venerdì 30 dicembre 2011

PAGANESIMI ELETTRICI - Il Naufragio di Atlantide - Pt. 2


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Quattro figure si sbracciavano cercando di farsi vedere: il Principe, incuriosito, fece cenno all’equipaggio di avvicinarsi. Quattro ragazzi pallidi, con barbe incolte e capelli lunghi, tre valigie piene di adesivi. Chiedevano un passaggio verso l’entroterra, una cosa abbastanza comune di quei tempi. L’imbarcazione del Principe Viaggiatore non era molto ampia ma uno spazio per quegli autostoppisti di laguna fu trovato. Caricati rapidamente i pochi bagagli, furono portate a bordo anche due chitarre Gibson e un piccolo Mini Moog “Sonic 6” a 44 tasti, unico superstite di un mastodontico complesso tastieristico disperso, assieme a batteria, xilofoni e campane tubolari, nei meandri aeroportuali della Serenissima in un normale pomeriggio di nevrosi.
Incuriosito, il Principe volle saperne di più sui nuovi passeggeri: erano musicisti della lontanissima Hannover nel Ducato di Brunswik. Da oltre un mese in tour nell’Europa dell’est, erano arrivati la sera precedente da Belgrado dove avevano tenuto un concerto di fronte ad un migliaio di serbi ubriachi e violenti inneggianti al Partizan e per nulla interessati alla loro musica. Ripartiti velocemente avevano attraversato l’Adriatico perdendo gran parte del loro bagaglio, strumenti compresi. La spettacolo di quella sera di fronte a San Marco era saltato ed ora cercavano almeno di raggiungere Verona per provare a ultimare le rimanenti tre date del tour o fare definitivamente ritorno in patria.
La pioggia scendeva con più intensità, anche se il sole distante di settembre trovava ancora qualche fessura nell’umidità.
Il Principe Viaggiatore acconsentì ad offrir loro un passaggio fino alle campagne di Vicenza. Di li avrebbero forse trovato qualche altro mezzo per giungere a Verona. Frank Bornemann, chitarrista e fondatore del gruppo, abbozzò un sorriso sotto quel suo strambo cappello floscio; anche gli altri tre apparvero finalmente più tranquilli: tutta la tournèe stava andando a rotoli, ma finalmente la sfortuna sembrava essersi dimenticata di loro per una sera.


Si erano scelti un nome, Eloy, arcano ma pieno di significato: appariva nel racconto “La macchina del Tempo” di H.G. Wells, scrittore inglese piuttosto sconosciuto. Gli Eloy erano una razza umana a cui era stata data la possibilità, grazie al viaggio temporale, di ricominciare daccapo in un futuro lontanissimo, per non ripetere gli errori commessi dalle passate generazioni. Un nuovo inizio. A sentire Borenmann, questo “nuovo inizio” doveva essere un riferimento alla nascita di una nuova scena rock tedesca: uomini, musicisti nuovi. Arte nazionale e originale; una  tipica idea titaneggiante in puro stile teutonico. In realtà per qualche anno funzionò: il gruppo aveva già inciso cinque album ed era in giro per l’Europa a promuovere l’ultimo lavoro, quello che li avrebbe dovuti consacrare definitivamente. Purtroppo, la ”nuova musica” degli Eloy aveva poco a che fare con la folle sperimentazione Kraut che diede, se non fama, almeno un’aura mistica a colleghi come Ash Ra Tempel, Can o Faust. Borenmann aveva cambiato formazione forsennatamente per anni e alla fine, pur suonato con perizia e ottimamente prodotto, il suo rock sembrava una traslitterazione continentale del peggior Prog anglosassone. Altra era la musica che interessava il Principe Viaggiatore, specie in momenti di tale decadenza culturale. Eppure anche lui si ricordava di un album, Dawn, che quel gruppo di ragazzi pallidi e trasandati, che occupavano ora metà della sua barca, aveva inciso l’anno prima. In verità era più la copertina che la musica a ritornargli alla mente: una copertina che molti avrebbero giudicato insipida, alcuni addirittura brutta: una fotografia del mare all’alba che sembrava buona per qualche illustrazione di fotoromanzo. Eppure quel gradiente caldo che pervadeva tutta la figura, la luce riflessa sull’acqua, lo scintillio del logo erano lontani anni luci dall’espressionismo rigoroso del Kraut-Rock dell’epoca. Sembrava quasi un presagio di New-Age. L’album si risolveva come un’interminabile ode al Sole e alla Luce quali principi vitali del cosmo ed era zeppo di riferimenti agli Yes.
Ma quando Detlev Schmidtchen estrasse dallo zaino una copia dell’ultimo LP da offrire in regalo al Principe, le cose sembrarono acquistare un senso.


Ocean traslava tutte le tonalità gialle di Dawn verso ogni possibile variazione dell’ azzurro. Il mare, che nel lavoro precedente era solo un espediente di copertina, era qui il fulcro della composizione. Dopo la Luce, l’Acqua: gli Eloy parevano decisi ad indagare ogni elemento generatore per cercare al suo interno quella scintilla vitale da cui Tutto scaturì. Dopo Apollo, Poseidone.
E mentre i quattro ragazzi, un po’ timidamente ma con passione, cercavano di raccontare la loro musica a parole, di acqua attorno a loro ce n’era in abbondanza. Le spigolose vele quadrangolari della bragagna erano state issate dai tre uomini dell’equipaggio mentre il timoniere fumava lento una pipa, ancora ricurvo sulla liscia barra di quercia. Lasciato il canale della Giudecca, la barca era nel bel mezzo della Laguna che risplendeva di un metallico verde scuro a striature bluastre che inghiottiva perfino il grigio del cielo, il quale andava aprendosi di sprazzi rossastri serali. Sulla destra lo scoglio di San Giorgio in Alga era battuto dal vento; su quel lembo di terra si ergeva il monastero dei Canonici Regolari ormai del tutto nascosto dai pioppi. Entro quelle mura si diceva fosse custodita una delle più preziose ed inaccessibili biblioteche della cristianità, in cui erano celati testi tanto rari e potenti da far correre voce che persino Köprülü Fazıl Ahmed, gran Visir ottomano, stesse progettando un’incursione navale in Laguna per distruggere quel patrimonio. Il monastero fu una tale fucina di cultura da portare, duecento anni prima, Gabriele Condulmer al soglio pontificio col nome di Eugenio IV: mai persona così illustre venne da un fazzoletto di terra più piccolo di quello.


IMMAGINI

W. Turner - Venice, a storm (1940)
Eloy - Dawn
Eloy - Foto per la copertina di Ocean (1977)

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1 commento:

Blackswan ha detto...

Tanti auguri di Buon 2012, caro Deadman.Come al solito,un post strepitoso :)

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