Mark
Stein, Tim Bogert, Vince Martell e
Carmine Appice formarono i Vanilla Fudge sulle ceneri degli Electric Pigeons
nel 1967 in quel di Long Island. Rimasero assieme per tre anni e cinque album.
Ancora
oggi i Vanilla Fudge sono uno di quei gruppi, pochi per la verità, di cui si può coerentemente sostenere tutto e il
contrario di tutto.
***
L’articolo che segue è piuttosto lungo ma
ho deciso di postarlo comunque tutto insieme. Ne ho fatto però una versione in
PDF, credo più facilmente fruibile, scaricabile dal link seguente:
A coloro che decideranno di avventurarsi
nel testo: buona lettura!
Grandi
innovatori o semplice cover band? Eroi del Metal o gruppo per teenagers?
Sbandati fattoni psichedelici o gelidi calcolatori progressivi? Musicisti
originali o sapienti contrabbandieri del sound dei concittadini Vagrants?
Grande successo popolare o macchinazione della mafia italo-americana di New
York? (ebbene sì…girano anche queste voci…ma non prendetele troppo sul serio!).
Nell’affollata
estate del 1967, quella dell’Amore mica una qualunque, i Fudge furono, in un
modo o nell’altro, catapultati nella top
ten con l’album d’esordio omonimo, Vanilla
Fudge (ATCO 33224): sette canzoni, tutte cover:
1. Ticket To Ride (John Lennon &
Paul McCartney)
2. People Get Ready (Curtis Mayfield)
3. She's Not There (Rod Argent)
4. Bang Bang (Sonny Bono)
5. You Keep Me Hangin' On (B.
Holland, L. Dozier, & E. Holland)
6. Take Me For A Little While (Trade
Martin)
7. Eleanor Rigby (John Lennon &
Paul McCartney)
Il
sound era evidentemente assai debitore ai Vagrants di Leslie West (futura star
nei Mountain), con i quali la band si divideva i palchi nei locali di Long
Island, ma il successo del LP fu dovuto in gran parte a You Keep Me Hangin' On una hit delle Supremes vecchia solo di
qualche mese.
L’anno
successivo ben due uscite, registrate quasi in contemporanea. Una ha fatto la
storia del kitsch estremo più di qualunque altro album dell’epoca: The Beat Goes On (ATCO 33237), un
concept dalla tracklist intricatissima:
Side one
1. "Sketch" (Appice/Bogert/Martell/Stein) - 2:55
Phase One
1. "Intro: The Beat Goes On" (Sonny Bono) - 1:57
2. Eighteenth Century: Variations on a Theme by Mozart: "Divertimento
No. 13 In F Major" (Wolfgang Amadeus Mozart) - 0:46
3. Nineteenth Century: "Old Black Joe" (Stephen Foster) - 0:46
4.
Twentieth Century - 3:09
- "Don't
Fence Me In" (Cole Porter) - 0:52
- "12th Street Rag" (Euday L. Bowman) -
0:49
- "In The Mood" (Garland-Razaf) - 0:45
- "Hound Dog" (Jerry Leiber, Mike Stoller) - 0:43
- The Beatles -
1:45
a) "I Want To Hold Your Hand" (John Lennon, Paul McCartney)
b) "I Feel Fine"
(Lennon–McCartney)
c) "Day Tripper"
(Lennon–McCartney)
d) "She Loves You" (Lennon–McCartney)
e) "Hello Goodbye"
(Lennon–McCartney)
Phase Two
6.
"The Beat Goes On" - 1:32
7. Beethoven: "Fur Elise" & "Moonlight Sonata" (Ludwig
von Beethoven) - 6:33
8.
"The Beat Goes On" - 1:05
Side two
1.
"The Beat Goes On" - 1:00
Phase Three
2. "Voices in Time": Neville Chamberlain, Winston Churchill,
Franklin Delano Roosevelt, Harry S. Truman, John F. Kennedy, and Other Voices -
8:09
Phase Four
1.
"The Beat Goes On" - 1:50
2. "Merchant/The Game Is Over" - 8:57
I.
"Merchant"
(Appice/Bogert/Martell/Stein)
II.
"The Game Is Over"
(Bourtayre/Bouchety): Vinnie
III.
"Merchant"
IV.
"The Game Is Over": Tim
V.
"Merchant"
VI.
"The Game Is Over": Carmine
VII.
"Merchant"
VIII.
"The Game Is Over": Mark
IX.
"Merchant"
3.
"The Beat Goes On" - 2:20
L’idea?
Riassumere in due facciate la storia
della musica occidentale. Usando come motivo conduttore una canzonetta pop
di Sonny Bono, The Beat Goes On,
appunto. Non male, eh?
Di
nuovo un album di sole cover ma a questo giro il gruppo alza il tiro: Mozart,
Beethoven, Cole Porter. Il lato B poi è un’assurda sciarada per sole voci
registrate (Kennedy, Churchill, Roosevelt )…la Storia del Mondo su LP?
Un
disco del genere avrebbe ammazzato qualsiasi gruppo sul pianeta ed in effetti
non portò buono nemmeno ai Vanilla Fudge, nonostante riscontri di vendita assai
positivi: n° 17 per Billboard.
Renaissance (ATCO 33244),
terza uscita, ritorna dove il primo LP era finito: canzoni deformate da
arrangiamenti pesanti e melodrammatici, volume e presunzione altissimi. Questo
doveva essere il primo vero album del gruppo dopo un esordio da cover band ed
un pastiche come The Beat Goes On: 7
brani e solo 2 sono le cover!
1. The Sky Cried/When I Was A Boy (Mark
Stein / Tim Bogert)
2. Thoughts (Vince Martell)
3. Paradise (Mark Stein / Carmine
Appice)
4. That's What Makes A Man (Mark
Stein)
5. The Spell That Comes After (Ezzra
Mohawk - Liner Notes say 'Calvin Schenkel')
6. Faceless People (Carmine Appice)
7. Season Of The Witch (Donovan
Leitch)
E
forse il problema sta proprio lì: assoluta mancanza di ispirazione e songwriting
di base. Nessuna idea melodica, nessun supporto armonico. Sound eccezionale;
canzoni, semplicemente, brutte. Per non tradire la megalomania del gruppo,
l’album uscì corredato della una pomposa “Vanilla
Fudge Simphony” scritta da Carl DeAngelis:
FIRST MOVEMENT
This sphere is near to being done
or being one
The Perpetual Inconceptual is and
silently awaits awareness from we
the people in order to form a more
perfect
The neurosis nucleus must be made
Vestigial so the raw flaw legacy will
be
a mutation in the new habitation
All ones shall softly quietly express
the
image of the asexual ultimate while
floating through beauty love and
peace ...more than you will know
So-so, So-so
Cleanse before the angel falls
Wall of walls
SECOND MOVEMENT
Pretty people born of passion
competing defeating is inevitable
fashion
Taught so well until it's too late
all the wrongs to accumulate
Who was it that said our primary need
is before we are dead we have to
succeed
Success in itself must be one's own
Peace in the head when completely
alone
A partner doubles all that there is
but look in the mirror what is hers
or his
Nothing is something and something is
nothing
the mixture is for later on
Until then continue how
breathing air must do for now
THIRD MOVEMENT
Consciousness expansion a reprimand
where is the consciousness to expand
To say and do both is a difficult
game
where is the one who's both are the
same
Looks aren't deceiving when
vibrations are seen
but looks are just looking Through a
translucent screen
The pulpit of music is leading the
way
for all who will listen to the silent
next day
Is where it's at really known
where it isn't must be shown
This place has its place not to be
confused
by presuming all and that all has
been used
A beautiful person is a beautiful
thought
a living soul unhung uncaught
FOURTH MOVEMENT
An art form has risen
from St. John and St. Paul
St. George and St. Ringo
spreading to all slowly moved
by its gentle growth disciples
compelled
overwhelmed and possessed
joining together in doing the best
Following following not knowing how
far
Jim's special friend the avatar
Where we are going
not where we have been
error's showing "Let us
begin"
Hi
Ho Silver - AWAY
CATHARSIS
Il
1969 vede l’uscita di Near The Beginning
(ATCO 33278), forse l’album migliore nonostante i 23 minuti di jam live del
lato B: impressionante per proporzioni e ferocia, a tratti piuttosto noiosa.
Tre brani sul lato A, due cover.
1.
Shotgun (Autry De Walt)
2. Some Velvet Morning (Lee
Hazelwood)
3. Where Is Happiness (Carmine
Appice)
Shotgun e la Some
Velvet Morning di Lee Hazelwood sono i brani migliori mai incisi dai
Vanilla. Il secondo vinse addirittura la gondola d’ora alla Mostra
Internazionale di Musica Leggera di Venezia, e rinsaldò la già buona fama
italiana del gruppo che ebbe certamente non
poca influenza sul nascente movimento Prog del Bel Paese (Panna Fredda in
primis, ma anche Alphataurus e, perché no, New Trolls). Non è certo un caso che
questa bella prova coincida con l’abbandono del super
produttore-manager-direttore musicale Shadow Morton.
Di
fatto nel 1969 il gruppo era però già
finito. Le deliranti parti solistiche di Break Song rendono esplicite le velleità individualistiche del
quartetto che pubblicherà ancora Rock n’
Roll (altro titolo modesto…) come testamento postumo e di scarsa
ispirazione (sette canzoni… ancora tre le cover). Un album quasi apocrifo.
Qualche
reunion, qualche tour commemorativo. Solita storia.
I meriti e gli eccessi vanno tutti
ricercati nello spazio del triennio 1967-1969. In questo periodo il quartetto suonava
regolarmente sui palchi più prestigiosi assieme a gente come Hendrix o Cream,
per i quali i Vanilla supportarono il “Farwell
Tour”
Vanilla Fudge, l’album
d’esordio, è uno dei più perfetti esempi
di Rock barocco in tutta la sua pomposa artificiosità. Lo stratagemma è semplice
e replicabile all’infinito: si prende una buona melodia pop, le si incollano
lunghe parti strumentali in apertura e in coda, si rallenta il tempo e si alza
il volume. Tutti i brani dell’album seguono questa regola e alcuni, come People Get Ready, restituiscono ottimi
risultati. Stessa cosa faranno i Nazareth - ma anche tanti altri gruppi “pesanti”
- con This Flight Tonight, Vigilante Man e soprattutto con Love Hurts, il loro maggiore successo. Ma
gli stessi Led Zeppelin e Jeff Beck avevano adottato una simile formula di
storpiatura, non più del pop ma del vecchio blues di Willie Dixon. L’idea funziona! Non ci sono reali novità
musicali, l’innovazione sta tutta in volume,
timbro e tempo. Si prenda una colonna dorica e la si elabori con stucchi
candidi e capitelli intarsiati di foglie esotiche: stessa funzione, diversa
apparenza. E comunque nel 1967 i Vanilla Fudge erano un gruppo assai peculiare
nel panorama americano ed assieme a Nice (The Thoughts of Emerlist Davjack) e
Procol Harum (Procol Harum) rappresentarono la primissima linea di un rock pre-progressivo facile alle
interpolazioni “classicheggianti”. A ciò si aggiunga il divagare arzigogolato
del basso di Bogert e la vocalità acuta “da castrati” ed ecco due elementi
ricorrenti del prog britannico di lì ad un paio d’anni.
The Beat Goes On, pur nella
sua tronfia esagerazione, è un concept
album esasperato ai limiti della rock opera (Tommy uscirà solo dell’anno
seguente) che utilizza in modo intensivo, quanto superficiale, lo stratagemma
del leit-motif; non certo un album wagneriano ma un esperimento unico pur nel
panorama variegato dell’epoca, voluto e forse preteso dal produttore Morton, ma assecondato da un gruppo che
accetta con una certa naturalezza “cover” imbarazzanti e stucchevoli di Classici
come Per Elisa e Sonata al chiaro di Luna. Comunque una delle primissime
contaminazioni esplicite di musica classica e pop. “Per i giovani il volto giovane della musica immortale”, così
recitava la copertina del 45 giri di stampa italiana dei pezzi di Beethoven.
Renaissance è la grande
occasione perduta. La dimostrazione che un seguito più personale ed autonomo
all’album d’esordio era possibile. Ma…il Re è Nudo. Stein, Bogert, Martell e
Appice saranno anche eccellenti strumentisti ma nessuno di loro è un autore, nessuno ha la minima idea di dove
cominciare per scrivere una canzone. A parte qualche notevole parte solista in The Sky Cried o Thoughts il pezzo forte resta una cover: questa volta è Season Of The Witch di Donovan, che
assume i tratti della tragedia shakespeariana in un gelido teatro fatto di
allucinazione e paura. La copertina megalomane, i quattro scolpiti su un Mount
Rushmore di proporzioni astronomiche, non fa che rafforzare il sospetto di
trovarci di fronte ad un ego smisurato e pompato fino all’inverosimile.
Near the Begeinning è un album
più misurato nonostante l’eterno medley che occupa tutto il lato B; niente
poemi, niente proclami. Le canzoni trovano finalmente un proprio equilibrio e
il sound è, se possibile, ancora più pregevole: pieno, potente, in grado di fondere alla perfezione il timbro caldo
dell’Hammond alla violenza della chitarra e alla profondità del basso,
mentre Appice si conferma uno dei maggiori talenti della sua generazione.
Shotgun è un Hard Rock purissimo, esteso, fatto
di virtuosismo come di potenza d’assieme; Some
Velvet Morning è un brano inumidito della rugiada di una foschia
crepuscolare che esplode in boati metallici improvvisi e deflagranti, secondo
un pattern soft/hard divenuto poi fin troppo abusato. Nell’introduzione al
volumetto della Giunti “Heavy Metal – I Classici”, Luca Signorelli scrive “Non sono in pochi a cogliere in Some Velvet Morning dei Vanilla Fudge il primo
vagito del Metal”.
Chi
fossero quei “non pochi” e quale il loro numero, non è dato sapere…ma
l’opinione non è da scartare.
Traendo
le somme della loro parabola artistica i misteri non si risolvono del tutto.
Un ascoltatore attento potrebbe trovare
nella musica dei Vanilla Fudge buoni argomenti per sostenerne diritti di
paternità tanto sull’ Hard & Heavy quanto sul Progressive (cioè i due
pilastri del Rock dei primi anni 70) oltre che sull'Acid Rock di cui erano già
conclamati paladini. Ma un ascoltatore
altrettanto attento avrebbe altresì buoni argomenti per dimostrare come il
gruppo newyorchese fosse poco più di una cover band per ragazzi.
Una
cosa è certa: vi sono indubbie liaison sonore, spesso evidenti ed importanti,
con eroi degli anni successivi (Yes, King Crimson, Uriah Heep, Moody Blues, ELP...);
spesso si legge (pur da fonti non troppo attendibili o verificabili) che Lennon
e George Harrison accolsero assai positivamente le cover dei Beatles: il che è
tutto sommato plausibile; di certo le gradirono più di Beatle Bone 'n' Smokin' Stones di Beefheart o della I Saw Her Standing There dei Pink
Fairies. Ma, speculazioni a parte, i Vanilla
Fudge esercitarono un paio di influenze dirette (e dichiarate) determinanti per
l’evoluzione del Rock nell'immediato futuro.
We [Ritchie Blackmore & Jon Lord] shared the same taste in music. We loved Vanilla Fudge - they were our heroes. They used to play
London's Speakeasy and all the hippies used to go there to hang out - Clapton,
The Beatles - everybody went there to pose. According to legend, the talk of
the town during that period was Jimi Hendrix, but that's not true. It was
Vanilla Fudge. They played eight-minute songs, with dynamics. People said,
"What the hell's going on here? How come it's not three minutes?"...
The whole group was ahead of its time..."
Guitar World Interview, Feb. 1991.
Quote hi-jacked from the The Highway
Star: The Deep Purple Official Site
Riportato
da: http://www.vanillafudge.com/contents.htm
Gli
“eroi” dei Deep Purple! Mark Stein e Vince Martell stabilirono uno standard nell’approccio hard al binomio
Hammond-chitarra elettrica, posti ora a pari dignità solista, binomio che
fece la fortuna di Blackmore e Lord ma anche di Uriah Heep, Atomic Rooster e
altri celebri complessi dell’epoca.
Ma
non vi furono solo i Deep Purple: anche l'altra band cardine del movimento Hard
britannico, tali Led Zeppelin, ebbero rapporti rilevanti con i Vanilla.
John Paul Jones of Led Zeppelin: Question: "John Paul, what was
your favorite band that seemed a precursor to the Zep sound, i.e. Cream ,
Traffic, Jefferson AIrplane, et al?"
John Paul Jones: "Possibly Vanilla
Fudge. I know that sounds odd, but they
really were extremely powerful plus they had a great stage show. They had
two great voices. And we became great friends -- we supported them on the first
tour."
America Online Chat with John Paul
Jones, Nov. 17, 1997.
Quote hi-jacked from the Led Zeppelin
- The Master Compilation
Durante
il 1969 i due gruppi furono spesso in tour assieme, dividendosi il cartellone
nelle diverse serate; se non che, all’epoca, le star navigate erano i Vanilla e
gli Zeppelin i novellini (Page a parte, s’intende…). Tra i due gruppi nacque
subito un’eccellente alchimia e una notevole complicità artistica, nonché una
sanissima competizione che li portò ad
inscenare spettacoli memorabili.
John
Bonham e Carmine Appice divennero amici e fu il batterista italo-americano ad
introdurre Bonzo al drumkit di marca Ludwig che diventerà elemento distintivo
del sound possente del gruppo britannico. Le qualità “didattiche” di Appice
verrano per altro alla luce molto presto, visto che già nel 1972 il suo metodo
per batteria rock “The Realistic Rock Drum Method” era già un best seller nel
suo genere ed ancora oggi è un classico.
Ma
i Vanilla Fudge furono spalla di Page & Plant (e viceversa) anche al di fuori
dal palcoscenico; come a Seattle, nel celebre episodio dello squalo, oggi una
delle più citateleggende della mitologia rock. Stephen Davis riporta la
versione di Richard Cole, road manager degli Zeppelin:
Per me, quel secondo cazzo di tour con i
Led Zeppelin rappresentò il miglior periodo della mia vita. Fu proprio quello.
Eravamo sulla cresta dell'onda e stavamo salendo sempre più in alto e nessuno
ci controllava troppo da vicino. Così ci potevamo divertire un casino. E queste
fighe arrivarono nel mio alloggio con l’intenzione di scopare, mentre Bonzo e
io eravamo seriamente impegnati a pescare." Non è del tutto chiaro che
cosa accadde dopo. Una ragazza, una graziosa giovane groupie dai capelli rossi fu
spogliata e legata a un letto. Secondo la leggenda dell'“episodio dello
squalo”, i Led Zeppelin procedettero quindi a infilarle pezzi di squalo nella
vagina e nell’ano. Richard Cole sostiene che non avvenne in quel modo. “Bonzo
non c'entra, sono stato io. Plant e Bonzo non sapevano nulla, erano dei
bambini. Non erano pezzi qualunque dello squalo: venne infilato il naso, E già,
lo squalo era vivo! Non era morto! Prendemmo un sacco di squali, perlomeno due
dozzine, infilammo degli attaccapanni tra le branchie e li lasciammo appesi
nell'armadio… Ma la vera storia dello squalo è che non era nemmeno uno squalo.
Era un dentice rosso e guarda caso la gallinella aveva una cazzo di testa rossa
e una fighetta color fuoco. E questa è la verità. Bonzo era nella stanza, ma
fui io a farlo. Mark Stein, dei Vanilla Fudge, filmò il tutto. E a lei piacque
immensamente. Fu una cosa tipo: "Ti piace scopare? Vediamo un po' quanto
piace alla tua pesciolina rossa questo pesciolone rosso!' . Tutto li. Non dico
che la ragazza non fosse ubriaca, non dico nemmeno che nessuno di noi non lo
fosse. Ma non ci fu nulla di malizioso o pericoloso, per carità! Nessuno venne
mai ferito. Può darsi che lei, per non aver obbedito agli ordini, sia stata
‘colpita' un paio di volte con uno squalo ma non venne ferita."
Frank
Zappa, uno che alle groupies ci teneva, diede la sua versione dei fatti
nell’ironica The Mud Shark dal live Fillmore East - June 1971 (Bizarre MS
2042, August 1971):
Let's say you were a travelling Rock and Roll band
called The Vanilla Fudge . . . let's say one night you checked into the
Edgewater Inn with an 8mm movie camera . . .
Mud Sh-sh-shark
Enough money to rent a pole, and just to make it more
interesting . . .
Mud Sh-sh-shark
A succulent young lady!
With a taste for the bizarre . . .
Mud Sh-sh-shark
My mind drifts back . . . to a meeting, a chance
meeting in the Chicago O'Hare Airport . . .
Mud Sh-sh-shark
Where the members of The Vanilla Fudge told Don
Preston about a home movie they made at the Edgewater Inn . . . with a mud
shark!
Mud Sh-sh-shark
And I'm gonna tell you, this dance, the Mud Shark, is
sweeping the ocean!
Hey! Mud Sh-sh-shark
Ah, we're goin'! Go 'head! Ah, we're goin'! Now we're
gonna go out, somehow! Come one!
Out
You go out
So far out
You do the Mud Shark, baby
La
strana (ma non tanto, in realtà…) coppia Fudge-Zeppelin si ritrovò assieme
anche al di fuori della sfera musicale - orgiastica. Nei primi anni ‘70 ebbe
una certa risonanza un esperimento botanico condotto da Dorothy Retallack, del Colorado
Woman's College di Denver, per testare le reazioni dei vegetali esposti a
musica di vario genere.
There is a well-known study from the early 1970s, conducted by Dorothy
Retallack at the Colorado Woman's College in Denver using the college's three
Biotronic Control Chambers. Among other experiments, she also tried different types
of music and studied their effects on plants. She tried acid rock music by Led Zeppelin, Vanilla Fudge, and Hendrix. It was
played to one group of plants and semi-pop music (of the 1970's) to another. The "acid rock music" plants were
sickly and small compared to the control group of "semi popular"
music (now termed soft rock).
Mrs. Retallack’s next experiment was to create a tape of rock music by
Jimi Hendrix, Vanilla Fudge, and Led Zeppelin. Again, the plants turned away from the music. Thinking maybe it was the
percussion in the rock music that was causing the plants to lean away from the
speakers, she performed an experiment playing a song that was performed on
steel drums. The plants in this experiment leaned just slightly away from the
speaker; however not as extremely as did the plants in the rock chambers. When
she performed the experiment again, this time with the same song played by
strings, the plants bent towards the speaker.
L’Hard
Rock, sopratutto se acido, fa appassire i fiori? O di nuovo la mafia
italoamericana ci ha messo lo zampino? Se credete ai risultati di Retallack
occhio a non alzare troppo lo stereo durante Immigrant Song o Shotgun.
E soprattutto allontanate le piantine che la vostra fidanzata annaffia con
tanta cura.
Resta
il fatto che oltre alle accuse di furto del sound dei Vagrants, collusione con
la mafia, tentato stupro con animali vivi, ai Vanilla tocca pure la fama di
musicisti ammazza vegetali; non male… Nello specifico, riguardo al rapporto iniziale coi Vagrants,
Tim Bogert rilasciò nel 1998 un’ intervista che lascia poco spazio ai dubbi…
"The Vagrants and The Rascals obviously were very big influences on
us. l first saw the Young Rascals at a place called The Phone Booth in the city
in 1966 and they knocked my head off They still had the costumes on. Mark and l
went, and Mark had seen ‘em before. And they just blew me away knocked our
heads right off. We were just a couple
of kids in the audience thinking, ‘Oh, my gosh.' We used to watch the
Vagrants all the time at The Action House in Oceanside on Lang lsland and they
were just wonderful". “The Fudge’s style started with Mark and l coming
home one night and sitting in front of my house in the car — just sittin'and chattin’at
three-thirty in the morning - and the Supremes’ tune ‘You Keep Me Hangin' On,’
which had knocked us out, came on the radio. And we thought wouldn’t this be
wonderful if we slowed it down in that style thats goin’around the area at the
time. The Vagrants did that - they slowed
things down and mode them dramatic. The
Rascals were very dramatic. And Mark admired Felix’s keyboards very much.
He was one of the first people who had ‘wall of sound' on the keyboard. So, all those different influences were combining.
We were perfecting that style ourselves. And it came out real good. We could
really lay on ‘dark'”.
Brano
tratto dalle note di copertina a Renaissance (Soundazed - SC 6143)
Innovatori
misconosciuti o scaltri mestieranti di notevole successo, i Vanilla Fudge
restano un vero mistero della loro
epoca. Un’avventura che offre più domande che risposte; domande che a volte
travalicano le vicende ristrette della band.
Quando
una cover smette di essere solo una copia di un modello originale ed acquista
una propria autonomia ed identità artistica indipendente? Può un’opera “derivata” valere di più dell’originale? Cosa serve
per pubblicare un album di cover dei Beatles? Sfrontatezza, incoscienza o reverenza?
…o magari molta furbizia?
Forse
nelle risposte a queste domande sta la vera natura dei Vanilla. Un gruppo che
certo ha avuto idee ed intuizioni importanti, innovative, ma che non ha mai
trovato al proprio interno l’autonomia necessaria per impiegarle al meglio.
Novità non melodiche o armoniche ma tutte esteriori, potremmo dire timbriche,
dalla batteria come elemento guida e leader di un complesso, all’amalgama
perfetta di Hammond e Gibson, alla carica vocale melodrammatica, esagerata ed a
volte parossistica.
La
loro sfortuna è che molte di queste trovate appaiono oggi tremendamente datate, soprattutto se mai abbinate a canzoni
originali, assolutamente non in grado di resistere all’erosione del tempo. Ed è stato il tempo più che la musica a
relegarli nel limbo dei misconosciuti.
Riguardo
alla questione delle cover: si, un’opera derivata può senza dubbio essere più
rilevante di un originale. Il bello dell’Arte sta nel sapersi migliorare e
magari anche riciclare. Forse non solo per la fisica vale la regola “nulla si
crea nulla si distrugge”; e laddove le idee o le melodie veramente nuove
scarseggiano, non è un disonore né un peccato appropriarsi di qualcosa altrui
per rimodellarlo secondo un proprio personale punto di vista; certo, a patto di
dichiararlo. Ci sono canzoni talmente potenti da potere inseminare decine di
cover, ognuna differente. I Vanilla Fudge più di altri possedevano questa
capacità di tramutare materiale esistente in qualcosa di diverso, rimodellandolo
a loro piacimento, a volte estremizzandolo, a volte rendendolo realmente
irriconoscibile. Quindi…furbizia o talento?
Alcune
domande sono migliori delle risposte. E lasciandole aperte ci creiamo almeno
l’illusione che ci sia qualcosa su cui ancora vale la pena scrivere.
Discografia sintetica
Album (1967-1969)
Vanilla Fudge - ATCO Records - 1967
The Beat Goes On - ATCO Records - 1968
Renaissance - ATCO Records - 1968
Near The Beginning - ATCO Records - 1969
Rock & Roll - ATCO Records - 1969
Singoli
You Keep Me Hangin'On / Come By Day, Come By
Night (ATCO 6590) 1967
Eleanor Rigby / Ticket To Ride (ATCO 4516) 1967
Where Is My Mind / Look Of Love (ATCO 6554)
1968
Take Me For A Little While / Thoughts (ATCO 6616)
1968
Season Of The Witch Pt 1 / Pt 2 (ATCO 6632)
1968
Shotgun / Good Good Lovin' [Livin'] (ATCO 6655)
1969
Some Velvet Morning / People (ATCO 6679) 1969
Need Love / I Can't Make It Alone (ATCO 6703)
1969
Lord In the Country / Windmills Of Your Mind (ATCO
6728) 1970
Playlist
Ticket to Ride
You Keep Me Hangin' On
Für Elise & Moonlight Sonata
The Sky Cried-When I Was A Boy
Season Of
The Witch
Shotgun
Some Velvet
Morning
Bibliografia e
Riferimenti
Martin Strong, The Great Rock
Discography, Giunti, 1998
Vernon Joynson, Fuzz, Acid and
Flowers, Borderline Productions, 1997
Davis Stephen, Il martello degli
dei. La saga dei Led Zeppelin, Arcana Musica, 2004
Dave Lewis, Led Zeppelin: The
Concert File, Omnibus Press, 1997
Alcuni articoli
apparsi su blog italiani:
http://www.maggiesfarm.eu/zvanilla.htm
Per le vicende "Vanilla Connection" e dei rapporti della band con i padrini dell'East Coast segnalo una testimonianza interessante riportata sul sito http://www.saluzzishrc.com alla pagina:
http://www.saluzzishrc.com/2012/03/jimi-hendrix-soft-machine-il-tour-estivo/
Per le vicende "Vanilla Connection" e dei rapporti della band con i padrini dell'East Coast segnalo una testimonianza interessante riportata sul sito http://www.saluzzishrc.com alla pagina:
http://www.saluzzishrc.com/2012/03/jimi-hendrix-soft-machine-il-tour-estivo/
Minimo assaggio: "...e poi arrivano i Vanilla Fudge accompagnati, non sto scherzando, da due tizi usciti direttamente fuori dal film il Padrino."
Per i curiosissimi degli
esperimenti di rock-botanico, Dorothy Retallack ha pure scritto un libro:
5 commenti:
Post monumentale come sempre.
Sul fatto che fossero solo voci quelle che i Vanilla Fudge erano un gruppo su cui aveva puntato la mafia dell'epoca Robert Wyatt, che è stato in tour con loro nel 1968, non sarebbe molto d'accordo.
Vedi qui: http://www.disco-robertwyatt.com/images/Robert/interviews/Univibes1992/index.htm
le parti salienti le ho tradotte in questo post: http://www.saluzzishrc.com/2012/03/jimi-hendrix-soft-machine-il-tour-estivo/
Grazie per le segnalazioni!
...allora occorre indagare ancora!
Come ogni tuo post, ma questo in particolare, si comincia a leggere ma non si sa quando si finisce.
Intrigante e densissimo, tornerò a tappe per completarlo.. Ciao!
@ mr.Hyde...hai ragione, è un po' lungo ma anche postarlo "a puntate" non mi piaceva tanto. Ho fatto il PDF per quello...intanto è lì, non scappa!
In ogni caso il fatto che sia lungo o corto è assolutamente trascurabile di fronte alla sua ricchezza. Il mio rammarico era di non avere il tempo di leggerlo, dopo averlo iniziato.
L'idea del PDF è ottima, pero' mi piace proprio passare dal blog...
ciao Evil!
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