempre
a distinguerci.
Ora, non sono un'autorità in
materia, e se qualcuno può correggermi o smentirmi lo faccia per l'amor di
Dio... perché pensare che un singolo di Mia Martini, Non sarà tardi (Durium 1966) possa essere pagato 6.000
euro (tondi tondi…)mi mette cattivi pensieri.
Passi anche per il Ranato Zero
di Non basta sai (RCA PM45-3406) che
dopo 36 offerte viene venduto a 2.252,00 euro. Ma 6.000… dai!!!
Eppure in giro per questo
strambo internet si vede fin anche questo.
Per cui: allegria!!!
Ed ecco il domandone del
giorno.
Allora,
dite amici di tante battaglie: chi è il vero martire del tramonto del vinile?
Chi,
realmente, è stato immolato sull'altare della modernità?
Il fruscio di fondo?
Il lato B?
Le copertine di grande
formato?
No, no...è altro.
E' l'intimo.
La copertina interna, la inner
sleeve per i
fanatici.
Quella sottile, indifesa e
virginale busta di carta fragile e liscia che avvolgeva i solchi e allontanava
la polvere.
Quell’imene di femminea
purezza che ora si è irrimediabilmente perduta.
“E per fortuna!”
...potrebbero
dire in tanti!
Nulla di più scomodo che
infilarla nelle buste di cartone senza fare pieghe o sgualciture; nulla di più
impossibile che non tagliuzzarla con il bordo affilato del disco.
E per cosa, poi?
Per la sottaciuta menzogna
che, in realtà, la povere si intrufola ovunque? Per averne frammenti
sbocconcellati sparsi per lato A?
Ed eccola sacrificata alla
comodità, prendere placidamente posto
tra i ricordi inutili del recente passato.
Ma sapete, io ho un debole per
le Grandi Cause Perse e i loro instancabili promulgatori.
Forse per questo ho sempre
avuto una simpatia per le buste interne. Sarà per quella loro disinteressata gentilezza,
sarà per la loro disponibilità, per la
loro apparente innocenza.
Eppure esse hanno sempre
rappresentato quello spazio
privilegiato, quello in cui certi creativi tanto “cool” potevano immaginarsi
percorsi di design in tutte le parti della confezione.
Spazio deputato ad accogliere
i testi delle canzoni, senza dubbio... e
che fesserie di solito ospitavano.
Da Stairway to heaven in giù.
La verità è che nel momento in
cui i super gruppi hanno preso possesso della busta interna, lei ha perso tutta
la sua trasversalissima importanza. Ognuno ha disegnato le sue illustrazioni, ognuno
ha scarabocchiato il proprio logo.
Non più proprietà, risorsa,
dell’ azienda ma spazio privato della
band.
Peccato, perché quando penso ad
inner interessanti, penso a quelle standard uscite dalla fabbrica; tutte
uguali, eleganti, nelle loro divise solo apparentemente impersonali. Ordinate,
riconoscibili.
Ottime tanto per il blues
quanto per la musica lirica.
Trasversali
Terreno di sana propaganda della casa discografica,
mica dei vaneggiamenti di qualche
strambo poetastro del Village.
Prendete le più belle, quelle
della ATCO di fine anni ’60: geometriche, coloratissime. Come una
collezione di francobolli musicali allineati con il rigore di un fantasioso
esercito di sorrisi e fotografie.
Qui potevi trovarci tutti i
pezzi grossi del catalogo. Ma anche la bellissima Julie Driscoll con cappello a
tese larghe in Open; il New York
Rock n’ Roll Ensemble, i Bent Fabric, i Soul Survivors, I Rose Garden, i
Fireball di fianco a Gris Gris; i Bee Gees psichedelici accanto a Spanish
Harlem.
MERAVIGLIA
Oppure quelle più decadenti e cimiteriali
della MGM, con quella fantastica sgranatura
dell’immagine che restava come sospesa in un limbo di incertezza. Qui, dei
sorridenti e spensierati Herman’s Heremits potevano condividere il loro spazio
con un cupo Lou Christie e con un beffardo e spettrale Hank Williams.
E poi ancora la fierezza della
Liberty, dove ho scoperto, là sotto
in un angolo, The Ornette Coleman Trio at the Golden Circle, un disco che TUTTI dovremmo avere.
E la casalinga intimità
famigliare della RCA, nei suoi colori pastello e nei suoi caratteri sinuosi e
morbidi.
“Nessuna
paura, alla polvere ci penso io!”
E già che ci siamo, perché non reclamizzare le nuove rivoluzionarie Cartridge Tapes:
“The exciting new way to enjoy the music you want!”
Senza contare il bello di
vedersi The Best of Mario Lanza
accanto a Chet Atkins entrambi nell’intimità di un LP dei Jefferson Airplane…
Ho scoperto più gruppi e più
album scrutando queste collezioni-nelle-collezioni che
perdendo tempo in negozi disordinati.
Scrutando
l’intimo da cima a fondo.
Come in un castello di destini
incrociati e improbabili abbinamenti. Casuali, se non forse per
l’impersonalissimo numero di catalogo. Quindi imprevedibile, anti-artistico,
anti-culturale.
E
tutto questo mentre voi siete ancora in fila al Vinylmania!
Capitan
Vinile vi saluta!
Capitan Vinile
7 commenti:
eh..l'intimo ha un suo fascino..
Concordo con mr.Hyde :)
capitan vinile trova sempre un dettaglio che mi fa impazzire...
atco tutta la vita
Vecchi marpioni dell'intimo!!!
...ma a parte gli scherzi, chi di voi ha comprato quel singolo di Mia Martini a 6.000 euro?!?!?!
eheh..Pensi davvero questo?
Scusate, tutto questo intimo mi ha fatto eccitare, adesso mi chiudo in bagno con qualche vinile Motown e.....
...non oso immaginare....
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