lunedì 20 febbraio 2012

Riletture Americane - La Rapidità - Parte 6



“Categorie calviniane” applicate alla Popular Music - La Rapidità - Pt. 6
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Per concludere, ritornando in tema, due ultimi riferimenti che da soli riassumono buona parte l’essenza della rapidità nella musica commerciale; una canzone, It's The End Of The World As We Know It (And I Feel Fine) dei R.E.M. e un intero album, Highway 61 Revisited di Bob Dylan.

It's The End Of The World, da Document (1987), è un tour de force di Micheal Stipe che in quattro minuti galoppa tra immagini disparate, libere associazioni, dissolvenze oniriche: la velocità del pensiero che arriva rapidamente alla fine del mondo così come lo conosciamo; nessun trauma, è un’Apocalisse morbida che si può anzi rilassare e distendere nell’immortale chorus della canzone.

Six o'clock - TV hour. Don't get caught in foreign towers.
Slash and burn, return, listen to yourself churn.
Locking in, uniforming, book burning, blood letting.
Every motive escalate. Automotive incinerate.
Light a candle, light a votive. Step down, step down.
Watch your heel crush, crushed. Uh-oh, this means no fear cavalier.
Renegade steer clear! A tournament, a tournament, a tournament of lies.
Offer me solutions, offer me alternatives and I decline.



Highway 61 Revisited rappresenta di per sé un’accelerazione imponente rispetto alla maggior parte della musica pop del suo tempo: rock-blues elettrico, aspro, brani anche lunghissimi, una forma-canzone che si imbastardisce sempre di più con la poesia simbolista di Verlaine, l’autobiografismo e il surrealismo: il primo vero Rock d’Autore. I testi ne sono la testimonianza, a partire da quella Highway 61 Revisited con le sue scorribande autostradali a metà tra vecchio west, blues d’epoca e poliziesco:

Sam said tell me quick man I got to run
Ol’ Howard just pointed with his gun
And said that way down on Highway 61

Su di un blues galoppante le domande si susseguono ma la risposta è sempre quella: “sull’autostrada”, la nuova highway, elettrica, veloce dove si rincorrono senza sosta i molteplici personaggi della canzone e differenti esperienze di vita.
From Buick 6 poi, in cui l’allegoria popolare di Robert Johnson diventa simbolismo intellettualista.

Well, when the pipeline gets broken and I'm lost on the river bridge
I'm all cracked up on the highway and in the water's edge
Here she comes down the thruway ready to sew me up with a thread
Well, if I go down dyin', you know she's bound to put a blanket on my bed

Ancora grandi visioni stradali che sono poi le stesse di Kerouac, aggiornate ad un tempo più modernista ed elettrico che ha finalmente eletto la città ad unico habitat possibile per la razza umana.
Tombstone Blues infine, che è una sciarada continua e mozzafiato di immagini che si susseguono per associazioni mentali o semantiche immediate, realmente generate da un “automatismo psichico” come un corto di Luis Buñuel o un collage di Ernst: 12 strofe, altrettante micro-storie ognuna ermeticamente coerente in sé ma totalmente avulsa,  rispetto ad una comune esigenza di “verticalità”, dalle altre: ma la necessità di una trama coerente e unitaria è solo una pigra abitudine dell’ascoltatore non certo una regola per l’artista. La ritmica serratissima, la prima vera batteria consciamente minimalista (Bobby Gregg non cambia MAI il battito, né nella strofa, né nel ritornello nè nell’assolo) e le tirate di Bloomfield che sembrano deragliare da un istante all’altro: tutto congiura per riprodurre la stessa carica di un treno lanciato in corsa e senza freni. La migliore rappresentazione in musica della velocità del pensiero, una quantità evidentemente non misurabile.
Pare incredibile, e qui sta il fascino del LP nel suo intero: che questo stesso album naufraghi alla fine nella sonnolenta depressione di Desolation Row, un moto perpetuo e immutabile in cui le chitarre acustiche e i personaggi della canzone sono sospesi in frammento di Limbo in cui è il tempo ad essersi annullato, lasciandoli vagare nell’angusto spazio di una strada senza uscita.
Per tentare un’evasione dallo strapotere dell’orologio.


Wild sounds in the night
Angel siren voices.
The baying of great hounds.
Cars screaming thru gears
& shrieks
on the wild road
Where the tires skip & slide
into dangerous curves.

J. Morrison – Anatomy of Rock


NOTA: Negli ultimi 60 anni, la musica popolare ha prodotto un’infinità di canzoni, album, artisti e gruppi. Un oceano sterminato impossibile da censire in modo esauriente. Quella qui proposta è una delle infinite rotte possibili in quest’oceano, tracciata sulla base di una categoria, la rapidità, che sarà filo conduttore all’articolo. Una delle migliaia di varianti possibili di questo percorso che a sua volta è solo uno delle migliaia di percorsi possibili. 

IMMAGINI

REM – Document (1987)
Bob Dylan - Positively 4th Street (1965)
Salvator Dalì - Orologio molle al momento della prima esplosione (1954)

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